lunedì 15 settembre 2014

Calcolo indennità di maternità che spetta alla madre dipendente



Il calcolo dell'indennità di maternità spettante alla lavoratrice dipende dal tipo di astensione, obbligatoria o facoltativa e dalla retribuzione di fatto percepita nel mese precedente la data di astensione dal lavoro.

La normativa di riferimento è il Decreto Legislativo n. 151 del 26 marzo 2001, Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità.

Durante il periodo di astensione dal lavoro per maternità e nei sette mesi di età del figlio, alla lavoratrice non possono essere assegnate determinate tipologie di lavori, considerati come pericolosi, faticosi ed insalubri.

Le lavoratrici con un bebè in arrivo attesa hanno il diritto a permessi retribuiti per effettuare esami prenatali, accertamenti clinici e visite mediche specialistiche.

Il Decreto legislativo stabilisce il divieto, per i datori di lavoro, di adibire al lavoro le donne nel periodo intercorrente tra i 2 mesi precedenti la data presunta del parto e i tre mesi successivi alla data effettiva del parto.

Se la data effettiva è superiore alla data presunta, come può accadere nella maggior parte dei casi, è incluso naturalmente anche l'intervallo di tempo tra la data presunta e quella effettiva (se invece la data effettiva è anteriore a quella presunta, i 5 mesi non saranno più 5 mesi, ma un periodo inferiore!)

Prima dell'inizio del periodo di astensione per maternità la lavoratrice deve consegnare al datore di lavoro e all'INPS la domanda di congedo per maternità redatta su appositi moduli, unitamente al certificato medico indicante la data presunta del parto.

Il congedo per la maternità può essere anticipato rispetto al minimo obbligatorio previsto (5 mesi) in determinati casi che dovranno essere accertare dalla Direzione provinciale del lavoro, come ad esempio la presenza di condizioni di lavoro potenzialmente pregiudizievoli, l' impossibilità di spostare la lavoratrice ad altre mansioni o altri rischi per la salute e la sicurezza della lavoratrice e del nascituro.

Divieto di licenziamento, sospensione dal lavoro, dimissioni in caso di maternità

Durante il periodo di maternità la lavoratrice non può essere licenziata. La lavoratrice madre non può essere licenziata o sospesa dall'inizio della gestazione fino al termine del periodo di astensione obbligatoria e in ogni caso fino al compimento del primo anno di età del bambino.

Per lo stesso periodo non può essere sospesa dal lavoro a meno che non si tratti di sospensione dell'intera azienda o reparto.

In caso di congedo di paternità, il divieto di licenziamento si applica anche al padre lavoratore per la durata del congedo stesso e si estende fino al compimento di un anno di età del bambino/a.

La normativa si applica anche in caso di adozione e di affidamento.

Nel caso in cui la lavoratrice madre presenti le dimissioni dal posto di lavoro durante lo stesso periodo è necessario comunicare le dimissioni alla Direzione provinciale del Lavoro, che dovrà controllarne la regolarità e provvedere alla loro convalida.

In ogni caso permane il diritto al TFR oltre, ovviamente, l'indennità sostitutiva di preavviso.

Il divieto non si applica:

1) nel caso di licenziamento per giusta causa dovuto a colpa grave della lavoratrice;
2) nel caso di cessazione dell'attività dell'azienda;
3) nel caso di ultimazione della prestazione per cui la lavoratrice era stata assunta;
4) in caso di esito negativo della prova.

Il licenziamento intimato alla lavoratrice in stato di gravidanza al di fuori dei precedenti casi è nullo.

La lavoratrice madre ha diritto di conservare il proprio posto di lavoro e, salvo che vi rinunci, di rientrare nella stessa unità produttiva ove era occupata all'inizio del periodo di gravidanza o in altra situata nello stesso comune, e di permanervi fino al compimento di un anno di età del bambino.

Ha anche il diritto di essere assegnata alle mansioni svolte prima di entrare in maternità o a mansioni analoghe.

Il congedo di maternità può essere anticipato, su richiesta della lavoratrice e a seguito dell'approvazione della Direzione provinciale del lavoro, sulla base di accertamento medico, quando sussistono le seguenti circostanze:

a) vi sono gravi complicanze della gestazione o preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza;

b) le condizioni ambientali o di lavoro sono ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino/a;

c) la lavoratrice addetta a lavorazioni pesanti pericolose o insalubri non può essere spostata ad altre mansioni.

L'indennità giornaliera, a carico dell'INPS, è pari all'80% della retribuzione media percepita nel periodo di paga mensile immediatamente precedente l'inizio dell'astensione.

Il datore di lavoro è tenuto ad integrare fino al 100% se il contratto collettivo applicato dall'azienda lo prevede.

L'indennità di maternità a carico dell'INPS è anticipata in busta paga dal datore di lavoro e deve essere calcolata con riferimento alla retribuzione media globale giornaliera del periodo di paga mensile scaduto ed immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio il congedo di maternità.

E’ possibile il pagamento diretto da parte dell'INPS in alcuni particolari casi come: le lavoratrici agricole, le collaboratrici domestiche, le lavoratrici a tempo determinato per lavori stagionali, le lavoratrici sospese senza trattamento di Cassa Integrazione e le lavoratici in CIGS (Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria) a zero ore con pagamento diretto da parte dell'INPS.

Il congedo di maternità è computabile ai fini della maturazione del TFR (Trattamento di Fine Rapporto), delle mensilità aggiuntive (tredicesima, quattordicesima) e delle ferie.

Anche al padre spetta il congedo obbligatorio in tre determinati casi: qualora la madre sia defunta o gravemente inferma, qualora la madre abbandonasse il bambino o, infine, qualora il bambino fosse affidato esclusivamente al padre.

Per ogni bambino, nei primi suoi otto anni di vita, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro per un periodo non superiore a dieci mesi.

Con questo articolo si rinnova il vecchio istituto dell'astensione facoltativa ed emerge una nuova nozione di lavoro di cura.


Per ogni bambino, nei primi suoi otto anni di vita, ciascun genitore ha il diritto di astenersi dal lavoro facoltativamente per un massimo di sei mesi (anche contemporaneamente).

Il congedo parentale dà diritto ad una indennità a carico INPS del 30% della retribuzione media globale giornaliera.

Nella maggior parte dei casi non è prevista una integrazione a carico del datore di lavoro, ma occorre verificare il CCNL applicabile.

Il datore di lavoro è comunque tenuto a conservare il posto di lavoro e a riconoscere la maturazione della sola anzianità di servizio utile ai fini del TFR, ma non è tenuto a garantire la maturazione dei ratei relativi agli altri elementi retributivi differiti, come ferie, permessi e mensilità aggiuntive.


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