lunedì 15 settembre 2014

Maternità: requisiti, retribuzione, calcolo e pagamento



L’astensione obbligatoria di 5 mesi per il congedo di maternità dà diritto al pagamento da parte dell’Inps dell’indennità durante l’interdizione dal lavoro. Vediamo tutte le informazioni sul calcolo dell’indennità di maternità, la retribuzione di riferimento, le giornate indennizzate, come si fa domanda e le modalità di pagamento.

Una delle assenze da lavoro tutelate dalla legge è l’assenza per maternità. La donna lavoratrice che rimane incinta ha diritto a speciali tutele nel periodo di gravidanza e nei mesi successivi alla nascita del bambino. La legge prevede l’astensione obbligatoria dal lavoro a partire da 2 mesi prima della data presunta del parto. Questa assenza dal lavoro tutelata, e retribuita tramite l’indennità di maternità, si protrae per 5 mesi, quindi fino al terzo mese di età del neonato.

Sempre nell’ottica della salvaguardia della salute della donna in gravidanza e del suo bambino sono previste alcune eccezioni, come la flessibilità del congedo di maternità, che consente alla madre di posticipare ad un mese prima del parto l’inizio dell’interdizione obbligatoria per il congedo di maternità, così come l’astensione anticipata nel caso di complicanze durante la gravidanza, provvedimento disposto per il tramite della Direzione provinciale del lavoro (DPL). Per maggiori informazioni sui periodi di astensione obbligatoria di 5 mesi, da tre mesi prima del parto ad un mese prima, sulla possibilità di proroga dell’astensione e tutti le casistiche, vediamo l’approfondimento sul congedo di maternità.

Per il periodo di astensione obbligatoria di 5 mesi, sia prima del parto che dopo il parto, la donna ha diritto alla percezione di una prestazione previdenziale da parte dell’Inps: l’indennità di maternità. Si tratta di una indennità sostitutiva della retribuzione erogata dal datore di lavoro nei mesi di normale svolgimento dell’attività.

Cioè, la donna pur non lavorando, quindi non svolgendo il proprio orario di lavoro contrattuale, ha diritto all’astensione obbligatoria per 5 mesi e al pagamento della retribuzione, l’indennità di maternità nella misura dell’80%. I contratti collettivi possono disporre l’integrazione al 100% dell’indennità da parte del datore di lavoro. In alcuni casi, purtroppo con eventi negativi che accompagnano il lieto evento della nascita del figlio, l’indennità può essere erogata al padre in sostituzione della madre, in questo casi parla di indennità di paternità.

Vediamo in questo approfondimento tutti gli aspetti relativi al sistema di calcolo dell’indennità stessa, soprattutto riguardo alla retribuzione presa a riferimento per il calcolo, quali sono le giornate indennizzate e come si fa domanda per ottenere l’indennità e le modalità di pagamento.

Lavoratrici a cui spetta l’indennità dell’Inps
L’indennità di maternità (o di paternità nei casi previsti) spetta ai cittadini italiani ma anche ai cittadini non in possesso della cittadinanza italiana. Il diritto alla percezione della prestazione previdenziale scatta al verificarsi dell’evento della maternità, a favore delle seguenti categorie di lavoratrici (o lavoratori) dipendenti (purché abbiamo effettivamente iniziato l’attività lavorativa):

lavoratrici dipendenti da datori di lavoro privati, compresi i dirigenti; lavoratori con contratto di somministrazione di lavoro,  lavoratori dipendenti dell’appaltatore e lavoratori distaccati;

lavoratori con contratto di lavoro intermittente;

lavoratori con contratti di lavoro ripartito;

lavoratori a tempo parziale;

lavoratore apprendista, lavoratori con contratto di inserimento;

lavoratrici dipendenti dalle imprese dello Stato, degli Enti Pubblici e degli Enti locali privatizzate per i periodi dal 1° gennaio 2009;

lavoratrici disoccupate o sospese da meno di 60 giorni;

lavoratrici disoccupate da oltre 60 giorni con diritto all’indennità di disoccupazione con requisiti normali o alla indennità di mobilità;

lavoratrici disoccupate da oltre 60 giorni con diritto all’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti;

lavoratrici disoccupate da oltre 60 giorni e meno di 180, non assicurate contro la disoccupazione, in possesso del requisito di 26 contributi settimanali nel biennio precedente l’inizio della maternità;

lavoratrici sospese da oltre 60 giorni con diritto alla cassa integrazione guadagni;

lavoratrici agricole a tempo determinato (OTD) con almeno 51 giornate di lavoro prestato nell’anno precedente ovvero nell’anno in corso prima dell’inizio della maternità;

lavoratrici agricole (dirigenti e impiegate) a tempo indeterminato (OTI);
collaboratrici domestiche e familiari (Colf e badanti) in possesso del requisito di 52 settimane di lavoro nei due anni precedenti ovvero 26 settimane nell’anno precedente l’inizio del congedo di maternità (una settimana utile viene considerata se lavorata almeno 24 ore);

lavoratrici dipendenti di cooperative (operaie e impiegate socie o non socie);

dipendenti (operaie e impiegate) da aziende esercenti pubblici servizi di trasporto;

lavoratrici a domicilio;

lavoratrici in distacco sindacale;

lavoratrici dello spettacolo;

lavoratrici impegnate in attività socialmente utili (A.S.U.) o di pubblica utilità (A.P.U.);

padri lavoratori (solo nei casi di morte, grave infermità o malattia della madre, abbandono del bambino da parte della stessa, affidamento esclusivo al padre) in possesso dei requisiti indicati per le lavoratrici madri. Al lavoratore padre sono riconosciuti anche i periodi di astensione obbligatoria post partum di maggiore durata conseguenti al parto prematuro, nonché i periodi di astensione obbligatoria post parto di maggiore durata conseguenti alla richiesta di flessibilità da parte della madre;

genitori adottanti o affidatari (padri e madri lavoratori dipendenti) in possesso dei requisiti indicati per le lavoratrici madri (il padre adottivo o affidatario può esercitare il diritto al beneficio in alternativa, cioè per periodi alterni a quello della madre che vi abbia rinunciato;

ai genitori (padri e madri lavoratori dipendenti) in possesso dei requisiti indicati per le lavoratrici madri, in caso di collocamento temporaneo del minore in famiglia (è da escludersi, invece, la concessione del beneficio, qualora il collocamento avvenga presso una comunità del tipo familiare).

La retribuzione da prendere a base per il calcolo dell’indennità, dipende dalla situazione in cui si trova la lavoratrice (o il lavoratore in caso di indennità di paternità) avente diritto. L’Inps prende a riferimento diverse retribuzioni, da quelle del mese precedente alla retribuzione media globale giornaliera, fino alla retribuzione media convenzionale giornaliera. Per la retribuzione media giornaliera si considerano gli stessi elementi utili per determinare l’ammontare dell’indennità di malattia.

La retribuzione media globale giornaliera si ottiene dividendo per 30 l’importo totale della retribuzione del mese preso a riferimento. Nel caso in cui la lavoratrice non abbia svolto l’intero periodo lavorativo mensile a causa della sospensione del rapporto di lavoro con diritto alla conservazione del posto (si pensi alla malattia ad esempio), per ottenere la retribuzione globale giornaliera va diviso l’ammontare complessivo degli emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in considerazione per il numero di giorni lavorati, o comunque retribuiti, risultanti dal periodo stesso.

Lavoro straordinario e retribuzione giornaliera. Per le lavoratrici operaie dei settori non agricoli, la retribuzione media globale giornaliera nei casi in cui viene svolto lavoro straordinario, o per contratto di lavoro il lavoro svolto supera le 8 ore giornaliere, viene calcolata dividendo l’ammontare complessivo degli emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in considerazione per il numero di giorni lavorati o comunque retribuiti.

Orario medio inferiore a quello contrattuale. E’ il caso inverso, nel caso in cui per esigenze organizzative aziendali o per ragioni di carattere personale della lavoratrice, l’orario medio effettivamente lavorato risulti inferiore a quello previsto dal contratto di lavoro di categoria, l’importo della retribuzione media globale giornaliera, preso a riferimento per il calcolo dell’indennità di maternità, va calcolato dividendo l’ammontare complessivo delle retribuzioni percepite nel periodo paga preso in considerazione (vedremo in seguito) per il numero di ore di lavoro effettuato e moltiplicando il quoziente ottenuto per il numero delle ore giornaliere previste dal contratto stesso.

Lavoro su 6 giorni settimanali. Nei casi in cui il contratto di lavoro prevede che la lavoratrice (o il lavoratore nel caso di indennità di paternità) svolga un orario di lavoro basato su un orario settimanale di  6 giorni, di cui 5 giorni a tempo pieno e il sesto giorno, normalmente il sabato, ad orario ridotto (es. i portieri), l’orario giornaliero da considerare per il calcolo dell’indennità di maternità è quello che si ottiene dividendo per 6 il numero complessivo delle ore settimanali contrattualmente stabilite.

Una volta stabilito le modalità di calcolo della retribuzione giornaliera presa a riferimento per determinare il trattamento economico spettante in caso di maternità, è necessario procedere al calcolo dell’indennità.

Indennità di maternità a carico Inps pari all’80%. Nel periodo di astensione obbligatoria, che è pari a 5 mesi, e la cui distribuzione è normalmente di 2 mesi prima del parto e 3 mesi dopo, salvo i casi di flessibilità in cui la distribuzione è 1 mese prima del parto e 4 mesi dopo del parto, oppure salvo il caso di astensione anticipata di 3 mesi prima del parto e 2 dopo il parto, alla lavoratrice spetta un’indennità a carico dell’Inps pari all’80% della retribuzione giornaliera del periodo di paga mensile precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio il congedo di maternità. Oppure, come vedremo, della retribuzione giornaliera prevista, nei casi diversi dalla lavoratrice dipendente del settore privato.

L’indennità di maternità comprende anche il rateo giornaliero di gratifica natalizia o tredicesima mensilità e gli altri premi o mensilità (quattordicesima mensilità) o trattamenti accessori eventualmente erogati.

Integrazione e somme a carico dell’azienda. I contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) possono prevedere l’integrazione a carico del datore di lavoro fino a raggiungere il 100% dell’ordinaria retribuzione percepita in busta paga nei normali periodi di lavoro. A carico del datore di lavoro resta anche il pagamento di tutte le festività cadenti nel periodo di astensione dal lavoro, per le operaie, e di quelle cadenti di domenica, per le impiegate.

Una volta stabilito la percentuale erogata dall’Inps a suo carico e le somme dovute dal datore di lavoro, per calcolare l’indennità di maternità è importante capire per ogni tipologia di lavoratrice su quale retribuzione va calcolato l’80%.  Vediamo ora l’elenco, per tipologia di lavoratrice, delle retribuzioni di riferimento.

Lavoratrici dipendenti non agricole. Si prende a riferimento la retribuzione del mese precedente la data di inizio della maternità per le lavoratrici occupate dipendenti non agricole, agricole a tempo indeterminato, dello spettacolo e socie di cooperative.

Lavoratrici disoccupate o sospese. Si prende a riferimento la retribuzione del mese precedente la data di abbandono del lavoro per le lavoratrici disoccupate o sospese del settore non agricolo, agricolo a tempo indeterminato, socie dipendenti di cooperative e dello spettacolo.

Lavoratrici in cassa integrazione CIGS. Per la lavoratrice sospesa ed in godimento della integrazione salariale straordinaria, la retribuzione è costituito dalla retribuzione media globale giornaliera che una lavoratrice della stessa categoria, che abbia continuato a svolgere regolarmente la prestazione lavorativa, ha percepito nel periodo di paga scaduto ed immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio l’astensione obbligatoria dal lavoro per maternità.

Lavoratrici in sciopero. Nel caso di lavoratrice in sciopero la retribuzione media globale giornaliera si determina, ai fini del calcolo della misura dell’indennità giornaliera di maternità, dividendo la retribuzione complessiva  effettivamente percepita dalla lavoratrice nel periodo di paga preso a riferimento per il numero di giorni lavorati o comunque retribuiti.

Lavoratrici con trasformazione da tempo pieno a tempo parziale. Nel caso in cui la lavoratrice e il datore di lavoro abbiano concordato la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno per un periodo in parte coincidente con quello del congedo di maternità, la retribuzione da prendere a base per il calcolo della indennità non sarà quella del periodo di paga precedente l’inizio del congedo ma quella dovuta per l’attività lavorativa a tempo pieno che la lavoratrice avrebbe svolto se non avesse dovuto astenersi obbligatoriamente dal lavoro.

Lavoratrici con conversione da part time a full time. La retribuzione da prendere a base per la determinazione dell’indennità di maternità in caso di conversione a tempo pieno del contratto di lavoro part-time è quella prevista per l’attività lavorativa a tempo pieno che la lavoratrice avrebbe svolto se non avesse dovuto astenersi per maternità anziché la retribuzione del periodo di paga precedente l’inizio del congedo.

Lavoratrici agricole a tempo determinato. In questo caso, a decorrere dagli eventi indennizzabili relativi a periodi di paga inclusi nell’anno 2006, la retribuzione da prendere a base per il calcolo delle prestazioni a sostegno del reddito  è quella contrattuale. La retribuzione da prendere in considerazione alla base del calcolo sarà quindi la più alta tra quella stabilita dai contratti collettivi nazionali e quella stabilita degli accordi collettivi o contratti individuali.

Lavoratrici dello spettacolo. Per questo settore la retribuzione da prendere a base per il calcolo della indennità è la retribuzione media giornaliera del mese immediatamente precedente (entro il massimale di euro 67,14) l’inizio del congedo di maternità. Nel caso in cui nel mese precedente l’inizio del congedo non sia stato svolto l’intero periodo lavorativo mensile si dividerà l’ammontare complessivo degli emolumenti percepiti nel periodo retributivo di riferimento per il numero dei giorni lavorati o retribuiti risultanti dal periodo stesso.

Se nel mese precedente non è stata svolta alcuna prestazione lavorativa, la retribuzione da prendere a base per il calcolo dovrà essere quella del mese ancora precedente e qualora anche quest’ultima manchi, quella in cui inizia il congedo di maternità o in cui è rinvenibile una prestazione di lavoro dante titolo alla indennità.

Lavoratrice saltuaria. La retribuzione da prendere a base per il calcolo sarà computata dividendo quanto percepito dal lavoratore nel periodo da considerare non per il numero delle giornate lavorate o retribuite bensì per il numero di giornate feriali (ovvero di calendario, se impiegati) cadenti nel periodo stesso.

Colf e badanti. In questo caso per il calcolo dell’indennità va presa a riferimento la retribuzione media convenzionale giornaliera delle ultime 52 o 26 settimane di lavoro stabilita anno per anno con decreto.

Infine, per le lavoratrici dipendenti da società o enti cooperativi anche di fatto, si prende a riferimento la retribuzione convenzionale giornaliera. Per i piccoli coloni e compartecipanti familiari, la retribuzione da considerare è il salario medio convenzionale giornaliero.

Quando spetta l’indennità di maternità: il periodo di congedo
Il congedo di maternità spetta alla lavoratrice incinta per 5 mesi. Come abbiamo già accennato, il periodo indennizzato va da 2 mesi prima della data presunta del parto (o 1 mese in caso di flessibilità, o 2 mesi in caso di astensione anticipata) a 3 mesi dopo la data presunta del parto (o 4 mesi in caso di flessibilità, o 3 mesi in caso di astensione anticipata). La relativa indennità di maternità erogata dall’Inps si divide in indennità ante partum e indennità post partum.

L’indennità ante partum. La lavoratrice ha diritto all’indennità di maternità, sostitutiva della retribuzione, per i due mesi precedenti la data presunta del parto, mesi che si calcolano senza includere la data presunta del parto nel calcolo. L’indennità di maternità prima del parto spetta anche per l’eventuale periodo intercorrente tra la data presunta del parto e la data effettiva del parto.

Spetta inoltre per i periodi di astensione obbligatoria ante partum anticipati, cioè quei periodi di interdizione dal lavoro disposti dalla Direzione provinciale del lavoro (DPL), salvo la cessazione del rapporto di lavoro. Per maggiori informazioni vediamo l’astensione anticipata.

L’indennità post partum. La lavoratrice, sia essa occupata che disoccupata, sospesa, agricola, non agricola, a domicilio, colf o badante, ha diritto all’indennità anche per il periodo successivo al parto: l’indennità post partum, anche in questo caso sostitutiva della retribuzione. L’indennità spetta per i tre mesi successivi al parto, che decorrono dal giorno successivo al parto.

Spetta anche per i periodi proroga dell’astensione obbligatoria, quando il congedo viene prolungato fino a sette mesi dopo il parto dalla Direzione provinciale del lavoro (DPL), salvo che non ci sia cessazione del rapporto di lavoro. In quest’ultimo caso i periodi di interdizione riconosciuti dalla DPL non sono assistiti dall’indennità.

La lavoratrice ha diritto all’indennità di maternità post partum anche quando capitano eventi tragici come la nascita di un bambino già morto o il decesso del bambino successivo al parto. Analogamente l’indennità spetta anche quando ci sia stata una interruzione di gravidanza dopo il 180° giorno di gestazione.

Si ha diritto all’indennità post partum anche nei casi di adozione, affidamento o di collocazione del minore in famiglia. Per maggiori informazioni vedremo il congedo di maternità per adozioni e affidamenti.

L’indennità di maternità nel parto prematuro. In questo caso abbiamo un periodo di congedo di maternità che si è ridotto rispetto al previsto, quindi l’indennità che spetta per il periodo ante partum non goduto andrà sommata alla fine dell’indennità di maternità post partum e fino al massimo dei 5 mesi indennizzabili, a condizione che la lavoratrice non abbia ripreso l’attività lavorativa. In pratica se la nascita avviene con 20 giorni di anticipo e si ha diritto a 2 mesi di indennità post parto, le indennità successive alla nascita saranno percepite per 2 mesi e 20 giorni. Se il parto prematuro è avvenuto prima dei due mesi di astensione obbligatoria prima del parto, vengono riconosciuti direttamente 5 mesi dopo il parto come indennità di maternità.

Indennità di  maternità nella flessibilità. Nel caso in cui la lavoratrice richieda la flessibilità dell’art. 20 del D. Lgs. 151 del 2001, che consente di ritardare l’inizio dell’astensione obbligatoria ad un mese prima del parto, l’indennità ante partum è riconosciuta appunto per un mese mentre quella post partum per 4 mesi. Si ha il semplice spostamento delle indennità.

L’indennità post partum per i papà. Nei casi previsti di congedo di paternità il lavoratore padre ha dirotto alla percezione dell’indennità di paternità. Il congedo di maternità post partum spetta ai padri sono nei casi di morte, grave infermità o malattia della madre, abbandono del bambino da parte della madre stessa o affidamento esclusivo al padre se in possesso dei requisiti richiesti per le lavoratrici madri, cioè soltanto se la madre aveva diritto all’indennità. Per maggiori informazioni vedremo il congedo di paternità.

Quali sono le giornate indennizzabili
L’indennità giornaliera di maternità, calcolata secondo il metodo precedentemente descritto, spetta per tutte le giornate indennizzabili comprese nel periodo di astensione obbligatoria di 5 mesi, sia prima del parto che dopo il parto. L’Inps però fornisce delle indicazioni ben precise, sono le seguenti:

alle operaie, compreso le apprendiste e le lavoratrici agricole, spetta l’indennità per le giornate feriali incluse nel periodo di astensione, quindi con esclusione delle domeniche e delle festività;
alle lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti) spetta analogo trattamento previsto per le operaie;

alle lavoratrici impiegate spetta l’indennità di maternità per tutte le giornate incluse nel periodo di astensione con l’esclusione delle festività nazionali e infrasettimanali cadenti di domenica.

Nel caso in cui le lavoratrici svolgono presso il proprio datore di lavoro delle prestazioni limitate ad alcuni giorni della settimana (si pensi al part time di tipo verticale), l’indennità spetta solo per le giornate che sarebbero state retribuite se la dipendente non fosse stata assente da lavoro per maternità.

Disoccupazione o sospensione dal lavoro. Se per effetto della disoccupazione o di altre sospensioni dal lavoro, le lavoratrici, o per contratto o per legge, non ricevono alcun trattamento economico per le festività nazionali e infrasettimanali, l’indennità è dovuta per queste giornate.

La domanda sia per il congedo per l’indennità di maternità erogata dall’Inps va presentata prima del compimento del settimo mese di gravidanza al datore di lavoro e all’Inps. Alla domanda vanno allegati alcuni certificati, tra i quali quello del medico del servizio sanitario nazionale che indica la data presunta del parto dal quale si calcola sia il periodo di astensione obbligatoria ante partum che post partum, aldilà del possibile errore del medico.

Nel caso di lavoratrici a domicilio va presentata anche una dichiarazione dell’azienda o delle aziende per le quali la lavoratrice lavora, così come è necessario allegare il provvedimento della Direzione provinciale del lavoro (DPL) in caso di astensione anticipata.

Dopo il parto va presentato l’attestato di parto rilasciato dall’Asl oppure uno stato di famiglia o una dichiarazione sostitutiva. Nel caso di parto prematuro va presentata anche la richiesta di fruizione post partum dell’indennità non goduta ante partum per la nascita in anticipo. Per maggiori informazioni vediamo la domanda di congedo di maternità.

L’indennità di maternità (o di paternità) nel caso delle lavoratrici dipendenti viene normalmente anticipata dal datore di lavoro per conto dell’Inps. L’azienda poi recupererà le somme attraverso una compensazione con le somme a debito dovute per i contributi da versare per i lavoratori in forza all’azienda. In altri casi invece l’indennità viene corrisposta alla lavoratrice direttamente dall’ente previdenziale. Vediamo quali sono questi casi.

Quando l’indennità di maternità è pagata direttamente dall’Inps. Si tratta di tutti quei casi in cui il rapporto lavorativo con l’azienda non consente l’anticipo aziendale. Sono i seguenti casi:

indennità di maternità erogata alle lavoratrici stagionali;

indennità di maternità per le lavoratrici disoccupate o sospese dal lavoro da non oltre 60 giorni che fruiscono del trattamento di integrazione salariale;

Indennità pagata alle lavoratrici disoccupate o sospese dal lavoro da oltre 60 giorni che fruiscono, all’inizio della maternità, dell’indennità di disoccupazione, di mobilità o di integrazione salariale con pagamento diretto di tali indennità da parte dell’Inps;

Indennità di maternità corrisposte alle lavoratrici agricole dipendenti (facoltativamente se titolari di un contratto a tempo indeterminato);

Indennità erogata ai piccoli coloni e compartecipanti familiari;

Indennità di maternità pagata a colf e badanti;

Indennità pagata alle lavoratrici dello spettacolo con contratto a termine o a prestazione o a giornata.

Richiesta di pagamento diretto. La lavoratrice interessata dal pagamento diretto dall’Inps dell’indennità di maternità deve produrre una espressa richiesta indicando le modalità di pagamento, cioè tramite bonifico bancario o tramite bonifico postale oppure tramite sportello di qualsiasi ufficio postale del territorio nazionale, previo accertamento dell’identità del percettore. L’identità sarà accertata da un documento di riconoscimento, dal codice fiscale e dalla consegna dell’originale della lettera di avviso da parte dell’Inps della disponibilità del pagamento ricevuta via posta prioritaria.

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