sabato 18 aprile 2015

Pensioni per la pubblica amministrazione prima dei 62 anni



Le pubbliche amministrazioni potranno collocare in quiescenza forzosa il dipendente al perfezionamento della massima anzianità contributiva anche prima del 62° anno di età. Ma sino al 2017.

La circolare INPS numero 74/2015 descrive quali sono le procedure da applicare per tutti quei lavoratori che vanno in pensione anticipata a partire dal primo gennaio 2015 maturando i requisiti di contribuzione entro il 31 dicembre 2017.

Il ricambio generazionale aggiunge un nuovo tassello che consente di licenziare anche i dipendenti non troppo avanti con l'età. A dire il vero la norma ha origine nella legge di stabilità 2015, ma la Funzione pubblica, nella sua circolare, non ne aveva evidenziato gli effetti e oggi lo stesso Dipartimento provvede a correggere il tiro.

L’oggetto del contendere è la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro prevista dall'articolo 72, comma 11, del decreto legge 112/2008. Dopo la riscrittura della disposizione a opera del decreto legge 90/2014, la risoluzione è consentita quando il dipendente perfeziona il diritto alla pensione anticipata (nel 2015, 42 anni e 6 mesi di anzianità contributiva per gli uomini e 41 e 6 mesi per le donne, che aumentano, per tutti, di 4 mesi dal 2016 a causa dell'adeguamento dei requisiti agli incrementi della speranza di vita), ma non prima del raggiungimento di un'età anagrafica che possa dar luogo a riduzione percentuale del trattamento di quiescenza.

In effetti, l'articolo 24, comma 10, del decreto legge 201/2011 aveva introdotto la decurtazione della pensione nel caso in cui il lavoratore maturasse il diritto ad essere collocato a riposo prima del compimento dei 62 anni di età. La penalizzazione era pari all'1% per i primi due anni di anticipo e del 2% per ogni ulteriore anno. Potevano sottrarsi a tale taglio i dipendenti la cui anzianità contributiva era costituita da effettiva prestazione lavorativa, parificando al servizio attivo anche alcune tipologie di assenza.

In particolare quest'ultima parte della previsione normativa ha destato parecchi dubbi e problemi interpretativi, tanto che il Parlamento, nella legge di stabilità 2015, ha disposto che le penalizzazioni non si applicano, tout court, con effetto sulle pensioni decorrenti dal 1° gennaio 2015 e per tutti i soggetti che maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2017.

In quest'ultimo caso a nulla rileva se la decorrenza della pensione sia posticipata nel 2018 o negli anni a seguire. Ma la Funzione pubblica, nella sua circolare 2/2015 del 19 febbraio, a commento del decreto legge 90/2014, non fa alcun cenno alla legge di stabilità 2015 e parla ancora di impossibilità di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro in presenza di penalizzazioni.

La Funzione pubblica evidenzia che la risoluzione unilaterale, negli anni 2015, 2016 e 2017, è consentita in tutti i casi in cui il dipendente raggiunga il diritto alla pensione anticipata, essendo venute meno, nel triennio, le limitazioni. Ma oltre a porre attenzione ai dipendenti che arriveranno al traguardo della pensione nei prossimi mesi, le amministrazioni devono riconsiderare anche tutte le situazioni per le quali, in precedenza, avevano soprasseduto alla risoluzione unilaterale in quanto il lavoratore, pur avendo il diritto al trattamento di quiescenza, aveva un'età anagrafica inferiore a 62 anni.

Per completezza si ricorda che, per poter far cessare gli effetti del contratto individuale di lavoro, la norma richiede una decisione motivata con riferimento alle esigenze organizzative, ai criteri di scelta e alla funzionalità dei servizi. Per questo, è consigliabile che l'ente adotti una regolamentazione interna, al fine di evitare comportamenti difformi a fronte della medesima fattispecie. La norma impone, altresì, il rispetto di un termine di preavviso, che è fissato in sei mesi. Il problema delle penalizzazioni tornerà a rivivere dal 2018, salvo ulteriori interventi legislativi.

Le amministrazioni pubbliche possono attivare la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro nei confronti del personale soggetto alla nuova disciplina pensionistica, quando detto personale abbia acquisito il requisito contributivo per la pensione anticipata (per il 2015: 42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne, mentre per il triennio 2016-2018 si passa a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne), a condizione che dipendente non abbia un'età anagrafica che possa farlo incorrere in penalizzazioni sull'importo della pensione.

In sostanza, come chiarito dalla circolare della funzione pubblica 2/2015, la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro, ai sensi della riforma Madia, non può avvenire prima del compimento dei 62 anni d'età.

Il diritto a pensione deve essere raggiunto entro il 2017. Sul tema però è tornato l'articolo 1, comma 113, della legge 190/2014, ai sensi del quale le disposizioni contenute nella «riforma Fornero» delle pensioni e, in particolare l' articolo 24, comma 10, terzo e quarto periodo, del dl 201/2011 «non trovano applicazione limitatamente ai soggetti che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017».

Qualora il dipendente abbia maturato il requisito contributivo per la maturazione del diritto alla pensione anticipata in data antecedente al 1° gennaio 2015 e tale dipendente sia in servizio perché di età anagrafica inferiore ai 62 anni, l'amministrazione di appartenenza potrebbe comunque disporre la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro con preavviso di 6 mesi e senza penalizzazioni per l'interessato, purché successivamente al 1° gennaio 2015.

Laddove il dipendente maturi i suddetti requisiti contributivi entro il dicembre 2017, anche con età inferiori a 62 anni, anche in questo caso la risoluzione del rapporto di lavoro non comporterebbe penalizzazioni, nonostante la decorrenza dell'assegno di pensione ricada successivamente al 31/12/2017. Le penalizzazioni torneranno operative a partire dal 1° gennaio 2018, fatto salvo, appunto, il caso della Quindi non è più prevista la decurtazione per i lavoratori che vanno in pensione prima dei 62 anni ma che però hanno raggiunto una contribuzione minima di 41 anni e 6 mesi, per le donne, e 42 anni e 6 mesi, per gli uomini. Specificando meglio, si trattava, prima di questa norma, di un taglio dell'1 per cento per ogni anno di anticipo rispetto ai 62 anni e del 2 percento per ogni anno ulteriore oltre i due anni.

I beneficiari della pensione anticipata con il taglio delle decurtazioni sono tutti quei lavoratori che andranno in pensione a partire da quest'anno escludendo tutti quelli che sono in pensione anticipata con decorrenza precedente al primo gennaio 2015, ai quali sono state applicate le vecchie norme.

Ricordiamo, per gli appassionati della materia, che, a partire dal primo gennaio 2016 il requisito contributivo per la pensione anticipata salirà di quattro mesi a causa dell'adeguamento delle aspettative di vita.

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