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lunedì 16 gennaio 2017

Riforma della scuola: maturità solo con la formazione in azienda



Scuola, approvata la delega con cui si darà il via alla riforma del sostegno; ecco tutte le novità che riguarderanno uno dei settori più delicati della scuola italiana.

Le deleghe riguardano: Inclusione scolastica, Cultura umanistica, Diritto allo studio, Formazione iniziale e accesso all'insegnamento nella secondaria di primo e secondo grado, Istruzione Professionale, Scuole italiane all'estero, Sistema integrato di istruzione dalla nascita fino a sei anni .

La delega sulla scuola rimasta fuori dal «pacchetto» approvato oggi in Consiglio dei ministri riguarda il nuovo Testo Unico in materia di istruzione, cioè il riordino delle disposizioni legislative vigenti. I provvedimenti vanno ora in conferenza unificata per il parere e alle competenti commissioni parlamentari.

L'altternanza scuola-lavoro diventa requisito di ammissione all’esame di Maturità, che subirà un nuovo “restyling”: dalle attuali tre prove scritte più colloquio, si passerà infatti a due scritti e orale (a saltare sarà la terza prova, il cosiddetto «quizzone»). L’Invalsi sbarca ufficialmente in quinta superiore (non però agli esami, ma in un periodo diverso dell’anno), e testerà le competenze degli studenti in italiano, matematica e, è la novità, inglese. A cambiare sarà anche la formazione iniziale dei docenti, con l’arrivo del «corso-concorso», dopo la laurea (sulla falsariga delle selezioni in magistratura); e, per la prima volta in Italia, debutterà un sistema integrato di educazione e di istruzione per i bambini d’età 0-6, con l’istituzione di un fondo ad hoc da 229 milioni l’anno.

A poche ore dalla scadenza dei 18 mesi, il governo ha acceso sabato il primo semaforo verde ad otto delle nove deleghe contenute nella legge 107 (per la revisione del Testo unico sulla scuola, il Dlgs non attuato, sarà previsto un ddl delega specifico e successivo).

Assunzioni, alternanza e un pò di merito
I provvedimenti licenziati vanno ora alle commissioni parlamentari competenti e in Conferenza Unificata per il parere: «È stato approvato un pacchetto importante - ha commentato il premier, Paolo Gentiloni, che ha ripreso regolarmente il suo posto in Cdm, dopo i problemi di salute dei giorni scorsi -. Le riforme non si fermano». Del resto, i decreti attuativi della Buona Scuola «rappresentano la parte più innovativa e qualificante della legge 107 - ha aggiunto la neo ministra, Valeria Fedeli (che caparbiamente ha rispolverato i testi dai cassetti del Miur) -. In sede referente, ascolteremo tutti i soggetti coinvolti, con l’obiettivo di mettere gli alunni al centro di un progetto che punta a fornire loro un’istruzione e una formazione adeguate agli standard europei».

E in effetti le misure per i ragazzi contenute negli otto Dlgs approvati ieri dall'esecutivo sono realmente “di peso”: a cominciare dalla revisione degli esami di Stato. Qui, tuttavia, le novità entreranno in vigore dal 2018 (non ci sarà quindi nessun cambiamento per le prove di quest’anno). La nuova maturità sarà, quindi, composta da due prove scritte nazionali (la prima, che continuerà ad accertare la padronanza della lingua italiana; e la seconda, su discipline caratterizzanti l’indirizzo di studi), e il colloquio orale che verificherà il conseguimento delle competenze raggiunte, la capacità argomentativa e critica del candidato, e, anche, l’esposizione delle attività svolte in alternanza.

L’esito dell’esame di Stato, oggi, è espresso in centesimi: fino a 25 punti per il credito scolastico, fino a 15 per ciascuna delle tre prove scritte, fino a 30 per il colloquio. Da domani (cioè dal 2018) il voto finale resterà in centesimi, ma si darà maggior peso al percorso fatto dal ragazzo nell’ultimo triennio: e così il credito scolastico salirà a 40 punti (e poi, 20 punti per ciascuno scritto e 20 punti per l’orale). Nessuna novità per la commissione. Rimarrà come l’attuale: tre commissari interni, tre esterni e presidente proveniente da un altro istituto.

A cambiare sarà pure l’esame di terza media, che attualmente conta sei scritti più il colloquio. Si passerà a tre scritti (italiano, matematica e lingua straniera) e un colloquio per accertare le competenze trasversali (ridando, in questo modo, più valore al percorso scolastico). Il test Invalsi (la prova nazionale standardizzata) rimarrà in terza media, ma si svolgerà durante un periodo dell’anno diverso dagli esami (come per la Maturità).

“Dal 2018 la nuova maturità sarà composta da due prove scritte, la prima sulla lingua italiana e la seconda su discipline caratterizzanti l’indirizzo di studi. L’ orale verificherà il conseguimento delle competenze raggiunte, la capacità argomentativa e critica del candidato, e, anche, l’esposizione delle attività svolte in alternanza.”

Novità in arrivo (dal 2021, come chiesto dal Mef) anche per l’accesso alla cattedra: oggi chi vuole insegnare a medie e superiori deve abilitarsi, dopo la laurea, attraverso il tirocinio formativo attivo (Tfa), che gli consente l’inserimento nella seconda fascia delle graduatorie d’istituto per le supplenze. Poi, per conquistare il ruolo si deve attendere un concorso. Con le nuove regole, dopo l’università si potrà partecipare a un «corso-concorso». Chi lo supererà si inserirà in un percorso di formazione di tre anni, due dei quali fatti anche a scuola (al termine del triennio si viene assunti a tempo indeterminato). È comunque prevista una fase transitoria per chi oggi è già iscritto nelle graduatorie di istituto.

Verso una qualità più omogenea del sistema
Passando, poi, alle altre deleghe, sul fronte inclusione sociale, si punta a una maggiore formazione dei docenti di sostegno e a garantire continuità didattica, attraverso, pure, l’elaborazione di un progetto educativo individuale per gli alunni con disabilità. Si rafforza, inoltre, il diritto allo studio, prevedendo maggiori borse, esoneri delle tasse e agevolazioni sui libri di testo. Spazio pure alla promozione della cultura umanistica; e a un mini-restyling delle scuole italiane estere (estendendo le novità previste dalla legge 107).

L’ultimo degli otto Dlgs approvati ieri riguarda invece il riordino degli istituti professionali (Ip): qui si punta a innovare l’offerta formativa, rafforzando le materie d’indirizzo e i legami con il territorio. La bozza di provvedimento, però, è poco chiara sul raccordo con i corsi regionali: «Sono sorpresa del varo delle deleghe senza coinvolgimento delle Regioni - ha sottolineato l’assessore lombardo, Valentina Aprea -. Vigileremo sull’attuazione del riordino degli Ip».

Maturità
Dal 2018, la maturità contemplerà due sole prove scritte, Italiano e prova d’indirizzo senza più il terzo scritto confezionato dalle stesse commissioni esaminatrici. E viene anche rivoluzionato il punteggio che rimarrà in centesimi: 40 punti alla carriera scolastica e 20 punti a ciascuno dei due scritti e al colloquio che verterà anche sulle attività di Alternanza scuola-lavoro(è una modalità didattica realizzata in collaborazione fra scuole e imprese per offrire ai giovani competenze spendibili nel mercato del lavoro e favorire l’orientamento. Il giovane impara in contesti diversi, sia a scuola sia in azienda. Le competenze acquisite in azienda sono riconosciute come crediti).

Commissioni d’esame
Le commissioni d’esame saranno formate da 3 membri interni, 3 esterni e un presidente esterno. Prima dell’esame, tutti i maturandi dovranno effettuare una prova Invalsi, test il cui risultato però non entrerà nel voto finale dell’esame di Stato.

Scuole Medie ed Elementari
Novità anche per gli esami di terza media: tre soli scritti (oggi sono sei) e prova Invalsi che non farà più media per la valutazione finale. Ma che sarà necessario svolgere per l’ammissione agli esami. In più, le prove Invalsi di quinta elementare e terza media saggeranno le competenze in inglese degli alunni. Salta invece la valutazione con le lettere – da A a D – in luogo dei voti all’elementare e alla media. E sarà possibile promuovere anche con carenze o livelli di competenza ancora da raggiungere.

Scuole dell’infanzia
Per i più piccoli, da zero a 6 anni, è previsto un unico percorso che prevede la creazione di un sistema d’istruzione integrato che parte da subito, fin dai primi mesi di vita del bambino, un sistema in cui viene rafforzata soprattutto la scuola fino a 3 anni (oggi al 12%) con l’assunzione di maestre d’asilo con una laurea triennale obbligatoria e la realizzazione di programmi omogenei e di qualità su tutto il territorio.
Ci sono pronti oltre 200 milioni di euro per l’estensione dei servizi anche a questa prima fascia scolastica. Fondi che il ministero dell’Istruzione darà direttamente ai Comuni, cui resta la responsabilità diretta di nidi e materne.

Insegnanti formati per ogni disabilità
Degli alunni più deboli – disabili, ma non solo – si occupa la delega sull'integrazione: l’idea di fondo contenuta nel testo della delega è che ogni ragazzo con difficoltà possa avere l’insegnante adatto alla propria disabilità, preparato e in grado di sostenerlo nella maniera giusta. Ci saranno insegnanti di sostegno con una formazione specifica per le materne, le elementari, le medie e le superiori. Diversamente da quanto accade ora con insegnanti di sostegno che entrano in ruolo e poi si spostano sull’insegnamento, la riforma prevede un percorso specifico per chi sceglie il sostegno con l’obbligo di restare in quella posizione per almeno 10 anni

Scuole italiane all’estero
Tra le novità anche quella del riordino delle scuole italiane all’estero. In tutto il mondo sono 135 e impiegano 624 insegnanti e sono frequentate da circa 30 mila alunni e studenti. Oggi dipendono dal ministero degli Affari esteri che le gestisce attraverso le singole ambasciate. Ciò comporta una frammentarietà e disomogeneità che vanno superate. Il decreto prevede quindi un maggiore coordinamento tra la Farnesina e il Miur per creare un modello di «Formazione Italia nel mondo» con l’obiettivo di diffondere la lingua e la cultura italiana all’estero.

Per una parte dei giovani studenti l'apprendimento in impresa avverrà tramite un contratto di apprendistato di primo livello, mentre per l'altra parte avverrà attraverso l'introduzione dell'alternanza "rafforzata" di 400 ore annue a partire dal secondo anno del percorso di istruzione e formazione professionale.




lunedì 19 settembre 2016

Alternanza scuola-lavoro: come iscriversi al Registro nazionale



Il sistema duale in apprendistato, uno degli strumenti attuativi del Jobs Act pensato per promuovere la formazione dei giovani finalizzata al loro ingresso nel mondo del lavoro. Per sistema duale si intende la formazione alternata per il 50% a scuola e il restante 50% nell'ambiente di lavoro,  con l’obiettivo di rafforzare l’offerta educativa per i giovani, affinché raggiungano un maggior livello di qualificazione.

L'alternanza scuola-lavoro è prevista durante il secondo ciclo di istruzione che:

inserisce organicamente percorsi obbligatori nel secondo biennio e nell'ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado a partire dall'anno scolastico 2015/2016, indicando la durata complessiva di almeno 400 ore per gli istituiti tecnici e professionali e di almeno 200 ore per i licei;

istituisce il Registro nazionale per l'alternanza scuola-lavoro, a cui si devono iscrivere le imprese, i professionisti, gli enti pubblici e privati disponibili ad accogliere studenti.

L'alternanza scuola-lavoro diventa così una strategia educativa dove il contesto lavorativo è chiamato ad assumere un ruolo complementare all'aula e al laboratorio scolastico nel percorso di istruzione degli studenti in modo da contribuire alla realizzazione di un collegamento organico tra istituzioni scolastiche e formative e il mondo del lavoro.

I datori di lavoro che vogliono ospitare presso le proprie strutture giovani studenti per percorsi formativi on the job devono iscriversi al Registro Nazionale per l'alternanza scuola-lavoro con modalità on-line attraverso la sezione “Profilo e compilando le informazioni richieste. Il Registro consente agli studenti della scuola di secondo grado (istituti tecnici, professionali e licei) di ricercare le imprese che offrono percorsi di alternanza scuola-lavoro ed apprendistato, con specifico riferimento sia all'attività economica prevalente, indicata con il codice Ateco, sia alla figura professionale che il datore di lavoro è disposto a formare.

La riforma scolastica prevede che ogni anno almeno 200 ore per i licei e 400 ore per gli istituti tecnici debbano essere svolte in un contesto lavorativo.

Il Registro è costituito delle seguenti componenti:

c) un’area aperta e consultabile gratuitamente in cui sono visibili le imprese e gli Enti pubblici e privati disponibili a svolgere i percorsi di alternanza. Per ciascuna impresa o Ente il Registro riporta il numero massimo degli studenti ammissibili nonché i periodi dell’anno in cui è possibile svolgere l’attività di alternanza;

d)  una sezione speciale del Registro delle imprese di cui all’art. 2188 del codice civile a cui devono iscriversi le imprese per l’alternanza scuola-lavoro; tale sezione consente la condivisione, nel rispetto della normativa sulla tutela dei dati personali, delle informazioni relative all'anagrafica, all'attività svolta, ai soci e agli altri collaboratori, al fatturato, al patrimonio netto, al sito internet e ai rapporti con gli altri operatori della filiera delle imprese che attivano i percorsi di alternanza.

I datori di lavoro disponibili ad accogliere studenti per lo svolgimento dello stage o per la stipula di un contratto di apprendistato di primo livello devono iscriversi al Registro Nazionale per l'alternanza scuola-lavoro tramite il portale www.scuolalavoro.registroimprese.it .

Quadro normativo

Il registro è stato istituito dalla legge 13 luglio 2015, n.107 (c. d. “La buona suola”) che, all'articolo 1, commi da 33 a 43 interviene sulle previgenti disposizioni e, oltre ad istituire detto registro, inserisce a regime percorsi obbligatori nel secondo biennio e nell'ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado a partire dall'anno scolastico 2015/2016, indicando la durata complessiva di almeno 400 ore per gli istituiti tecnici e professionali e di almeno 200 ore per i licei e autorizza la spesa di 100 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016.

Il nuovo apprendistato si basa su un modello innovativo che passa innanzitutto attraverso la ristrutturazione dell’apprendistato e delle sue caratteristiche (requisiti di accesso e modalità di regolazione della formazione): si punta così ad agire direttamente sul fronte delle imprese tramite la definizione di una nuova unione di vincoli e benefici, in grado di bilanciare meglio l’onere formativo che esse assumono.

L’altro versante è quello della riorganizzazione dei percorsi formativi nell'ambito del Sistema regionale di Istruzione e formazione professionale (IeFP) e il potenziamento delle reti di servizi interne alle strutture formative, l progetto prevede la qualificazione dei servizi di placement dei centri di formazione professionale e la sperimentazione nel biennio 2015-2017 del contratto di apprendistato per il conseguimento della qualifica di istruzione e formazione professionale (IeFP) o del diploma professionale nei centri di formazione professionale.






domenica 27 dicembre 2015

Apprendistato: i criteri per il 2016


Il Decreto del Ministero del Lavoro del  12 ottobre 2015, è stato pubblicato nella G.U. 21 dicembre 2015, n. 296,. Con il documento si definiscono ai sensi dell'art. 46, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2015, gli standard formativi che costituiscono livelli essenziali delle prestazioni ai sensi dell'art. 16 del decreto legislativo n. 226 del 2005 e i criteri generali delle seguenti tipologie di apprendistato:

apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, di cui all'art. 43 del decreto legislativo n. 81 del 2015;

apprendistato di alta formazione e di ricerca, di cui all'art. 45 del decreto legislativo n. 81 del 2015.

Ai fini della stipula dei contratti di apprendistato, il datore di lavoro deve possedere i seguenti requisiti:

capacità strutturali, ossia spazi per consentire lo svolgimento della formazione interna e in caso di studenti con disabilità, il superamento o abbattimento delle barriere architettoniche;

capacità tecniche, ossia una disponibilità strumentale per lo svolgimento della formazione interna, in regola con le norme vigenti in materia di verifica e collaudo tecnico, anche reperita all'esterno dell'unità produttiva;

capacità formative, garantendo la disponibilità di uno o più tutor aziendali.

Nel dettaglio, il decreto definisce gli standard formativi che costituiscono livelli essenziali delle prestazioni e i criteri generali delle tipologie di apprendistato quali:

- l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore;

- l’apprendistato di alta formazione e di ricerca.

Ai fini dell’attivazione del contratto di apprendistato, l’istituzione formativa e il datore di lavoro devono sottoscrivere un protocollo secondo lo schema allegato al decreto stesso, nel quale sono stabiliti:
- i requisiti del datore di lavoro;
- la durata dei contratti di apprendistato che non può essere di durata inferiore a sei mesi e la cui durata massima varia in relazione al tipo di diploma e di qualifica che si intende conseguire;
- gli standard formativi, il piano formativo individuale e la formazione interna ed esterna;
- i diritti e i doveri degli apprendisti;
- la funzione tutoriale che è finalizzata a promuovere il successo formativo degli apprendisti;
- la valutazione e certificazione delle competenze.

Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano recepiscono con propri atti le disposizioni di cui al presente decreto.
Trascorso tale termine, in assenza di regolamentazione regionale, l’attivazione dei percorsi di apprendistato è disciplinata attraverso l’applicazione diretta delle disposizioni del presente decreto.

La durata del contratto di apprendistato
La durata del contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, non può essere inferiore a sei mesi e non può, in ogni caso, essere superiore a:
a) tre anni per il conseguimento della qualifica di istruzione e formazione professionale;
b) quattro anni per il conseguimento del diploma di istruzione e formazione professionale;
c) quattro anni per il conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore;
d) due anni per la frequenza del corso annuale integrativo per l’ammissione all’esame di Stato di cui all’art. 15, comma 6, del decreto legislativo n. 226 del 2005;
e) un anno per il conseguimento del diploma di istruzione e formazione professionale per coloro che sono in possesso della qualifica di istruzione e formazione professionale nell’ambito dell’indirizzo professionale corrispondente;
f) un anno per il conseguimento del certificato di specializzazione tecnica superiore.

La durata dei contratti di apprendistato di alta formazione non può essere inferiore a sei mesi ed è pari nel massimo alla durata ordinamentale dei relativi percorsi.

La durata dei contratti di apprendistato per attività di ricerca non può essere inferiore a sei mesi ed è definita in rapporto alla durata del progetto di ricerca e non può essere superiore a tre anni, salva la facoltà delle regioni e delle province autonome di prevedere ipotesi di proroga del contratto fino ad un anno in presenza di particolari esigenze legate al progetto di ricerca.

La durata dei contratti di apprendistato per il praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche non può essere inferiore a sei mesi ed è definita, quanto alla durata massima, in rapporto al conseguimento dell’attestato di compiuta pratica per l’ammissione all’esame di Stato.
Standard formativi, piano formativo individuale e formazione interna ed esterna

L’organizzazione didattica dei percorsi di formazione in apprendistato si articola in periodi di formazione interna ed esterna.

Il piano formativo individuale, redatto dall’istituzione formativa con il coinvolgimento del datore di lavoro secondo il modello di cui all’allegato deve contenere i seguenti elementi:
a) i dati relativi all’apprendista, al datore di lavoro, al tutor formativo e al tutor aziendale;
b) ove previsto, la qualificazione da acquisire al termine del percorso;
c) il livello di inquadramento contrattuale dell’apprendista;
d) la durata del contratto di apprendistato e l’orario di lavoro;
e) i risultati di apprendimento, in termini di competenze della formazione interna ed esterna, i criteri e le modalità della valutazione iniziale, intermedia e finale degli apprendimenti e, ove previsto, dei comportamenti, nonché le eventuali misure di riallineamento, sostegno e recupero, anche nei casi di sospensione del giudizio.

Il piano formativo individuale può essere modificato nel corso del rapporto, ferma restando la qualificazione da acquisire al termine del percorso.

I periodi di formazione interna ed esterna sono articolati anche secondo le esigenze formative e professionali dell’impresa e le competenze tecniche e professionali correlate agli apprendimenti ordinamentali che possono essere acquisiti in impresa.

Valutazione e certificazione delle competenze
L’istituzione formativa anche avvalendosi del datore di lavoro, per la parte di formazione interna, effettua il monitoraggio e la valutazione degli apprendimenti, anche ai fini dell’ammissione agli esami conclusivi dei percorsi in apprendistato, ne dà evidenza nel dossier individuale dell’apprendista e ne comunica i risultati all’apprendista e, nel caso di minorenni, ai titolari della responsabilità genitoriale.

Agli apprendisti è garantito il diritto alla validazione delle competenze anche nei casi di abbandono o risoluzione anticipata del contratto, a partire da un periodo minimo di lavoro di tre mesi.

Per averne diritto l’apprendista, al termine del percorso, deve aver frequentato almeno i tre quarti sia della formazione interna che della formazione esterna di cui al piano formativo individuale.

Laddove previsto nell’ambito dei rispettivi ordinamenti, la frequenza dei tre quarti del monte ore sia di formazione interna sia di formazione esterna di cui al piano formativo individuale costituisce requisito minimo anche al termine di ciascuna annualità, ai fini dell’ammissione all’annualità successiva.
Gli esami conclusivi dei percorsi in apprendistato si effettuano, laddove previsti, in applicazione delle vigenti norme relative ai rispettivi percorsi ordinamentali, anche tenendo conto delle valutazioni espresse dal tutor formativo e dal tutor aziendale nel dossier individuale e in funzione dei risultati di apprendimento definiti nel piano formativo individuale.

In esito al superamento dell’esame finale e al conseguimento della qualificazione, l’ente titolare rilascia un certificato di competenze o, laddove previsto, un supplemento al certificato che deve comunque contenere:

a) gli elementi minimi riguardante gli standard minimi di attestazione del decreto legislativo n. 13 del 2013;

b) i dati che consentano la registrazione dei documenti nel sistema informativo dell’ente titolare in conformità al formato del Libretto formativo del cittadino.


mercoledì 4 febbraio 2015

Assunzioni 2015 i casi di esonero contributivo



Per fruire dello sgravio triennale contributivo per le assunzioni 2015, il lavoratore assunto non deve aver svolto attività con contratto d’apprendistato (se a tempo indeterminato) e con contratto di somministrazione nei sei mesi precedenti la data di decorrenza dell’assunzione agevolata.

La piena ammissibilità è prevista sia per i contratti di lavoro intermittente che per quello a tempo determinato. L’incentivo spetta anche in caso di attività svolte dal lavoratore con contratti di lavoro a progetto, tirocini formativi, lavoro autonomo. L’INPS fa chiarezza in merito alle condizioni generali per fruire dello sgravio contributivo previsto dalla legge di Stabilità 2015.

Arrivano le istruzioni INPS sullo sgravio triennale relativo alle assunzioni di lavoratori a tempo indeterminato effettuate con decorrenza dal 1° gennaio 2015 e fino al 31 dicembre 2015. La circolare n.17 del 29 gennaio 2014 offre chiarimenti operativi utili per l’utilizzo del nuovo regime di esonero entrato in vigore dall’inizio dell’anno, introdotto dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190 – legge di Stabilità 2015, con i commi da 118 a 124 dell’articolo 1.

Dunque sia i datori di lavoro che abbiano già effettuato le assunzioni (ricordiamo che anche se collocato idealmente nell’ambito del contratto di lavoro a tutele crescenti che ancora non è operativo, risulta normativamente anche da un punto di vista della sua entrata in vigore, non collegato ) che quelli più prudenti in quanto attendevano i chiarimenti sulle condizioni, hanno ora contezza del pensiero dell’Istituto sull’incentivo.

L’esonero contributivo introdotto dalla legge di stabilità (fino a 8.060 euro all’anno per un triennio) verosimilmente finirà col farla da padrone rispetto agli altri incentivi, che però in alcuni casi possono coesistere con l’ultimo arrivato.

In primo luogo tra le soluzioni alternative - ancorché non sia qualificabile come un’agevolazione in senso stretto ma come un particolare regime contributivo previsto dalla legge (in funzione della causa mista contrattuale) - va considerato l’apprendistato che, pur con gli oneri della formazione, determina comunque una riduzione dei costi complessivi per il datore di lavoro, sia nella parte economica che in quella contribuiva.

L’apprendista può essere sotto inquadrato di due livelli rispetto a quello finale, oppure gli può essere attribuita una retribuzione progressiva in percentuale secondo le previsioni del Ccnl. Sul versante contributivo, va osservato che il carico contributivo datoriale è pari all’11,61% per le aziende con oltre 9 addetti ma può ridursi all’1,61% per quelle fino a 9 dipendenti. Tuttavia quest’ultima misura agevolata riguarda i contratti stipulati nel periodo 2012-2016e necessita del rispetto delle regole.

Dalle premesse è facile desumere la convenienza della nuova misura rispetto alle agevolazioni previste per chi assume lavoratori dalle liste di mobilità ex lege 223/1991. In quest’ultimo caso, infatti, i datori di lavoro sono chiamati a versare, per 18 mesi, la contribuzione nella misura del 10%, pur senza tetto complessivo annuale. Vale peraltro la pena di ricordare che, in relazione ai recenti orientamenti dell’Inps (circolare 17/2015), il nuovo esonero introdotto dalla legge di stabilità è cumulabile con il 50% dell’indennità di mobilità non fruita dal lavoratore. Per godere di entrambi gli incentivi, tuttavia, l’assunzione deve essere a tempo pieno.

Il diritto al bonus è legato a condizioni soggettive relative al soggetto da assumere ed altre in capo al datore di lavoro. riassumiamo le opzioni.

Lavoratore non occupato con un contratto a tempo indeterminato

Il primo requisito del lavoratore assunto è quello che il soggetto non deve essere stato occupato con un contratto a tempo indeterminato nei sei mesi precedenti la data di decorrenza dell’assunzione agevolata.

È un periodo mobile e la verifica va effettuata in relazione al soggetto da assumere il quale non deve aver avuto una occupazione a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro.

L’Istituto conferma che non è possibile usufruire dell’esonero nel caso in cui in tale periodo pregresso il lavoratore abbia già svolto attività con contratto d’apprendistato.

Ciò perché tale contratto, ai sensi dell’articolo 1 del D.lgs. n. 167/2011 è un contratto a tempo indeterminato; naturalmente se tale contratto fosse stato stipulato a tempo determinato nei casi consentiti, la causa ostativa non ricorre.

Anche l’occupazione con contratto di somministrazione risulta ostativa. Piena compatibilità invece sia per i contratti di lavoro intermittente che per quello a tempo determinato.

Nel primo caso, tale possibilità è ammessa per l’INPS anche se la stipulazione fosse stata a tempo indeterminato in quanto l’istituto rappresenta un contratto privo di stabilità che non consente la fruizione dell’incentivo nel caso di assunzione e dunque, coerentemente, non può di converso rappresentare un impedimento nel caso di nuova assunzione questa volta con contratto comune a tempo indeterminato.

Evidentemente, a maggior ragione vista la natura non subordinata del rapporto, l’incentivo spetta in caso di attività svolte dal lavoratore neo assunto con contratti di lavoro a progetto, tirocini formativi, lavoro autonomo.

L’esonero non spetta inoltre ai datori di lavoro in presenza di assunzioni relative a lavoratori in riferimento ai quali i medesimi, tenendo conto anche di società controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto, hanno comunque già avuto in essere un contratto a tempo indeterminato nel corso del periodo da ottobre a dicembre 2014.

Assunzione di un lavoratore che già abbia fruito del beneficio

Altro aspetto che impedisce di godere dell’esonero riguarda l’eventuale assunzione di un lavoratore che già abbia fruito del beneficio.
In tal caso, la circolare sottolinea che tale ipotesi vada verificata in capo al datore di lavoro che l’assume.




martedì 1 luglio 2014

Agevolazioni e benefici per il reimpiego di lavoratori licenziati


I datori di lavoro che nel 2013 hanno assunto lavoratori licenziati nei dodici mesi precedenti per giustificato motivo oggettivo - connesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro - possono essere ammessi ad un beneficio mensile di € 190 per sei mesi - per rapporti a tempo determinato - ovvero per dodici mesi – per rapporti a tempo indeterminato.

L’incentivo è autorizzato dall’Inps nei limiti delle risorse appositamente stanziate dal decreto.

L’Inps, con Messaggio del 27 giugno 2014 n. 5658, rende noti gli adempimenti dei datori di lavoro le cui istanze finalizzate ad ottenere il beneficio per il reimpiego di lavoratori licenziati siano state accolte. Si ricorda che le stesse potevano essere inviate fino al 12 aprile 2014. A seguire con la circolare n. 32 del 13 marzo 2014 è stato illustrato il beneficio previsto dai Decreti direttoriali del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali n. 264 del 19 aprile 2013 e n. 390 del 3 giugno 2013.

L’ammissione al beneficio è stata determinata dall’ordine cronologico dell’assunzione, della proroga e della trasformazione, in relazione alla risorsa complessivamente stanziata.

Il beneficio può essere riconosciuto anche in caso di proroga e trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto instaurato nel 2013 e già agevolabile ai sensi del decreto.

Il beneficio può altresì essere riconosciuto in caso di proroga e trasformazione a tempo indeterminato - effettuata nel 2013 - di un rapporto instaurato prima del 2013 con lavoratori iscritti nelle allora vigenti liste della cosiddetta “piccola mobilità”, secondo quanto prevedeva l'articolo 4, comma 1, del decreto legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236 e successive modifiche ed integrazioni; l’ammissione al beneficio presuppone che il lavoratore sia stato oggetto di licenziamento nei 12 mesi precedenti l’originaria assunzione.

Dopo una prima assunzione a termine, il lavoratore non perde i requisiti per essere nuovamente oggetto di un’altra assunzione agevolata, se – alla data della seconda o successiva assunzione – non sono ancora decorsi 12 mesi dal licenziamento (es.: Tizio è licenziato il 01.05.2012; Alfa assume Tizio a tempo determinato dal 01.02.2013 al 31.03.2013; se Beta – o lo stesso Alfa – assume Tizio il 01.05.2013 per tre mesi, può spettare il beneficio per entrambi i rapporti; se invece Beta – o lo stesso Alfa – assume Tizio il 01.06.2013, il beneficio può spettare solo per il primo rapporto).

Con riferimento ai rapporti di lavoro a tempo determinato, si precisa che il beneficio spetta anche per rapporti di durata inferiore a sei mesi.

In caso di assunzione e trasformazione a tempo indeterminato a scopo di somministrazione spetta il beneficio per 12 mesi in favore dell’agenzia, eventualmente diminuito per evitare che il singolo utilizzatore ne fruisca per un periodo complessivo superiore a dodici mesi, in conseguenza di precedenti godimenti diretti o indiretti dell’incentivo.

In considerazione della circostanza che il beneficio – come indicato nel preambolo del decreto – è finalizzato a promuovere la ricollocazione di lavoratori per i quali – in passato - era previsto un altro incentivo, il beneficio non si applica qualora sia comunque applicabile un diverso incentivo, previsto dalla normativa statale o regionale.

Il beneficio è subordinato alle condizioni di regolarità contributiva, di rispetto degli obblighi di sicurezza sul lavoro, di rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Il decreto subordina i benefici al rispetto delle previsioni di cui al Regolamento (CE) n. 1998/2006 del 15 dicembre 2006, relativo all’applicazione e degli articoli 87 e 88 del trattato agli aiuti d’importanza minore («de minimis»). I benefici sono altresì subordinati alla circostanza che il datore di lavoro non sia un’impresa in difficoltà.

Per i Datori di lavoro che operano con il sistema Uniemens, ovvero le posizioni contributive dei datori di lavoro ammessi al beneficio i sistemi informativi centrali hanno attribuito il Codice Autorizzazione “4N”, avente il significato di “Datore di lavoro ammesso al bonus previsto dai decreti direttoriali del Ministero del lavoro n. 264 del 19 aprile 2013 e n. 390 del 3 giugno 2013”.

Il codice di autorizzazione 4N è attribuito per i mesi di maggio, giugno, luglio ed agosto 2014, al fine di consentire la fruizione del beneficio mediante le denunce contributive UniEmens dei corrispondenti mesi.

I datori di lavoro autorizzati dovranno verificare – accedendo al Cassetto previdenziale - che le posizioni contributive interessate siano state effettivamente aggiornate con l’attribuzione del Codice Autorizzazione 4N;  qualora il Codice Autorizzazione “4N” non sia stato attribuito, il datore di lavoro dovrà inviare una segnalazione alla Sede mediante la funzionalità “Contatti” del Cassetto previdenziale.

La Sede verificherà se il datore di lavoro rientri tra coloro che sono stati ammessi all’incentivo consultando l’esito apposto in calce al modulo LICE, visibile all’interno del fascicolo elettronico aziendale; in caso positivo – e qualora non ritenga che ricorrano ragioni ostative del beneficio - la Sede attribuirà manualmente il codice di autorizzazione 4N per i periodi di giugno, luglio ed agosto 2014 e ne darà comunicazione al datore di lavoro; qualora, invece, la Sede ritenga che il beneficio non spetti, informerà il datore di lavoro mediante il “Cassetto previdenziale” e la Direzione centrale entrate, mediante l’indirizzo di posta elettronica info.diresco@inps.it.

La Sede dovrà attribuire manualmente il Codice Autorizzazione - secondo l’iter descritto - anche nell’ipotesi in cui, alla data di autorizzazione, la posizione contributiva del datore di lavoro risulti sospesa o cessata.

I datori di lavoro autorizzati, che operano con il sistema UniEmens, potranno fruire del beneficio mediante conguaglio con i contributi previdenziali dovuti per i mesi di maggio, giugno, luglio ed agosto 2014, esponendo l’importo a credito secondo le modalità già indicate nella circolare 32/2014.

Un datore di lavoro che ha effettuato un’assunzione a tempo determinato di 4 mesi ed una proroga di altri 4 mesi; sono state accolte le istanze di bonus relative ad entrambi i rapporti; a prescindere dagli importi indicati nei piani di fruizione allegati alle due istanze, il datore di lavoro avrà cura di fruire del bonus per un importo complessivo non superiore  a € 1140 (€190 per sei mesi).

Un datore di lavoro ha effettuato un’assunzione a tempo determinato di 4 mesi e poi ha trasformato il rapporto a tempo indeterminato; sono state accolte le istanze relative ad entrambi i rapporti; a prescindere dagli importi indicati nei piani di fruizione allegati alle due istanze, il datore di lavoro avrà cura di fruire del bonus per un importo complessivo non superiore  a € 2280 (€190 per dodici mesi).

In ogni caso, nelle ipotesi di diminuzione dell’orario di lavoro rispetto a quanto originariamente denunciato sul modulo LICE – compreso il caso di assunzione a tempo pieno e successiva trasformazione in part time – il datore di lavoro è tenuto autonomamente a ridurre in misura proporzionale l’importo del bonus spettante; analogamente, sarà cura del datore di lavoro fruire del beneficio in una misura inferiore rispetto a quanto concesso, nelle ipotesi in cui il rapporto di lavoro cessi prima della data di scadenza indicata nell’istanza.

In caso di rapporto a tempo parziale il beneficio è proporzionalmente ridotto.

Nelle ipotesi di aumento della percentuale oraria di lavoro – compreso il caso di assunzione a tempo parziale e successiva trasformazione a tempo pieno - il bonus mensile rimane fissato in proporzione alla percentuale dichiarata al momento dell’assunzione (il bonus mensile non può superare la misura originariamente autorizzata dall’Inps perché è intrinsecamente connesso alla graduatoria dei datori di lavoro ammessi al beneficio, formata in relazione alla complessiva risorsa disponibile); nelle ipotesi di diminuzione dell’orario di lavoro – compreso il caso di assunzione a tempo pieno e successiva trasformazione in part time - il datore di lavoro è tenuto a ridurre proporzionalmente il bonus (es.: Tizio è assunto dal 01.02.2013 al 30.04.2013 con orario pieno; a decorrere dal 01.03.2013 il rapporto è trasformato in part time al 50%; spetta il bonus di € 190 per febbraio, € 95 per marzo ed € 95 per aprile).

Il beneficio previsto dal decreto non è applicabile ai rapporti di apprendistato, perché a questi si applica un regime contributo agevolato previsto da altre disposizioni dell’ordinamento.
Per quanto concerne i rapporti di apprendistato instaurati nel 2013, ex art. 7, comma 4, d.l.vo 167/2011, con lavoratori precedentemente licenziati per giustificato motivo oggettivo e comunque iscritti nelle liste di mobilità ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236 e successive modifiche ed integrazioni, si precisa quanto segue.

A prescindere dalla circostanza se – a seguito mancata proroga delle disposizioni concernenti la cosiddetta piccola mobilità – tali rapporti possano essere qualificati come apprendistato,– d’intesa con il Ministero del lavoro e a parziale scioglimento della riserva formulata con la circolare 150/2013 - si chiarisce che non è possibile riconoscere il regime contributivo agevolato di cui alla legge 223/1991, richiamato dall’articolo 7, comma 4, citato.

Pertanto, poiché il beneficio previsto dal decreto direttoriale è destinato a compensare parzialmente le conseguenze della mancata proroga delle disposizioni concernenti la cosiddetta piccola mobilità, qualora ne ricorrono le condizioni, è possibile riconoscere il beneficio previsto dal decreto; il beneficio spetta per 12 mesi.


martedì 15 aprile 2014

Contratto di lavoro flessibile cosa cambia con il Decreto lavoro n. 34/2014




È inammissibile perché trova la sua ratio politica nella stessa retorica che ha accompagnato ogni riforma del mercato del lavoro che è stata introdotta nel nostro ordinamento negli ultimi quindici anni e secondo cui con l’aumento della cosiddetta “flessibilità” si avrebbe come effetto un aumento dell’occupazione.

Ma non vi è alcun nesso causale tra l’aumento della flessibilità e l’aumento dell’occupazione. Se si osservano i dati sull’occupazione dal 2004 ad oggi vediamo che, al netto della crisi, la progressiva riduzione dei diritti dei lavoratori  ha avuto come unica conseguenza la perdita di potere contrattuale con un’incidenza sul  reddito dei lavoratori a dir poco drammatica.

Dopo la Riforma del Lavoro del Governo Monti (elaborata dal Ministro Fornero) e le successive modifiche e integrazioni operate dal Governo Letta (Ministro Giovannini), il nuovo Esecutivo Renzi ha delineato un nuovo programma di riforme che interessano Mercato del Lavoro e Welfare, incentrato sul Jobs Act: testi, proposte di Sindacati e Confindustria, implicazioni per i dipendenti sulle modifiche all'Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.

Decreto Lavoro del governo Renzi (Decreto Legge Poletti 34/2014) ha modificato i contratti a termine, ridimensionando alcune novità della Riforma Lavoro 2012: l’obiettivo è rendere più flessibili le assunzioni a tempo determinato e quindi più vantaggiose per i datori di lavoro, incentivando una formula di occupazione più stabile rispetto ai contratti atipici, troppo spesso sinonimo di precarietà e più rispondente alle mansioni svolte rispetto a tante collaborazioni e consulenze a Partita IVA che mascherano un rapporto di lavoro subordinato. Le modifiche del Decreto, mirano a ridurre per l’azienda il rischio di contenziosi pur salvaguardando per il lavoratore le diverse tutele.

Per il giuslavorista Pietro Ichino, su questa nuova disciplina – che nei fatti produce una liberalizzazione dei contratti a termine – potrebbe sollevarsi un dubbio di compatibilità con le regole poste dalla Direttiva UE 99/70/CE visto che riduce drasticamente i limiti alla reiterazione di contratti. Inoltre, accentua la differenza reale tra assunti a termine e a tempo indeterminato.

Un limite superabile con l’inserimento nel DL della norma sull’indeterminato a protezioni crescenti, disponendo anche una «modesta indennità di cessazione proporzionata all’anzianità, sostitutiva del filtro giudiziale, identica per tempo indeterminato e determinato acausale. Solo in questo modo si otterrà di sdrammatizzare l’alternativa fra le due forme di contratto».

Un altro giuslavorista, Michele Tiraboschi, teme per il DL l’inefficacia nel lungo termine: «la liberalizzazione può produrre nel breve periodo maggiore occupazione, ma nel tempo questa  deregolamentazione del contratto a termine indica mancanza di visione d’insieme su politiche e impianto sistematico del diritto del lavoro che, anche per il contratto di apprendistato, «sembra ora scardinato». In più, secondo Tiraboschi, invece di diminuirli la nuova norma potrebbe causare un aumento dei contenziosi: «liberalizzazione del termine non intacca il principio legislativo della centralità del lavoro subordinato a tempo indeterminato, con ciò aprendo la strada a interpretazioni restrittive dei giudici, specie sulle proroghe che non sono adeguatamente regolate».

Per Giuliano Cazzola (Università Ecampus), «la riforma del contratto a termine ridurrà il contenzioso. Prima il “causalone” sottoponeva le imprese alla roulette russa dei tribunali».Positivo anche il potenziamento della «centralità al momento dell’assunzione, sia rispetto al contratto a tempo indeterminato, sia nei confronti delle forme atipiche, il cui utilizzo è adesso a rischio di sanzione dopo le modifiche a “giro di vite” introdotte dalla legge n. 92 del 2012». Cazzola ritiene infine «meno interessante il ricorso ad un eventuale contratto unico a tempo indeterminato e a tutela crescente, perché ben pochi datori di lavoro ne faranno uso potendo avvalersi per un triennio di un contratto a termine liberalizzato e molto meno complicato, all’atto della risoluzione».

Garantire il salario minimo con una legge che preveda il carcere per i datori di lavoro che non la rispettano, un contratto nazionale che agisca solo qualora sul territorio non si siano raggiunti accordi di secondo livello così da aiutare la produttività e una “rivoluzione delle relazioni sindacali” che punti proprio sugli accordi di secondo livello.

Il D.L. n. 34/2014 è contrario alla normativa comunitaria (Direttiva 1999/70) in materia di contratti a tempo determinato.

Tale disciplina prevede che ciascuno degli Stati membri debba rispettare rigorosi principi di limitazione della temporaneità dei contratti e ribadisce la regola per cui il rapporto di lavoro è a tempo indeterminato, vietando inoltre agli ordinamenti nazionali di porre riforme peggiorative in materia (“clausola di non regresso”).

La nuova disciplina prevede la possibilità di stipulare contratti a tempo determinato a-causali (ovvero senza giustificazione) della durata complessiva di 36 mesi, all’interno dei quali è altresì possibile effettuare fino a 8 proroghe per ciascun contratto (con l’aberrante effetto di poter stipulare fino a 288 proroghe in 36 mesi senza motivazione alcuna – qui trovate un breve video che ne illustra le rovinose conseguenze).

Allo stesso modo è illegittima la riforma nella parte in cui viene modificato il contratto di apprendistato: eliminando ogni obbligo da parte dell’azienda di effettuare l’attività di formazione ai lavoratori apprendisti viene meno la causa stessa del contratto.

È evidente che nessuno assumerà più lavoratori con contratti a tempo indeterminato, così come evidente che i lavoratori assunti con questi nuovi tipi di contratti si guarderanno bene dall’avanzare richieste e rivendicare diritti sapendo che in qualsiasi momento potrebbero essere lasciati a casa.

Non è tollerabile perché in questo modo il diritto al lavoro perde definitivamente ogni valore e con esso buona parte dei principi costituzionali che reggono il nostro ordinamento, dal momento in cui ogni accesso al lavoro avviene attraverso forme contrattuali che si fondano sul ricatto e lo sfruttamento della forza lavoro rispetto ai quali i lavoratori non avranno più alcuno strumento di difesa.


venerdì 21 marzo 2014

Contratti a termine e apprendistato, prevale il consenso fra gli addetti



«Se le regole non creano lavoro è vero che avere una buona regolamentazione del mercato del lavoro aiuta, è una buona cosa»: è il messaggio lanciato dal Forum della Confcommercio in corso a Cernobbio nel giorno dell'entrata in vigore del Decreto legge sul rilancio dell'occupazione (il dl n.34) dal ministro del Lavoro.

Giuliano Poletti, che in vista dell'avvio dell'esame da parte della Camera che inizierà la prossima settimana, aggiunge: «Il Governo monitorerà il passaggio parlamentare del decreto lavoro ma è pronto ad apportare modifiche se verrà dimostrato che le misure non funzioneranno». Lo scenario economico continua a destare preoccupazione, «nel 2014 avremo ancora problemi acutissimi di disoccupazione, la crisi non ha ancora scaricato tutti i suoi effetti», secondo il ministro «siamo in una sorta di terra di mezzo», ci vorrà ancora tempo per vedere gli effetti.

Poletti invita ad avere un approccio pragmatico, non ideologico, sul provvedimento, sottolineando che «il punto di partenza è il dato che negli ultimi tre mesi del 2013 gli avviamenti al lavoro sono stati al 68% con contratti a termine», per concludere: «noi rispondiamo dal 68% in su, le valutazioni di merito bisogna farle partendo da questi dati di realtà». Le critiche per il ministro «sono fisiologiche, è normale avere opinioni diverse, io ascolto, verifico, discuto e metto in campo le mie ragioni ma sono pronto a cambiare se i fatti dimostreranno che quello che ho fatto non va bene».

Il 44% dei direttori del personale si dichiara «del tutto d'accordo» con l'efficacia dell'estensione da 12 a 36 mesi della durata del contratto a tempo determinato "acausale", che cancella l'obbligo per il datore di lavoro di indicare il motivo dell'assunzione. Il 43% si dice «d'accordo in parte».

Lo rivela un sondaggio del centro studi e ricerche Bachelor, pubblicato nello stesso giorno in cui entrano in vigore le novità del decreto legge numero 34 con le disposizioni per favorire il rilancio dell'occupazione e la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese. Prevalgono dunque i giudizi positivi sulle misure sui contratti a termine che complessivamente raggiungono l'87% del campione di direttori del personale interpellato, mentre il 9% si dice «non molto d'accordo» sull'efficacia della norma, il 3% «per niente» e l'1% «non sa». Anche tra i giovani laureati i favorevoli sono più numerosi dei contrari, anche se ad essere «pienamente d'accordo» è solo l'8%, i«parzialmente d'accordo» raggiungono il 51%, a dirsi «non molto» d'accordo il 26%, il 12%«per niente» e il 3% non sa.

Incassa la maggioranza dei consensi anche la semplificazione dell'apprendistato, oggetto del sondaggio svolto dal centro Bachelor tra il campione composto da 100 direttori di imprese di medie-grandi dimensioni del settore privato e da 500 laureati da meno di 3 anni, su tutto il territorio nazionale. Alla domanda se si ritiene efficace il provvedimento che «prevede meno vicoli per le imprese, compreso l'obbligo di confermare i precedenti apprendisti prima di assumerne nuovi» il 47% dei direttori del personale si dice «del tutto d'accordo», il 41% «in parte d'accordo», il 9% «non molto» e il 3% «non sa». Prevalgono i giudizi favorevoli anche tra i giovani laureati: il 44% è «in parte d'accordo», il 21% del tutto, il 20% non molto, il 15 per niente.

Il sondaggio riguarda anche la fiducia sulle politiche d'occupazione giovanile del governo Renzi, con il 67% dei direttori del personale che dichiara di avere «abbastanza fiducia» e il 16% si dice «molto fiducioso». Analoga la percentuale di chi «non ha molta fiducia» (16%), mentre solo l'1% non ripone alcuna speranza. Tra i giovani laureati il 50% degli intervistati è «abbastanza fiducioso», il 9% ha «molta fiducia», il 32% «non ha molta fiducia», il 9% non ne ha «per niente». Infine una domanda sull'annunciata riduzione del cuneo fiscale, i 10 miliardi che dovrebbero andare a beneficio dei lavoratori con stipendi netti fino a 1.500 euro al mese che a partire dalla busta paga di maggio dovrebbero avere un incremento di mille euro su base annua. Questa proposta piace molto al 38% dei direttori del personale e al 34% dei giovani laureati, abbastanza al 47% dei primi e al 53% dei secondi.

mercoledì 19 marzo 2014

Jobs Act e il mercato del lavoro cosa c’è da sapere



Fondi per favorire l’occupazione dei giovani, riforma della cassa integrazione, correzione dei meccanismi che regolano i contratti a tempo determinato e dell’apprendistato. Tutto per sbloccare l’asfittico mercato del lavoro. Il menu è ricco, e risponde al principio di concentrare le risorse su tutto quello che può essere di stimolo alla crescita e ridurre all’osso l’assistenza pura. 

Contratti a termine per tre anni senza l’obbligo di inserire la causale e apprendistato più semplice subito con un decreto legge. E poi, con un disegno di legge delega, un «codice» semplificato del lavoro e un assegno universale di disoccupazione, l’addio alla cassa integrazione in deroga insieme alla riduzione dei contributi ordinari per tutti ma l’aumento per chi li utilizza di più la cig. Ecco, in sintesi, le misure contenute nel Jobs Act di Renzi.

Contratti a termine 

Per il contratto a termine viene elevata da 12 a 36 mesi la durata del primo rapporto di lavoro a tempo determinato per il quale non è richiesto il requisito della cosiddetta causalità (il motivo dell’assunzione), fissando il limite massimo del 20% per l’utilizzo.

Proroghe più semplici 

Inoltre c’è la possibilità di prorogare i contratti a termine più volte, mettendo così fine alla «tortura», come l’ha definita Poletti, delle interruzioni

Apprendistato 

Più semplificazione anche per l’apprendistato, prevedendo meno vincoli. Dunque senza l’obbligo di confermare i precedenti apprendisti prima di assumerne di nuovi. 

Retribuzione 

La retribuzione dell’apprendista, per la parte riferita alle ore di formazione, è pari al 35% della retribuzione del livello contrattuale di inquadramento.

Garanzia universale 
Il sussidio è inserito nel secondo braccio, cioè nel ddl delega. Ci vorranno almeno sei mesi. Assorbirà Aspi e mini Aspi e sarà «graduato in ragione del tempo in cui la persona ha lavorato». La cig in deroga andrà verso l’esaurimento.

Cassa integrazione 
Nel ddl delega si mantengono la cig ordinaria e straordinaria, introducendo però un «meccanismo premiante»: si abbassa il contributo di tutti ma si alza usa di più la cassa.

Meno forme contrattuali 
Il documento del governo prevede un riordino delle forme contrattuali: al momento sono 40, l’obiettivo è snellirle di molto

Tutele crescenti 
Questo snellimento potrà passare, tra l’altro, attraverso l’introduzione «eventualmente in via sperimentale, di ulteriori tipologie contrattuali espressamente volte a favorire l’inserimento nel mondo del lavoro, con tutele crescenti»

Smaterializzazione del Durc 
Sul fronte della semplificazione è prevista la smaterializzazione del Durc. Un intervento importante in considerazione del fatto che nel 2013 i Durc presentati sono stati circa 5 milioni

Garanzia giovani 
Parte dal primo maggio e riguarderà una platea potenziale di 900 mila persone con risorse per 1,5 miliardi.

In prima fila, naturalmente, ci sono i giovani che non hanno ancora avuto accesso al mercato del lavoro: per loro arriva la prima applicazione pratica della garanzia giovani europea, con uno stanziamento robusto: 1,7 miliardi che serviranno per offrire a tutti i giovani tra i 18 e i 29 anni un’occasione di lavoro o la possibilità di continuare gli studi. I servizi saranno disponibil grazie a un portale internet Garanzia giovani. Ha spiegato il ministro Giuliano Poletti «nessun italiano deve restare a casa ad aspettare, tutti devono avere un’occasione o un’occupazione. Essere inutili è una condanna ingiusta».

I benefici dovrebbero andare a tutto l’universo del lavoro precario, di quello in difficoltà e di quello che ancora non si trova. Così un decreto legge cambia le regole dei contratti a termine, che potranno durare tre anni senza l’obbligo di indicare una causale (il motivo dell’assunzione, fonte di complicazioni burocratiche) e l’apprendistato semplice. Accanto al decreto, un disegno di legge delega porterà alla scrittura di un codice semplificato del lavoro, introdurre un assegno di disoccupazione universale e dare l’addio alla cassa integrazione in deroga. Insieme con una riduzione dei contributi ordinari per tutti bilanciata da aumenti per chi invece usa di più la cassa. È il Jobs Act: dovrebbe favorire il rilancio dell’occupazione e di riformare gli ammortizzatori sociali.

Parola d’ordine, semplificazione. La possibilità di rinnovare più volte i contratti a termine dovrebbe mettere fine alla «tortura» - così l’ha definita Poletti - delle interruzioni. È «un buon modo per chi vuole assumere». Anche nell’apprendistato, ci saranno meno vincoli: niente obbligo, per assumere nuovi apprendisti, di confermare i precedenti. Per i disoccupati arriverà invece un trattamento universale, in cui confluiranno Aspi e mini Aspi: un assegno che sarà proporzionale alla durata dell’impiego che lo ha preceduto. 

Infine i servizi e le politiche attive per il lavoro, da rafforzare, e gli adempimenti, da ridurre. E il riordino delle forme contrattuali, che oggi sono circa 40. L’operazione di sfrondamento potrà passare, anche attraverso l’introduzione «eventualmente, in via sperimentale, di ulteriori tipologie contrattuali espressamente volte a favorire l’inserimento nel mondo del lavoro, con tutele crescenti» e, anche questo «eventualmente in via sperimentale, del compenso orario minimo, applicabile a tutti i rapporti di lavoro subordinato, previa consultazione delle parti sociali».

domenica 1 dicembre 2013

Apprendistato con formazione sia interna che esterna




L’apprendistato secondo la riforma del mercato del lavoro è visto come principale strumento per lo sviluppo professionale del lavoratore, individuando tale istituto come la «modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro».

L’apprendistato è, senz’altro, una risorsa strategica per i giovani e per gli imprenditori. Questo tipo di formazione professionalizzante prevede la possibilità di erogazione di particolari moduli di formazione all’interno dell’azienda o al suo esterno, presso società o enti di formazione accreditati.

Le regole per la formazione degli apprendisti sono un tema ancora poco compreso dal mercato del lavoro. Per i tanti interventi normativi degli ultimi anni, è molto diffuso il convincimento che questa parte del rapporto sia molto complessa. In realtà la complessità è minore di quanto si creda. Un apprendista assunto con il contratto professionalizzante deve oggi seguire la formazione secondo le regole previste dal contratto collettivo, che individua durata, contenuti e modalità del percorso.

Le Regioni hanno un ruolo solo di sostegno: se riescono, possono organizzare una formazione di base, aggiuntiva rispetto a quella aziendale. Ci sono quindi due canali, uno certo (la formazione aziendale, regolata dal Ccnl) e uno eventuale (la formazione pubblica, erogata dalle Regioni). Questa formazione è stata disciplinata dalle linee guida definite il 17 ottobre scorso dalla Conferenza Stato Regioni, e in attesa di approvazione definitiva (la prossima seduta della Conferenza è fissata al 5 dicembre), per tutti gli apprendisti assunti con contratto professionalizzante.

Secondo le linee guida, l'offerta formativa pubblica è obbligatoria solo se è disciplinata come tale nell'ambito della regolamentazione regionale, anche attraverso specifici accordi, ed è realmente disponibile per l'impresa e per l'apprendista. Se manca questo requisito, la formazione trasversale è comunque obbligatoria, se viene definita come tale dalla disciplina collettiva applicabile al rapporto.

 La formazione pubblica ha una durata variabile in funzione del titolo di studio dell'apprendista al momento dell'assunzione. Le linee guida regionali prevedono un totale di 120 ore di formazione nel triennio, per gli apprendisti senza un titolo di studio, o in possesso di licenza elementare o della sola licenza di scuola media. Il periodo scende a 80 ore, sempre nel triennio, per gli apprendisti in possesso di diploma di scuola superiore o di qualifica o diploma di istruzione e formazione professionale, e scende ancora a 40 ore totali nel triennio , per gli apprendisti che hanno una laurea o un titolo equivalente.

La durata può essere ulteriormente ridotta per gli apprendisti che hanno già completato, in precedenti rapporti di apprendistato, uno o più moduli formativi; la riduzione oraria del percorso coincide con la durata dei moduli già completati. Le linee guida definiscono anche i contenuti del percorso di formazione pubblica, che deve avere, indicativamente, come oggetto una o più competenze predefinite, che vanno dalla sicurezza sul lavoro alle nozioni sulla legislazione del lavoro. Le semplificazioni già in vigore L'intesa conferma poi le innovazioni previste dal Dl 76/2013, e già entrate in vigore. Il piano formativo individuale è obbligatorio soltanto per la formazione per l'acquisizione delle competenze tecnico-professionali e specialistiche.

In secondo luogo, l'impresa è tenuta a registrare sul libretto formativo del cittadino la formazione effettuata e la qualifica professionale eventualmente acquisita dall'apprendista ai fini contrattuali, e in mancanza viene usato il modello approvato con il decreto del ministro del Lavoro del 10 ottobre 2005 (ma viene fatta salva la possibilità di utilizzare la modulistica adottata dal contratto collettivo applicato). Infine, le imprese che hanno sedi in più Regioni, per l'offerta formativa pubblica possono adottare la disciplina della Regione dove si trova la sede legale.

Il contratto di apprendistato consente ai giovani di fare il primo passo nella mercato del lavoro sotto la guida e la supervisione di occhi esperti. Si tratta di una formula rivolta ai giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni, che delega all’azienda responsabile dell’assunzione il compito di monitorare e migliorare la formazione dell’apprendista attraverso un insegnamento di tipo pratico, tecnico-professionale.

I giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni possono essere assunti in tutti i settori di attività, siano essi pubblici o privati, con un contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere, con la finalità di conseguire una qualifica pienamente spendibile sul mercato del lavoro.

La formazione interna ed esterna prevista dal contratto di apprendistato è definita dalla regolamentazione regionale ed è finalizzata all’acquisizione delle competenze base e trasversali. Si affianca alla formazione sul campo, le cui specifiche sono definite dalla contrattazione collettiva ed è utile all’acquisizione delle competenze tecnico-professionali e specialistiche.

Nell’ambito della formazione per le competenze base e trasversali:

La formazione interna in apprendistato – è la formazione definita dalle Regioni, ma che viene gestita all’interno dell’azienda nella quale lavora l’apprendista. Il soggetto responsabile della formazione è il datore di lavoro. Questo tipo di formazione non è finanziata con risorse pubbliche.

La formazione esterna in apprendistato – è la formazione definita dalle Regioni e finanziata con fondi pubblici (nei limiti delle risorse disponibili). Questo tipo di formazione è a carico degli enti di formazione accreditati.




domenica 24 novembre 2013

Apprendistato la formazione scenderà in base al titolo scolastico


Le Regioni hanno approvato le linee guida destinate a uniformare l'offerta formativa per il contratto di mestiere.

Centoventi ore di formazione (in tre anni) per gli apprendisti privi di titolo di studio o in possesso di licenza elementare o media; si scende a 80 ore (da articolare sempre nell'arco di tre anni) per gli apprendisti in possesso del diploma (statale o di istruzione e formazione professionale). E se l'apprendista possiede la laurea (ma anche un master, un diploma di specializzazione, il dottorato di ricerca) la durata dell'offerta formativa pubblica scende ancora, e si ferma a 40 ore.

È la principale novità delle linee guida varate dalle Regioni per attuare le semplificazioni introdotte dal Dl 76/2013 sull'apprendistato professionalizzante. Le linee guida, proposte dalle regioni al Governo lo scorso 17 ottobre, dovrebbero ricevere il via libera formale nella Conferenza Stato-Regioni il 28 novembre 2013.

Sembra infatti che il Governo non abbia obiezioni sul testo proposto dalle regioni, che è peraltro in linea con le disposizioni del Dl 76. Sui percorsi scuola lavoro, con il decreto Carrozza (Dl 104/2013) arriva l'Erasmus in azienda: intese ad hoc tra università (escluse quelle telematiche) e imprese potranno promuovere progetti formativi congiunti per far svolgere agli studenti periodi di formazione nelle aziende sulla base di un contratto di apprendistato. Si punta poi a sostenere la diffusione dell'apprendistato di alta formazione nei percorsi Its (gli Istituti tecnici superiori, post diploma), anche attraverso incentivi finanziari previsti dalla programmazione regionale.

Si dovranno cioè trasferire al ragazzo competenze sulla sicurezza sul luogo di lavoro, l'organizzazione e la qualità aziendale, diritti e doveri del lavoratore e dell'impresa. Ma anche competenze digitali, sociali, civiche, spirito di iniziativa e imprenditorialità, elementi di base del mestiere. La formazione dovrà partire, di norma, nella fase iniziale dell'apprendistato e ci dovranno essere verifiche degli apprendimenti. Si prevede, inoltre, per le aziende che non si avvalgono dell'offerta formativa pubblica, di poter erogare direttamente la formazione per le competenze di base e trasversali. Ma devono disporre di "standard minimi": vale a dire, «luoghi idonei alla formazione» (distinti da quelli normalmente destinati alla produzione) e «risorse umane con adeguate capacità e competenze».

martedì 1 ottobre 2013

Mercato del lavoro: con l'apprendistato




L’apprendistato secondo la riforma del mercato del lavoro è visto come principale strumento per lo sviluppo professionale del lavoratore, individuando tale istituto come la «modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro».

Formazione più agile, costi leggeri, minori vincoli sulle stabilizzazioni. E ancora: ridurre la differenza territoriale dei percorsi formativi e rafforzare l'alto apprendistato nell’università.

Sono le mosse per rilanciare l'apprendistato, l'appesantimento dei costi determinato dalla riforma Fornero è il primo tema da rivedere nel dossier di interventi proposti dalle imprese, oltre alla necessità di spostare il fulcro della formazione dall'aula all'azienda. Dai sindacati, invece, si sollecita l'attuazione del repertorio nazionale delle qualifiche e il maggior coinvolgimento dei fondi interprofessionali.

In questo periodo sappiamo bene quanto sfuggire alla preoccupazione della disoccupazione sia arduo, in maggior misura per i giovani. Basti valutare che il deficit di posti di lavoro, negli ultimi cinque anni, è cresciuto in maniera esponenziale proprio tra le fila dei laureati, fino a sfiorare nel 2012 ben il 22,9 % dei neo-dottori. Senza contare che il mercato del lavoro si prospetta agli occhi di milioni di giovani, laureati e non, più complesso di quanto si possa immaginare. La natura dei contratti in circolazione è varia e difficile da capire e le nuove leve devono riuscire ad orientarsi senza rischiare di annegare come nelle sabbie mobili. Quello dell’apprendistato risulta essere una delle formule maggiormente rappresentative dell’ingresso nel mondo professionale non solo del nostro Paese, ma dell’Europa intera. Da una parte le aziende godono di forte agevolazioni fiscali che incentivano all’assunzione, dall’altra ai giovani viene garantita sia la formazione che una tutela paragonabile a quella degli altri contratti di lavoro subordinato.

Il contratto di apprendistato consente ai giovani di fare il primo passo nella mercato del lavoro sotto la guida e la supervisione di occhi esperti. Si tratta di una formula rivolta ai giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni, che delega all’azienda responsabile dell’assunzione il compito di monitorare e migliorare la formazione dell’apprendista attraverso un insegnamento di tipo pratico, tecnico-professionale. In questo modo viene garantita ai giovani una sorta di fase di transizione tra gli studi e il lavoro, in cui vengono preparati alle esigenze e alle regole del mercato, senza correre il rischio di disorientarsi o restare vittime dell’implacabile crisi occupazionale.

Esistono tre tipi fondamentali di contratto di apprendistato: quello per la qualifica e il diploma professionale, quello professionalizzante, e l’apprendistato di alta formazione e ricerca. Il primo si rivolge soprattutto agli adolescenti che abbiano almeno 15 anni, ha una durata massima di tre anni e consente, in un percorso di studio e lavoro, di conseguire una qualifica o diploma professionale. La seconda tipologia, invece, riguarda una fascia d’età superiore, compresa tra i 18 e i 29 anni, prevede un apprendimento di tipo tecnico-professionale e una formazione sul lavoro che può estendersi fino ad un massimo di 6 anni. Infine, l’apprendistato di alta formazione e ricerca è mirato all’acquisizione di un titolo di studio di livello secondario, di alta formazione, o per la specializzazione tecnica superiore. Anche in questo caso sono i giovani dai 18 ai 29 anni a poter essere assunti con quest’ultima formula di contratto.

Qualsiasi contratto di apprendistato si basa sulla disciplina previdenziale e assistenziale prevista dalla legge 25/1955, e assicura, pertanto, ai giovani apprendisti le garanzie di un normale lavoratore: assistenza per infortunio o sanitaria per malattie, congedo matrimoniale, indennità di maternità. L’apprendista viene assunto all’interno di un inquadramento, vale a dire grado, che non può essere inferiore di oltre due livelli rispetto a quello di chi svolge la stessa mansione all’interno dell’azienda. Inoltre, nel percorso di perfezionamento è prevista una regolare retribuzione mensile, non stabilibile in base a tariffe di cottimo. Questa tipologia di assunzione offre alle giovani generazioni l’opportunità di inserimento graduale e guidato nel mondo del lavoro, e consente loro di perfezionarsi nel corso di un’esperienza pratica, potendo contare su un compenso.

Nell’ambito dell’apprendistato e dei contratti somministrazione di lavoro sono stati chiariti i limiti di utilizzabilità. Ferma restando la possibilità di ricorrere a personale apprendista fornito da una agenzia di somministrazione – si prevede infatti che il datore di lavoro può assumere un dato numero di apprendisti direttamente o “indirettamente per il tramite delle agenzie di somministrazione di lavoro.


domenica 22 settembre 2013

Contratto di apprendistato in aumento



L'Inps con la circolare n. 128 del 2 novembre 2012 ha precisato che, secondo orientamenti del ministero del lavoro, lo sgravio può essere concesso in conformità alla regola comunitaria degli aiuti «de minimis». I datori di lavoro (piccole imprese) che occupano fino a nove addetti, e che dal 2012 al 2016 assumono apprendisti, hanno diritto allo sgravio del 100% dei contributi Inps per la durata di tre anni. L'agevolazione interessa esclusivamente i datori di lavoro che occupano un numero di addetti pari o inferiore a nove.

Aumenta il ricorso all'apprendistato: lo hanno utilizzato il 21,3% delle imprese (si era fermi al 18,4% nel 2011); e questo contratto viene usato dal 29,6% delle grandi aziende (nel 2011 tale quota era al 24,2%). Il contratto a tempo determinato ha una diffusione del 39,5%; il contratto di inserimento, cancellato dalla legge Fornero, del 2,1% (ma ha un tasso di conversione in contratto stabile del 43,6%).

L'analisi del mercato del lavoro 2012 pubblicata, dal Centro Studi di Confindustria mostra una notevole fotografia sulla struttura dell'occupazione nelle imprese. Il riferimento è il 2012 (sul 2011). C'è un aumento dell'apprendistato, anche se il peso di questo contratto (sul totale) resta modesto. A fine 2012 gli apprendisti rappresentavano l'1,4% dei lavoratori alle dipendenze; e di quelli occupati un anno prima, quasi un quarto sono stati trasformati a tempo indeterminato. Sempre nel 2012, poi, le trasformazione dei contratti a tempo in rapporti stabili hanno rappresentato il 33,5% del totale in essere a fine 2011. Il tasso di conversione raggiunge il 38,6% nell'industria, mentre si ferma al 23,9% nei servizi.

Ancora nel 2012 è cresciuto il tasso di trasformazione dei lavoratori somministrati (da 3,3% a 3,9%) e ancor più quello dei collaboratori a progetto (da 1,4% a 2,8%). Solo in lieve aumento l'utilizzo di questi contratti: l'incidenza dei lavoratori in somministrazione equivalenti a tempo pieno sul totale dell'occupazione alle dipendenze è stata del 2,4% (2,2% nel 2011); quella dei collaboratori ha raggiunto il 3,5% (6,1% nei servizi), dal 3,2% dell'anno prima.

Una caratteristica del rapporto di quest'anno del CsC è l'indagine sulle altre forme di flessibilità in uscita, la cui disciplina è stata modificata dalla legge 92. Per esempio, lo staff leasing, abolito nel 2007 e reintrodotto nel 2009, ha registrato nel 2012 una diffusione del tutto trascurabile: solo un'impresa su 250 vi ha fatto ricorso (una su 200 nell'industria). Marginale è stato anche l'utilizzo dell'associazione in partecipazione. Le collaborazioni occasionali, invece, sono usate da circa un'impresa su 10; come quelle a progetto, sono più diffuse nei servizi. Solo poco più elevata in media (una su sette) la quota di imprese che utilizzano lavoratori con partita Iva, i quali rappresentano il 3,1% della forza lavoro alle dipendenze nel totale dei settori, il 6% nei servizi. Anche il contratto intermittente è più utilizzato nei servizi (soprattutto nei trasporti), ma la sua incidenza sull'organico alle dipendenze è marginale.

Ricordiamo che al fine di incentivare la diffusione dell’apprendistato, la legge n. 183 del 12 novembre 2011 (legge di stabilità per il 2012, ha previsto all'art.22, comma 1 - a far data dal 1° gennaio 2012 e fino al 31 dicembre 2016 - lo sgravio contributivo totale per le assunzioni di apprendisti effettuate da datori di lavoro che occupano alle proprie dipendenze un numero di addetti pari o inferiore a nove per i primi tre anni di svolgimento del contratto. Per gli anni successivi, il datore di lavoro è invece tenuto a versare l’aliquota del 10%, ordinariamente prevista per tutti i contratti di apprendistato.


domenica 11 agosto 2013

Apprendistato nel settore dell'Agricoltura: assunzione a contributi zero




L’Inps, con circolare n. 116 del 1 agosto 2013 ha fornito informazioni sull’apprendistato nel settore agricolo. La Legge 12 novembre 2011 n. 183 ha previsto, all’articolo 22, l’azzeramento dei contributi a carico del datore di lavoro per i contratti di apprendistato stipulati dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2016 da datori di lavoro che occupano fino a nove dipendenti.

L’articolo 22 della Legge n. 183 del 12 novembre 2011 (T.U. dell’apprendistato) ha previsto assunzioni agevolate per gli apprendisti nel settore dell’agricoltura. Più in particolare per le imprese agricole che stipulino contratti di apprendistato professionalizzante o di mestiere verranno concessi sgravi contributivi che porteranno a zero i contributi a carico del datore di lavoro. In questi giorni l’INPS è intervenuto in merito a tali agevolazioni con la circolare n.116 fornendo chiarimenti e istruzioni sugli adempimenti delle aziende e sulla compilazione delle dichiarazioni trimestrali – modello DMAG – della manodopera occupata dai datori di lavoro agricolo con contratto di apprendistato (consulta tutte le assunzioni agevolate).

Le imprese agricole destinatarie dello sgravio contributivo sono quelle che impiegano fino a nove dipendenti. L’azzeramento dei contributi a carico del datore di lavoro verrà concesso per i soli contratti di apprendistato nel settore agricolo stipulati a partire dal 1° gennaio 2012 e fino al 31 dicembre 2016 (scopri di più sul contratto di apprendistato).
Contratto di apprendistato

Per quanto riguarda il contratto di apprendistato, questo dovrà avere una durata minima non inferiore ai 6 mesi e massima che varia da 24 mesi (per gli operai della terza area) a 36 mesi e prevedere un percorso di crescita professionale, con divisione del periodo di apprendistato in 3 blocchi, a cui corrispondono i livelli di inquadramento iniziale, intermedio e finale ed i relativi trattamenti economici. Per quanto riguarda l’apprendistato stagionale, questo dovrà avere durata non inferiore a 4 mesi consecutivi, da svolgere in un arco temporale di 48 mesi dal giorno di instaurazione del primo rapporto.

giovedì 25 luglio 2013

Expo 2015 i nuovi contratti di lavoro a partire dal 2014


La società di gestione dell’evento e i sindacati li hanno presentati. I posti di lavoro promessi sono 835 tra lavoro a termine, apprendistato e stage. Tali contratti riguardano esclusivamente le attività Expo 2015 Spa, da realizzare nel sito espositivo, assistenza ai turisti, gestione dei flussi di visitatori e delle tecnologie che governeranno il sito. O, ancora, la pianificazione di servizi nel perimetro dell’area espositiva. Sono esclusi i lavori di edificazione dei padiglioni.

Maggiore flessibilità sul lavoro e un modello che può essere confermato anche a livello nazionale per l'organizzazione di grandi eventi. Expo 2015 Spa ha firmato con i rappresentanti dei sindacati il protocollo che disciplina le modalità di assunzione e impiego del personale.

Sono più di 800 i contratti di lavoro che la società Expo stipulerà per l'assunzione e l'impiego di personale per i sei mesi dell'esposizione universale. Il protocollo firmato individua un accordo sulle forme di flessibilità che possono essere applicate all'apprendistato, al contratto a tempo determinato e allo stage.

Per quanto riguarda i contratti di apprendistato la società Expo assumerà 340 giovani di età inferiore ai 29 anni: per questa tipologia contrattuale sono state introdotte nuove figure professionali come operatore grandi eventi, specialità grandi eventi e tecnico sistemi di gestione con specifici piani formativi. Il contratto a tempo determinato riguarderà circa 300 persone che saranno individuate partendo dalle liste di mobilità e di disoccupazione. Sul fronte stage ci saranno un totale di 195 persone per i quali è previsto un rimborso spese mensile di 516 euro e buoni pasto.

Queste assunzioni "vengono fatte attraverso la flessibilità - ha spiegato l'amministratore delegato di Expo 2015 Giuseppe Sala a margine della firma - e non sarebbero state possibili con le regole attuali". Infine i volontari, quindi non si parla di lavoro subordinato, che saranno circa 475 al giorno e si renderanno disponibili per turni di 5 ore. Saranno 18.500 i volontari totali di Expo Milano 2015. Questo modello "a partire da Expo lo mettiamo a disposizione del territorio e del Paese - ha aggiunto Sala - anche il premier Enrico Letta e il ministro del Lavoro Enrico Giovannini con cui ho parlato riscontrano il passo avanti fatto con questa piattaforma di accordo". Soddisfazione per l'accordo è stata espressa anche dai sindacati che hanno auspicato che questa modalità possa essere un primo tassello per un disegno più organico.

I contratti a tempo determinato inizieranno nel 2014, le altre formule nel 2015.
Il protocollo punta a introdurre procedure più snelle sul lavoro, tema già affrontato a inizio luglio al Forum delle Regioni a Palazzo Lombardia, e potrebbe costituire un modello da replicare in ambito nazionale per i Grandi Eventi. Una parte specifica sarà dedicata alle norme in materia di legalità, tutela e sicurezza sul lavoro prevedendo un comitato di monitoraggio e la presenza coordinata all'interno del sito espositivo.

Ai nuovi contratti di lavoro si uniranno circa 18.500 volontari, destinati principalmente all’accoglienza dei visitatori: potranno alternarsi su turni di cinque ore al giorno, con un impiego massimo di due settimane ciascuno, per un fabbisogno giornaliero di 475 persone. Con i volontari «si chiude il fabbisogno per la società», ha spiegato Sala, «ma non le opportunità che offrirà l’esposizione»: sono infatti oltre 4 mila, secondo quanto previsto nel piano per la sicurezza, i lavoratori che potranno essere contemporaneamente presenti sul sito. Soddisfatti Sala e i rappresentanti sindacali per l’accordo raggiunto, di cui è stato informato il governo: «Ho parlato con il presidente Letta e con il ministro Giovannini - ha spiegato Sala - che hanno espresso soddisfazione per la piattaforma che abbiamo costruito con questo accordo».

sabato 20 luglio 2013

Opportunità di lavoro Eataly con il programma Amva 2013

Eataly offre lavoro e promette di essere una struttura innovativa, ma soprattutto in controtendenza con un’Italia che vista dall’esterno sembra non riuscire più a crescere dal punto di vista imprenditoriale.

Le figure professionali ricercate vanno dalle commesse, ai cassieri, dagli addetti al magazzino agli esperti per il banco pesce e macelleria. E ancora figure di cuoco, camerieri, assistenti alla cucina, esperti nel settore della ristorazione.

Quindi conoscere un mestiere in un settore con molte opportunità e che rappresenta una delle massime espressioni del made in Italy. E' quanto offre la bottega 'Sapere è sapore', che è nata da una partnership tra Italia Lavoro, agenzia tecnica del ministero del Welfare per le politiche dell'occupazione.
Eataly, è una azienda leader nella ristorazione, nell'enogastronomia e nell'agroalimentare.

L'iniziativa è stata presentata nella sede di Eataly, dal patron della catena alimentare, Oscar Farinetti, e dal presidente e amministratore delegato di Italia Lavoro, Paolo Reboani.

Opportunità di lavoro che nasce nell'ambito del programma Amva (Apprendistato e mestieri a vocazione artigianale), ha l'obiettivo di formare i giovani in cerca di occupazione tra i 18 e i 28 anni, attraverso percorsi di tirocinio 'on the job' nei settori della tradizione italiana. E Eataly partecipa all'iniziativa con la bottega 'Sapere è sapore', offrendo così l'opportunità di dare a 20 ragazzi precise competenze legate all'arte culinaria e alla ristorazione.

La metodologia di formazione è un mix d'aula e di esperienza 'on the job'. Nella fase teorica, i tirocinanti affrontano i seguenti argomenti: salute e sicurezza, diritti e doveri (del datore di lavoro e del lavoratore), presentazione dell'azienda, procedure di lavoro, comunicazione e advertising, formazione del prodotto.

Dal terzo giorno i tirocinanti verranno inseriti nei vari ristoranti di Eataly, dove potranno osservare i metodi della preparazione del cibo e avranno la possibilità di collaborare fattivamente al processo produttivo.

Gli utili di un’azienda, sostiene lo stesso Oscar Farinetti, vanno distribuiti tra i propri dipendenti per aumentare ed accrescere la passione per il proprio operato. La consuetudine è nemica dei lavori abitudinari. Svolgere un lavoro ad Eataly rende tutti i dipendenti consapevoli del fatto che è il lavoro individuale svolto bene che porta ad ottenere risultati per tutta la squadra.

domenica 23 giugno 2013

Riforma del Lavoro: i dettagli del Pacchetto del Governo Letta

Piano lavoro pronto per mercoledì 26 giugno 2013. Allo studio una maggiore flessibilità dei contratti a termine, una revisione dell'apprendistato e interventi per incentivare le assunzioni dei giovani.

Il ministro del lavoro Enrico Giovannini starebbe predisponendo insieme ai tecnici del dicastero innanzitutto misure a costo zero che vanno in direzione di una maggiore flessibilità (ancora) per i contratti a termine. Poi l’omogeneizzazione delle regole sull’apprendistato e interventi che mirino a incentivare le assunzioni dei giovani utilizzando la leva fiscale, con il meccanismo del credito d’imposta.

Conto alla rovescia per il Decreto del governo sul Lavoro, mentre il dibattito sulle modifiche da apportare alla Riforma Fornero resta molto aperto: il CdM sul Pacchetto Lavoro è atteso entro il vertice di Bruxelles del 28 giugno.

Alla tavola rotonda “Tecnici a confronto” svolta al Festival del Lavoro di Fiuggi si sono levati spunti e previsioni sui piani del Governo:

Contratti a termine: Paolo Pennesi, Direttore generale per l’area ispettiva, ha affermato che non ci saranno stravolgimenti. Molto improbabile un cambiamento sulla durata del contratto senza causale (un anno, secondo la riforma), anche se non si esclude un intervento su giovani (under 30) e over 50, per i quali si pensa a un’estensione a 18 mesi. Possibili anche nuovi spazi per la contrattazione collettiva sui contratti senza causale. Praticamente certa la riduzione degli intervalli fra un contratto e l’altro (probabilmente a 20-30 giorni).

Apprendistato: Il vice direttore dell’area ispettiva, Danilo Papa, anticipa possibili interventi sulla formazione trasversale, prevedendo che «fino al 2015 si privilegerà la formazione contrattuale».

Contratto a progetto: i tecnici del ministero ritengono che le modifiche potrebbero riguardare un ammorbidimento del divieto di instaurarlo per mansioni ripetitive ed esecutive.

Lavoro a chiamata: attesa una proroga a fine anno del regime transitorio che termina il 18 luglio 2013 (i contratti non in regole cesseranno di essere validi) per temporeggiare fin dopo l’estate.

Il 18 giugno c’è stato un incontro fra il ministro Giovannini e i rappresentanti di imprese e PMI (Confindustria, Abi, Rete Imprese Italia, Agrinsieme, Coldiretti e Alleanza Coop). Al termine, Rete Imprese Italia ha anticipato che «le prime misure annunciate dal ministro vanno nella giusta direzione evidenziando l’importanza, soprattutto in questa fase, di non esitare sulla flessibilità in entrata e sugli interventi che occorrono al mercato del lavoro».

In commissione alla Camera è partita un’indagine conoscitiva sull’emergenza occupazionale con particolare riguardo alla disoccupazione giovanile, che terminerà entro il 31 luglio. Due i filoni all’attenzione dei deputati:
1.cuneo fiscale
2.correttivi alla riforma Fornero.

Previste le audizioni di consulenti del lavoro, Istat, Cnel, Italia lavoro,  assessorati regionali al lavoro, sindacati, organizzazioni datoriali, cooperative, docenti universitari. Un percorso conoscitivo che, ha sottolineato il presidente della Commissione Cesare Damiano, porterà a «costruire un quadro chiaro dei bisogni urgenti del paese» e, in relazione alla riforma Fornero (Legge 92/2012, vai allo speciale) a «capire fino in fondo quali siano stati gli effetti dei mutamenti normativi, per poter intervenire chirurgicamente sulle disfunzioni rilevate dalle parti sociali», come dichiarato a Fiuggi.

Di cuneo fiscale «parleremo in occasione della Legge di Stabilità, non in questo momento» ha invece avvertito il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini a margine del Consiglio Ue in Lussemburgo. Negli ultimi giorni erano arrivate sollecitazioni a occuparsi del costo del lavoro da parte degli industriali, a partire dal presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi: «fra IVA e IMU il vero problema è il costo del lavoro».

Dopo le dichiarazioni del governo che rinviano il tutto all’autunno, Squinzi ha commentato: «riflettere, fare l’inventario e l’analisi dei problemi mi sembra un metodo che può essere anche corretto, purché poi alla fine si prendano le decisioni vere, perché tutto ci possiamo permettere, tranne che continuare a ritardare le decisioni». Traduzione: entro fine anno il taglio del cuneo fiscale deve arrivare.

domenica 26 maggio 2013

Enrico Giovannini e il piano per il lavoro in attesa del Consiglio europeo di giugno

Si parte dal cosiddetto pacchetto di Bruxelles, dove ci sono una serie di misure al vaglio dei tecnici che costano: un nuovo rifinanziamento della cassa integrazione guadagni (cig in deroga) in vista di una rivisitazione dei meccanismi di concessione dell’ammortizzatore; il potenziamento dei centri per l’impiego; l’intervento sul cuneo fiscale e le agevolazioni contributive per i neo assunti. Sul tavolo c’è anche un credito di imposta per i salari bassi.

Si sta studiando l’efficacia e la fattibilità di un’altra misura, sulla quale spingono molto anche gli industriali: la staffetta generazionale. «Nel passato era molto usato in alcuni settori tra padri e figli. Noi pensiamo a uno strumento generalizzato per tutte le categorie. Non è facile costruire gli incentivi giusti. È un’operazione costosa, ma possibile» ha detto Giovannini. Si calcola che per centomila staffette serva un miliardo di euro. La scelta se attuare prima una misura piuttosto che un’altra dipenderà anche dai margini di flessibilità che ci consentirà Bruxelles, argomento che il premier Letta vorrebbe portare al Consiglio europeo di fine giugno.

Il lavoro giovanile è il tema centrale al vertice di giugno. E un mese di tempo per mettere a punto misure concrete e lavorare anche in Italia contro la disoccupazione per creare una vera e propria "massa critica" in grado di sconfiggere quello che è ormai diventato "l'incubo del nostro tempo". Enrico Letta ha lasciato Bruxelles appagato, dopo aver incassato, nel suo primo Consiglio europeo da premier, il sì del presidente Ue Hermann Van Rompuy alla richiesta italiana di porre al centro dell'appuntamento di giugno le misure per sconfiggere la disoccupazione giovanile e ottenuto anche un riconoscimento del presidente del parlamento Ue Martin Schulz: "quando lo ascolto sono ottimista sul fatto che esistono veri europeisti". Insomma Letta nonostante "l'emozione del battesimo" porta subito a casa un risultato e il riconoscimento della necessità di un cambio di rotta. Ricordiamo, inoltre, che nella Berlino di Angela Merkel verrà organizzato il 3 luglio un vertice di tutti i ministri del lavoro dei 27 per mettere a confronto proposte e interventi per creare posti di lavoro.

"Contratti a termine e apprendisti: ecco il piano per i giovani annunciato dal ministro del lavoro. Decreto a fine giugno. Revisioni delle pensioni dopo la fine dell'estate". Il ministro del Lavoro,Giovannini, spiegando il suo progetto per l'occupazione dei giovani, afferma che la riduzione degli intervalli tra un contratto a termine e l'altro, "arriverà con altre misure con un decreto legge che il governo porterà in Consiglio dei ministri tra la fine di giugno e i primi di luglio" e che probabilmente, si tornerà ai 10/20 giorni prima della riforma Fornero. Nel piano c'è anche l'apprendistato" che consente flessibilità ma in vista di un'assunzione.

venerdì 24 maggio 2013

Governo: per il lavoro un piano per i giovani che partirà con l’estate 2013

Un piano articolato» da presentare entro giugno con «alcune misure a costo zero a breve termine» e altre costose da verificare con le compatibilità di bilancio. Poi «a medio termine» arriverà, aiutati anche dalla ripresa, il progetto per «ridistribuire meglio il lavoro». Così il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, con un’intervista. Obiettivo: riportare la percentuale ”incubo” (quel 38,4% di giovani senza lavoro) a livelli decisamente più accettabili. Farla scendere di almeno 8 punti percentuali, creare circa centomila nuovi posti di lavoro.

Un decreto legge per rivedere la riforma Fornero dell'estate scorsa, restituendo flessibilità ai contratti a termine. E poi la vera fase due per provare a risollevare l'occupazione giovanile puntando prima di tutto sulla staffetta generazionale, il meccanismo che agevola l'uscita dal lavoro degli anziani in cambio dell'ingresso dei giovani e che potrebbe riguardare anche i dipendenti pubblici. Aggiungendo gli incentivi per le imprese che assumono giovani, il credito d'imposta per sostenere le buste paga dei dipendenti a basso reddito, un minimo di flessibilità nell'altra riforma Fornero, quella delle pensioni, e la rivoluzione dei centri dell'impiego che dovrebbero agganciare il meccanismo (e i soldi) dell'Europa per la cosiddetta Youth Guarantee, progetto europeo mirato alla formazione e all'impiego degli under 25.

Il ministro del Lavoro sta approfondendo il suo corposo dossier. Alcuni passaggi sono ancora da valutare, restano molti nodi da sciogliere. Anche perché se alcune misure, poche, sono a costo zero, la maggior parte ha bisogno di una copertura. Per questo il grado di avanzamento di ogni singolo capitolo dipende dalla decisione che l'Unione europea prenderà a breve sulla golden rule, la possibilità di non tener conto degli investimenti pubblici produttivi, come i fondi per l'occupazione, dal calcolo del deficit.

Regole più semplici, per favorire l'ingresso nel mercato del lavoro e migliorare la formazione, sempre con l'obiettivo di aumentare l'occupazione. Su questo tasto insisteranno le imprese.

Il neo ministro ha convocato le parti sociali, Confindustria, Abi, Ania, Rete Imprese Italia, Alleanza delle coop, insieme a sindacati Cgil, Cisl, Uil e Ugl, per ascoltare le loro riflessioni, prima di intervenire su quella che chiama la «manutenzione» della legge Fornero. Un modo elegante per smarcarsi dall'eredità del suo predecessore, con la volontà comunque di rimediare agli effetti controproducenti che la legge dell'anno scorso ha prodotti sul mercato del lavoro.

Costo zero, è il vincolo immediato per il governo. Prima che si possano sbloccare le risorse europee previste per la Youth Guarantee. Tra le richieste delle imprese, su cui il sindacato non si metterebbe di traverso, ci sono una serie di semplificazioni che non necessitano di risorse: per esempio sui contratti a termine ciò che i rappresentanti di Confindustria diranno domani a Giovannini è di tornare a 10-20 giorni di intervallo per il rinnovo. Intervallo che andrebbe annullato nei casi di contratto a termine per ragioni sostitutive. Vanno agevolate le proroghe, aumentandone il numero o mettendo come unica condizione il sussistere di ragioni oggettive.

Inoltre secondo le imprese andrebbe prevista una libera prorogabilità fino a 18-24 mesi del primo contratto senza indicazione della causale. Dovrebbe anche sussistere una presenza stabile di contratti a termine "acausali" in ogni unità produttiva in un limite percentuale prefissato sulla totalità dei rapporti a tempo indeterminato (ora è al 6%, ma non è realmente utilizzabile), da stabilire nei contratti, anche aziendali. Andrebbe anche chiarito che i contratti aziendali possono disciplinare la materia del lavoro intermittente.

Sull'apprendistato, che andrebbe maggiormente diffuso, bisognerebbe introdurre un patto di prova generalizzato di 6 mesi, prevedere come tutela in caso di licenziamento in corso di apprendistato solo un indennizzo, alleggerire totalmente il carico contributivo (con la Fornero all'1,4), riportandolo a come era prima (cifra fissa e sostanzialmente simbolica). Inoltre dovrebbero essere i contratti a fissare eventuali percentuali di conferma degli apprendisti, magari indicando, in via transitoria per il periodo di crisi, una percentuale molto bassa.

La riforma degli ammortizzatori, Cig in deroga in testa, la conclusione della partita sugli esodati. E i correttivi in chiave flessibilità da apportare al sistema pensionistico per consentire, con un intervento in autunno o al più tardi entro la fine dell'anno, il pensionamento a 62 anni seppure con forti penalizzazioni.

L'obiettivo è di arginare la disoccupazione e favorire l'assunzione dei giovani resta il tema centrale del confronto. Ma soprattutto il nodo ammortizzatori è destinato a fare capolino più volte al tavolo. Con la Cig in deroga che da giugno diventerà maggiormente selettiva in attesa della riforma complessiva. Che, insieme alle misure sulle "pensioni flessibili", sarà agganciata al piano occupazione con un programma di interventi a tappe.

I sindacati torneranno a ribadire che il miliardo appena stanziato dall'esecutivo per la Cig in deroga è insufficiente. Proprio per la concessione della Cassa integrazione dovranno essere individuati criteri maggiormente selettivi già entro un mese (a giugno) con un decreto interministeriale previsto dal decreto legge Imu-Cig varato venerdì scorso dal Governo. E un'opzione sul tavolo è quella di un maggiore coinvolgimento delle Regioni con il ricorso a criteri uniformi a livello territoriale per la concessione degli ammortizzatori a differenza di quanto accade attualmente.
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