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sabato 8 febbraio 2014

Inps, un piano di accorpamento




Le dimissioni di Antonio Mastrapasqua arrivano in un momento decisivo per il nuovo Inps. Entro la fine di marzo il commissario straordinario che gli succederà dovrà presentare al ministro Enrico Giovannini il piano industriale 2014-2016, il documento con gli obiettivi e il cronoprogramma finale del processo di incorporazione di Inpdap ed Enpals partito due anni fa.

Un "ultimo miglio" fitto di scelte importanti, destinate a pesare sul funzionamento della più grande tecnostruttura amministrativa italiana, con un bilancio secondo solo a quello dello Stato e responsabile di un insieme di prestazioni e servizi che non ha pari in nessun altro ente previdenziale pubblico unico europeo.

Le linee guida di quel piano sono contenute in una missiva che Mastrapasqua ha inviato al direttore generale, Mauro Nori, all'inizio di gennaio. Un documento anticipato dal Sole 24 Ore una ventina di giorni fa e che ora diventa il lascito di una gestione durata più di cinque anni, chiamata a confrontarsi con tre diversi governi e un susseguirsi di piani emergenziali fatti di tagli lineari sui costi di funzionamento dell'Istituto.


Che cosa voleva Mastrapasqua? Una struttura di vertice più compatta, con 31 dirigenti generali (più 17 con incarichi di studio e ricerca riassorbibili con i pensionamenti dei responsabili operativi) contro i 56 di partenza, un dimezzamento delle direzioni centrali a 15, la prospettiva di estendere la funzionalità della centrale unica acquisti all'intero ente con il varo dei nuovi regolamenti di contabilità e un complessivo ridisegno della rete delle sedi territoriali. E ancora: una rimappatura "georefenziata" delle sedi territoriali, misurata sulle nuove esigenze socio-economiche dei diversi distretti e capace di innescare il massimo di sinergie possibili con Agenzia delle entrate, Equitalia e Inail, l'altro grande Istituto nazionale del Welfare a sua volta impegnato nell'attuazione di un piano industriale frutto delle ultime incorporazioni di enti assicurativi pubblici minori.

Parte del patrimonio immobiliare controllato da Inps (il valore è di 3,2 miliardi) verrebbe valorizzato anche (non solo) con questa riconfigurazione, che tra l'altro riguarda il perimetro dove è operativo oltre il 90% dei dipendenti del nuovo Inps, circa 33mila, di cui 25.800 nel solo aggregato ex Inps pre-incorporazioni (sono il 23% in meno rispetto a dieci anni fa, come ha fatto notare ancora recentemente la Corte dei conti).

È un piano che correrà in parallelo e senza sovrapporsi ai famosi 25 tavoli attivati dal commissario per la spending review, Carlo Cottarelli. Inps da quest'anno dovrà già garantire i 515 milioni di minore spesa di funzionamento che erano stati previsti dalla vecchia spendi review di Enrico Bondi e dai tagli successivi; una riduzione che supera il 12% dell'insieme dei costi di gestione. Al suo successore Mastrapasqua lascia anche un'altra eredità importante: la possibilità di gestire la programmazione contabile e di bilancio del nuovo Inps con la certezza che le vecchie anticipazioni alla Ctps dell'Inpdap (25,2 miliardi) non dovranno essere più restituite al Tesoro.

Lo aveva chiesto lo stesso Mastrapasqua a novembre, con la legge di stabilità in discussione, quel «chiarimento nella rappresentazione contabile dell'Istituto» che il legislatore ha poi adottato e che consentirà ora il pieno recupero delle perdite patrimoniali che erano state stimate. Cinque anni fa, quando Antonio Mastrapasqua venne nominato commissario straordinario dell'Inps in Italia erano attivi cinque entri previdenziali che oggi non esistono più (Sportass, Ipost, Enam, Inpdap ed Enpals), oltre a varie gestioni previdenziali poi razionalizzate nell'Istituto.

E in questi cinque anni le regole della nostra previdenza pubblica sono state ritoccate costantemente, fino all'ultima riforma Fornero del 2011. Quello di Mastrapasqua è stato un esercizio complesso, che ora viene inevitabilmente compromesso dalle ombre del conflitto di interessi e delle inchieste. All'Inps si aprirà una fase nuova: trasparenza e nitidezza di comportamenti aiuteranno di sicuro a portare avanti il difficile compito di dare agli italiani un minimo di sicurezza sulle loro pensioni.

sabato 1 febbraio 2014

Mastrapasqua si dimette dalla presidenza Inps. L’uomo con venticinque incarichi



Il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, ha ricevuto le dimissioni di Antonio Mastrapasqua dall'incarico di Presidente dell'INPS.

Per Letta, "questa scelta credo sia saggia e giusta, e ha colto l'iniziativa" presa ieri dal governo e "la norma decisa ieri" perché "non si possono assumere incarichi così rilevanti senza esclusività". "Voglio dare atto del suo lavoro in questi anni, fatto in modo corretto", ha proseguito il presidente del Consiglio, ricordando passaggi importanti quali l'unificazione tra Inpdap e Inps. Il premier, poi,  è quindi tornato ad auspicare che per la nuova "governance ci sia un'accelerazione dei tempi".

Il Governo, infatti, ricorda la nota, ha deciso di accelerare il processo di ridisegno della governance dell'Inps e dell'Inail e ha approvato un disegno di legge per disciplinare l'incompatibilità per tutte le posizioni di vertice degli enti pubblici nazionali, prevedendo, per quelli di particolare rilevanza, un regime di esclusività volta a prevenire situazioni di conflitto d'interesse. "Il Ministro, nell'esprimere, anche a nome del Governo, apprezzamento per la sensibilità dimostrata dal Dott. Mastrapasqua, - conclude la nota - lo ringrazia per il lavoro svolto in questi anni per il rinnovamento dell'Inps e il complesso processo di riorganizzazione dell'Ente derivante dall'incorporazione dell'Inpdap e dell'Enpals".

I possibili successori. Sarebbe Tiziano Treu il candidato più forte alla presidenza dell'Inps, come successore di Antonio Mastrapasqua dimessosi oggi. Secondo quanto si apprende dall'Agi, l'ex ministro del Lavoro (nominato durante il governo Dini e confermato da Prodi) rappresenterebbe in il nome più papabile e anche autorevole per guidare l'Istituto in vista della riforma della governance. In quota anche Raffaele Bonanni, attuale segretario della Cisl anche se sarebbe al momento il candidato più "debole". Il suo nome era circolato invece quando è scoppiato il caso Mastrapasqua ma sull'attuale direttore generale Mauro Nori, non sembrano al momento concentrarsi i consensi perché considerato troppo tecnico.


domenica 12 gennaio 2014

Ipotesi contratto unico di lavoro e assegno universale



Le ipotesi sul lavoro e delle pensioni riaprono i battenti. Dopo il varo della riforma Fornero sono rimasti chiuse le questioni previdenziali. Il del Jobs act annunciato da Matteo Renzi, che poggia sul contratto unico e l'assegno universale per chi perde il lavoro, e della revisione della spesa (spending review) targata Carlo Cottarelli. Grazie alla quale potrebbe scattare un intervento sulle pensioni medio alte con connotazione retributiva e sui trattamenti di reversibilità in relazione al passaggio al metodo contributivo.

La bozza di Jobs act oltre al contratto unico e all'assegno universale per chi perde lavoro prevede un drastico snellimento del codice del lavoro da realizzare in otto mesi, singoli piano industriali per sette settori chiave, tra cui edilizia e servizi per il nuovo Welfare, e la riduzione dell'Irap per le imprese facendo leva su un aumento delle tasse sulle rendite finanziarie. «La proposta di Renzi sulla natura dei contratti e le tutele ad essi collegati non è nuova, ma va dettagliata meglio», ha detto questa il ministro del Lavoro Enrico Giovannini «Noi adesso abbiamo ogni trimestre circa 400mila assunzioni a tempo indeterminato e circa 1,6 milioni a tempo determinato. Allora – ha proseguito Giovannini – riuscire a trasformare contratti precari in contratti di più lunga durata è un obiettivo assolutamente condivisibile, che però in un momento di grande incertezza come questo molte imprese siano disponibili ad andare in questa direzione è un fatto da verificare. C'è poi da dire che molte delle proposte presentate da Renzi in questa lista prevedono investimenti consistenti».

Anche per quanto riguarda le pensioni esistono delle possibili novità: ci saranno anche dei provvedimenti specifici per gli esodati da attuare in un'unica tranche oppure poco per volta. Interventi di sostegno che dovrebbero andare ad aggiungersi alle misure di tutela già previste dall'ultima legge di stabilità: il salvataggio per il 2014 di altri 17mila soggetti oltre ai 6mila indicati in prima battuta. E sempre nella direzione della "tutela" si colloca il pacchetto al quale sta lavorando il ministro del lavoro che prevedrebbe la possibilità di riconoscere con un anticipo di 2 o 3 anni la pensione maturata a lavoratori rimasti senza impiego e senza ammortizzatore sociale con almeno 62 ani di età e 35 di contributi. Una sorta di "prestito previdenziale" su cui il Governo potrebbe confrontarsi con le parti sociali entro fine mese. Tra i capitoli nel mirino di Cottarelli anche quello delle pensioni medio-alte, a partire da quelle con connotazione retributiva (calcolate sulla base dello stipendio e non solo dei contributi versati).

L'Europa promuove il piano Renzi sul lavoro. Alcuni dei punti chiave del Jobs act  - spiega il commissario Ue al Lavoro Lazlo Andor, durante una conferenza stampa a Roma - appaiono in linea con le raccomandazioni Ue sul mercato del lavoro. Andor sottolinea che la proposta andrà comunque valutata nei dettagli.

Sul capitolo lavoro, Letta lavora ad alcune sue proposte, da integrare con quelle del segretario. In questi giorni ha incontrato il ministro Giovannini. Tra le soluzioni caldeggiate sia dal presidente del Consiglio sia da Renzi - su cui i due potrebbero trovare un'intesa - il potenziamento dei servizi per l'impiego, l'aumento delle tutele con l'obiettivo di introdurre un sostegno di inclusione attiva e la necessità di mettere ordine nei contratti. Aprono alcuni esponenti dell'esecutivo, e allo stesso tempo segnalano la necessità di individuare le coperture: «C'è poi da dire che molte delle proposte presentate da Renzi in questa lista prevedono investimenti consistenti», aggiunge il ministro. Sullo stesso tono le osservazioni del ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato: «I punti sono tutti sollevati in modo corretto e li condivido in toto, bisogna però risolvere un problema non banale, che è quello delle coperture».

Un'apertura al Jobs Act arriva anche dalla Cisl. «Ne dobbiamo discutere ma siamo tendenzialmente favorevoli», afferma il segretario Raffaele Bonanni, intervistato da Skytg24. Secondo Bonanni la "flessibilità" va bene «a patto che venga pagata di più» e piace l'idea «di dare forza a un solo contratto ed eliminare quei contratti civetta che servono solo per pagare meno le persone, specie giovani».

Più tiepida la reazione della Cgil, che però apre al confronto: «avremmo sperato in una maggior ambizione, a partire ad esempio dalla creazione del lavoro o dalle risorse, penso alla patrimoniale, ma è già importante che il tema del lavoro sia tornato al centro», ha dichiarato il segretario generale della Cgil Susanna Camusso. «Non possiamo che salutare con favore - ha aggiunto la sindacalista - che il dibattito politico finalmente abbia ripreso a parlare di lavoro e che il più grande partito del centrosinistra si stia impegnando a fare delle proposte». A seguire un inaspettato riconoscimento a Renzi: «Che si dica esplicitamente che bisogna ridurre le forme del lavoro è una novità assolutamente inaspettata: fino ad oggi lo dicevamo solo noi».

martedì 24 dicembre 2013

Lavoro: il ministro Giovannini, e la di proposta di Matteo Renzi sul contratto unico




Il governo è pronto ad una accelerazione sui temi del lavoro. A garantire un impegno forte già da gennaio è il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, che però frena Renzi. «La proposta del contratto unico - spiega - è una delle vie possibili, ma non è l’unica».

Su neoassunti non è idea nuova. ''Questa non è una proposta nuova: riuscire a rendere più stabile il lavoro è una delle esigenze che tutti abbiamo. Nella legge di stabilità abbiamo introdotto un incentivo per le imprese che trasformano in tempo indeterminato un contratto a tempo determinato. Solo un lavoro che ha un respiro a lungo termine consente di metter su famiglia, di avere dei piani di vita a lungo termine. Dobbiamo vederla la proposta che farà Renzi e il suo team perché ce ne sono varie di versioni''. Così il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini in un'intervista radiofonica alla Rai risponde alla richiesta di un commento sul piano del lavoro elaborato o in via di definizione da Renzi.

''Per esempio c'è chi dice facciamo questa eliminazione dell'articolo 18 solo per i primi 3 anni in cui l'impresa capirà se la persona è valida o meno e poi lo trasforma in tempo indeterminato. Altri invece nel passato hanno detto no, l'impresa deve avere libertà di licenziamento in cambio di un'indennità per tutta la vita lavorativa della persona", sottolinea. ''Ogni trimestre - afferma il ministro - noi abbiamo 2.500.000 contratti di lavoro, di questi 1 milione e 6 sono a tempo determinato e poi ci sono tutte le altre formule. E' chiaro che se trasformiamo quel 1.600.000 a tempo determinato in un contratto cosiddetto indeterminato a tutele progressive non è che abbiamo spostato chissà di che cosa il mercato del lavoro''.

Secondo Giovannini ''noi abbiamo bisogno di strumenti che aiutino sia le imprese che vogliono investire sul lungo termine sia imprese che ancora, in questa fragile ripresa, sono ancora incerti sul da farsi. C'è un po' di confusione e speriamo che a gennaio queste diventino molto più concrete. A proposito della Cig il responsabile del Welfare dice che ''molte imprese e molti lavoratori pagano la cassa integrazione di tasca propria. In altri termini ogni mesi viene accantonata presso l'Inps una certa somma che poi l'impresa utilizza quando, eventualmente, ne ha bisogno. Questo è il meccanismo ordinario. La cassa in deroga aiuta le persone che non hanno questo meccanismo e va a carico della fiscalità generale e quindi la paghiamo tutti. Quest'anno nel 2013 sono stati circa 2.800.000.000 una cifra molto alta. Intanto da gennaio il meccanismo cambia perché impresa e lavoratori per i vari settori devono fare i cosiddetti fondi bilaterali ovvero devono mettere insieme una parte di soldi per fronteggiare questi eventi per il futuro''. Il governo ha convocato le parti sociali per l'inizio dell'anno per discutere di come cambiare questi ammortizzatori perché ''è anche vero che la cassa integrazione e in deroga e soprattutto la mobilità in alcuni casi ha determinato degli abusi. Pensare ad un ammortizzatore generalizzato per tutti ha un costo molto elevato''.

Il responsabile del Lavoro chiama le parti sociali: «Abbiamo già convocato sindacati e imprese per discutere la riforma degli ammortizzatori sociali e sempre nel primo mese faremo la proposta per una legge delega di semplificazione normativa per le assunzioni». Giovannini ribadisce la volontà massima al dialogo: «Chiamerò e discuterò con i responsabili lavoro dei vari partiti».
Da Giovannini arriva però un altolà alla proposta di contratto unico avanzata da Renzi: «C’è un po’ di confusione e speriamo che a gennaio queste proposte diventino molto più concrete. Siamo pronti a discuterne ma senza una ripresa più forte di questi mesi è difficile creare lavoro». Le idee stanno piovendo sul tavolo del governo sia da destra che da sinistra. «Dobbiamo ricordare sempre che solo con la ripresa economica si crea nuovo lavoro. Pensare che una modifica normativa di per se produca immediatamente tanto lavoro mi sembra che sia un’aspettativa ingiustificata», dice ancora replicando alle domande su un possibile nuovo intervento sull’articolo 18 profilato dal segretario Pd, Matteo Renzi, mentre a proposito dei contratti individuali o aziendali ricorda come «la possibilità di prevedere deroghe alla contrattazione nazionale è già possibile con l’articolo 8 della manovra 2011». «Cambiando solo le regole comunque è difficile che si crei lavoro», ribadisce.

I punti in questione sono: «Flessibilità in entrata e in uscita» ma, nel caso di perdita di lavoro, «un sussidio unico statale» di due anni che consenta a chi non ha più un’occupazione di mantenere la famiglia e, nel frattempo, corsi di formazione, che lo agevolino nella ricerca di un nuovo impiego. Ancora una volta il segretario del PD ribadisce che il punto non è articolo 18 sì o no, perché se si inizia da questo «si torna alla casella di partenza». «La rivoluzione sul lavoro - evidenzia - è possibile se tutti abbandoniamo le certezze altrimenti se ripartiamo dal solito percorso perdiamo la strada per tornare a casa». La risposta di Letta è stata chiara: «A gennaio nel contratto di governo affronteremo tutte le proposte degli attori della maggioranza. Tutto ciò che aiuta nuova occupazione è benvenuta, dobbiamo creare occupazione buona e non senza diritti».




mercoledì 11 dicembre 2013

Legge di stabilita 2014: esodati e pensioni



Potrebbe essere vicino a una soluzione il problema dei cosiddetti esodati. "C'è una novità sui lavoratori esodati, ci sarà un intervento importante, stanziando risorse cospicue, sui lavoratori esodati che altrimenti nel 2014 rimarrebbero senza nulla". Lo ha comunicato il viceministro all' Economia, Stefano Fassina, sulle novità del governo sulla Legge di Stabilità.

Così il viceministro all’Economia, Stefano Fassina, risponde a chi gli chiedeva di novità a firma del governo sulla Legge di Stabilità. La Legge è ancora in discussione alla Camera e se per la richiesta degli interventi sulle pensioni tutto ancora tace, ecco invece che si intravede qualche possibilità per gli esodati.

Sulla questione era intervenuto nei giorni scorsi anche il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, che ha detto: «Ci aspettiamo sul tema degli esodati un rapporto trimestrale sul sito dell’Inps per sapere quanti soggetti sono stati trattati, quante persone hanno ricevuto la lettera e quante pensioni sono state liquidate».

Torna l’adeguamento al costo della vita per le pensioni superiori a 1.486 euro lordi al mese (3 volte il minimo), ma in forma limitata e comunque non oltre i 2.972 euro lordi. Ma torna anche il contributo di solidarietà sulle cosiddette pensioni d’oro che solo lo scorso giugno la Corte costituzionale aveva cancellato. Questa volta sarà del 6-12 per cento sugli importi superiori a 6.936 euro lordi al mese (90.168 euro all’anno). Sono le principali novità in materia previdenziale contenute nel disegno di legge di Stabilità, come modificato dal maxi emendamento del governo approvato al Senato. Ora passa tutto all’esame della Camera.

La legge Finanziaria 1995 ha disposto che il primo gennaio di ogni anno le pensioni vengano adeguate in base alla variazione del costo della vita accertata dall’Istat, l’Istituto nazionale di statistica. L’adeguamento è fissato con un decreto del ministero dell’Economia alla fine di ogni anno per l’anno successivo. Per il 2014 l’aumento dovrebbe aggirarsi intorno all’1,5%, stima di aumento dei prezzi nel 2013 fatta dall’Istat e dal governo nella nota di aggiornamento al Def (Documento di economia e finanza). Fin dall’inizio l’adeguamento non è stato riconosciuto al 100% per le pensioni di importo elevato, con soglie che sono cambiate di anno in anno.

La legge di Stabilità 2014 ordina per il triennio 2014-2016 di una perequazione limitata anche sulle pensioni di importo fra 3 e 6 volte il minimo, negandola per quelle superiori a sei volte. L’adeguamento al costo della vita sarà quindi del 100% per i trattamenti fino a tre volte il minimo (1.486,29 euro lordi al mese). Per quelle fra 3 e 4 volte il minimo (1.486,29—1.981,72 euro) la rivalutazione sarà del 90% «con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi». Sempre sull’intero importo, l’aumento sarà del 75% per le pensioni fra 4 e 5 volte il minimo (1.981,72—2.477,15 euro lordi) e del 50% su quelle fra 5 e 6 volte il minimo (2.477,15—2.972,58 euro lordi) mentre sulla parte eccedente 6 volte non ci sarà alcun aumento.

Il decreto Salva Italia del governo Monti rafforzò il contributo di solidarietà già introdotto dall’esecutivo Berlusconi, stabilendo, dal 2012, un prelievo del 5% sugli importi di pensione compresi fra 90mila e 150 mila euro lordi, che saliva al 10% sulla fascia 150-200mila e al 15% sulla parte eccedente i 200 mila euro lordi. Tale contributo è stato dichiarato incostituzionale dalla Consulta lo scorso giugno, perché discriminatorio in quanto applicato a una sola categoria di contribuenti, i pensionati, e non anche ad altri cittadini con lo stesso reddito. È ancora in vigore, invece, il contributo di solidarietà fissato da Monti per i pensionati dei fondi speciali: Trasporti, Elettrici, Telefonici, Volo, ex Inpdai. Il prelievo oscilla tra lo 0,3% e l’1% della pensione in base agli anni di contribuzione versati prima del 1996. Sono escluse dal contributo le pensioni fino a 5 volte il minimo.

Il contributo di solidarietà sulle cosiddette pensioni d’oro viene riproposto nel maxiemendamento del governo per finanziare un sussidio a favore dei più poveri, motivazione che dovrebbe consentire, secondo il governo, di superare eventuali nuovi giudizi di costituzionalità. Il contributo è fissato nel 6% per la parte di pensione compresa fra 14 e 20 volte il minimo (90.168—128.811 euro lordi annui), che sale al 12% sugli importi fra 20 e 30 volte il minimo (128.811—193.217 euro lordi annui) e al 18% sulle quote oltre 30 volte.

In tutto, le pensioni colpite dal nuovo contributo di solidarietà sono, secondo i dati Inps, 29.554. Si tratta di assegni superiori a 6.936 euro lordi al mese. Di questi, 6.805 sono maggiori di 9.908 euro lordi al mese (20 volte il minimo) e appena 1.344 superano i 14.863 euro lordi al mese (30 volte il minimo).



mercoledì 20 novembre 2013

Pensioni si pensioni no Inps ex INPDAP. Che confusione



Il disavanzo patrimoniale ed economico dell'Inps «può dare segnali di non totale tranquillità». Così il presidente dell'Inps Antonio Mastrapasqua sui dati di bilancio dell'Ente nel corso di una audizione alla commissione bicamerale di controllo degli enti previdenziali.

Un'uscita che aveva sollevato parecchi allarmi e che ha indotto Mastrapasqua a specificare che i conti dell'Istituto «sono in piena sicurezza» e a smentire «ogni allarmismo». «C'è piena e totale sostenibilità dei conti della previdenza e dell'Inps - ha chiarito Mastrapasqua - Nessun allarme e nessun allarmismo.

L'accorpamento con Inpdap ed Enpals ha spiegato Mastrapasqua in audizione «ha creato uno squilibrio di bilancio». La perdita dell'Inps è imputabile essenzialmente, riassume ancora il presidente Inps, «al deficit ex Inpdap, alla forte contrazione dei contributi per blocco del turnover del pubblico impiego e al continuo aumento delle uscite per prestazioni istituzionali».

Di qui la necessità di rivedere le norme che hanno regolato l'accorpamento dell'Inps con Inpdap ed Enpals. Per Mastrapasqua occorre dunque abbandonare la pratica delle anticipazioni, «di trasferimenti statali non completamente rispondenti ai fabbisogni», e ripristinare una copertura strutturale da parte dello Stato per il pagamento delle pensioni pubbliche. Senza questo intervento normativo si potrebbero «innescare rischi di sotto finanziamento dei disavanzi previdenziali e di progressivo aggravamento delle passività».

Ecco perché «sarebbe auspicabile che fosse approfondita e valutata nelle sedi competenti l'opportunità di eventuali interventi normativi, tesi a garantire l'efficiente ed efficace implementazione della più grande operazione di razionalizzazione del sistema previdenziale pubblico», dice Mastrapasqua, ricordando come all'origine del deficit ex Inpdap vi sia stata la soppressione, con la Finanziaria 2008, della norma in vigore dal 1996 che prevedeva l'apporto dello Stato a favore della gestione ex Inpdap, per garantire il pagamento dei trattamenti pensionistici statali. A fronte di questo, infatti, l'Inpdap ha fatto ricorso all'avanzo di amministrazione per la coperture del relativo deficit finanziario e soprattutto, alle anticipazioni di bilancio. Il rischio, senza un intervento dello Stato, è un «aumento delle passività».

Il fardello ereditato dall'Inpdap è probabilmente il nodo principale e forse quello più urgente da affrontare, ma nell'agenda del sistema pensionistico italiano non è l'unico. A livello generale ci si sta iniziando a interrogare sulla tenuta del sistema e sull'adeguatezza delle pensioni future, tenuto conto che la rivalutazione dei contributi è legata all'andamento del Pil nazionale e se questo continuerà a non crescere o addirittura a diminuire gli effetti si faranno sentire anche sull'importo delle pensioni. Il passaggio al sistema contributivo, inoltre, se consente di avere conti più sostenibili rispetto al retributivo, in un mercato del lavoro e in una congiuntura sempre più difficili, caratterizzati dall'alternarsi di periodi di impiego ad altri senza, rischia di determinare assegni mensili inadeguati per chi andrà in pensione tra 20-30 anni, come ha recentemente sottolineato il ministro del Lavoro Enrico Giovannini.

Altro tema caldo è quello delle pensioni d'oro, su cui si è già tentato di introdurre un contributo di solidarietà in modo da reperire risorse da distribuire a favore delle pensioni più magre.

Entro fine anno il Governo dovrebbe prendere una decisione anche in merito all'incremento dell'aliquota contributiva prevista per gli iscritti alla gestione separata. In base alla legge 92/2012 (riforma del mercato del Lavoro dell'allora ministro Elsa Fornero), l'aliquota dovrebbe passare dall'attuale 27% al 33% entro il 2018. Un incremento ritenuto insopportabile dai professionisti a partita Iva iscritti alla gestione separata su cui ricade pressoché interamente questo onere dato che nelle attuali condizioni di mercato non possono permettersi di aumentare gli onorari fatturati ai committenti.

Infine ci sono gli esodati, conseguenza della riforma previdenziale Monti-Fornero di fine 2011, non ancora risolto. Le persone salvaguardate dagli effetti negativi del nuovo sistema finora sono meno di 150mila, a fronte di un bacino potenziale stimato di oltre 300mila. In questo caso il problema è il reperimento delle coperture necessarie, da parte del governo, per ampliare ulteriormente l'intervento e consentire così all'Inps di riconoscere il diritto alla pensione ed erogare il relativo assegno mensile sulla base delle regole in vigore fino al 2011.

Basti pensare al fatto che la confluenza dell'Inpdap nell'Inps ha portato come dote il primo bilancio in rosso per oltre 9 miliardi dell'Inps. Il cronico buco deficitario dell'ex fondo dei dipendenti pubblici si è così scaricato sulla previdenza di tutti. Per il 2013 il Collegio di indirizzo e vigilanza dell'Inps si attende dalla sola gestione dell'ex ente dei dipendenti pubblici un disavanzo di 7,6 miliardi, che vale quasi l'80% dell'intero disavanzo stimato per tutto l'Inps per il 2013 che è sopra i 9 miliardi.

E così l'incorporazione nei fatti è diventato un salvataggio mascherato dell'Inpdap che rischiava di finire in dissesto. Ora il contagio dei disastrati conti dell'ente pensionistico dei lavoratori pubblici si allarga però all'intero Inps. Del resto con perdite annue che sono state di 10 miliardi nel 2011 e di 9 miliardi nel 2010, l'Inpdap nei fatti aveva finito per vedersi erodere l'intero capitale. Salvezza necessaria, dunque, ma che avrà l'effetto, se il trend di perdite proseguirà con questo passo, di portare a zero anche il patrimonio dell'Inps già nel 2015, come ha avvertito lo stesso presidente Mastrapasqua.

Se poi si va indietro nel tempo si scopre che le perdite dell'Inpdap sono strutturali da anni. Nel 2009 il saldo tra contributi e prestazioni è stato infatti negativo per la bellezza di 14,4 miliardi, mitigato dai 9,1 miliardi di contributi dello Stato come datore di lavoro. Il buco resta comunque alto oltre i 5 miliardi. E dal 2005 al 2008 il saldo cumulativo è stato negativo per 42 miliardi, che si dimezzano tenendo conto dei versamenti contributivi dello Stato ma che lasciano comunque un passivo imponente.

Già ma perché l'Inpdap è perennemente in perdita? Come mostrano i dati della Corte dei Conti nell'ultimo decennio il saldo tra entrate e uscite è sempre stato negativo, accelerando negli anni tra l'altro. Solo nel 2011 il buco è stato di 10 miliardi, dato che le entrate si sono fermate a 51 miliardi mentre le spese per pensioni sono salite a ben 61 miliardi. E nel decennio 2002-2011 le spese sono aumentate del 4,6% annuo, mentre le entrate sono salite solo del 2,8 per cento.

Uno squilibrio strutturale come si vede determinato dal fatto che i contributi sono sempre stati più bassi delle pensioni erogate. Il metodo retributivo che premia gli ultimi anni di attività lavorativa, le pensioni d'anzianità, i ritiri anticipati sommati al blocco del turn over e alla contrazione del numero dei dipendenti hanno sortito questo effetto. Troppe pensioni e di importo più elevato rispetto ai contributi effettivamente versati.

Ma per ironia della sorte non sono solo le pensioni pubbliche (oltre 2,8 milioni di assegni per un importo nel 2013 stimato in 63,7 miliardi) e il loro disavanzo strutturale a minacciare i conti dell'Inps.

Anche le ricche pensioni degli ex dirigenti d'azienda (e i minori contributi versati in proporzione) mandano in deficit strutturale l'ex Inpdap. Il buco di bilancio dell'ente riassorbito nell'Inps pena il fallimento non è episodico. Nell'ultimo decennio il deficit cumulato è stato di almeno 20 miliardi. Come per l'Inpdap, le uscite previdenziali superano strutturalmente le entrate da contributi. Anche qui il danno del sistema retributivo è stato enorme. Pensioni calcolate sugli ultimi 5 anni di carriera lavorativa sono assai generose rispetto ai reali contributi versati dagli ex manager e i loro datori di lavoro.

Il fondo lavoratori dipendenti (cioè i privati) mantiene un debole segno positivo per 590 milioni. Ma in realtà sarebbe in forte avanzo per ben 8,5 miliardi se non gravassero su di esso i deficit strutturali degli ex fondi speciali: tra lavoratori elettrici, telefonici, dei trasporti e appunto dirigenti d'azienda il disavanzo complessivo per il 2013 sarà di 8 miliardi. Tanto da portare quasi a zero l'avanzo dei dipendenti privati.

Lo pagano i cittadini con la fiscalità generale, dato che lo Stato deve ogni anno elevare la quota di trasferimenti pubblici all'Inps. Sono circa 90 miliardi l'anno che saliranno di altri 20 miliardi fino al 2015, quando (forse) la riforma Fornero dispiegherà in pieno i suoi effetti.







sabato 9 novembre 2013

Giovani e lavoro e l’ormai famoso flop del bonus assunzioni



Vediamo cosa era il bonus assunzioni a giugno del 2013. Erano previste assunzioni di giovani a tempo indeterminato con la defiscalizzazione per le imprese, anche contributiva in forma di crediti di imposta e di sgravi contributivi. Il Piano Lavoro era così articolato incentivi all'assunzione stabile di giovani tra i 18 ed i 29 anni. E' confermato il tetto di 650 euro al mese: gli sgravi saranno di 18 mesi per le nuove assunzioni e di 12 per le trasformazioni con contratto a tempo indeterminato.

Il bonus viene creato, si legge, "al fine di promuovere forme di occupazione stabile di giovani" e "in attesa dell'adozione di ulteriori misure da realizzare anche attraverso il ricorso alle risorse della nuova programmazione comunitaria 2014-2020".

“Contiamo di attivare potenzialmente 200 mila soggetti, 100 mila con la decontribuzione e 100 mila con tutte le altre misure». Con questa previsione il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, presentò alla stampa il 26 giugno il decreto legge sul bonus assunzione giovani.

Il bonus assunzione giovani doveva creare 100mila posti di lavoro in tre anni ma al 31 ottobre le richieste delle aziende erano ferme e 13.770. Dopo l’entusiasmo dei primissimi giorni, il ritmo si è rallentato drasticamente, quelle confermate sono ancora meno: 9.284.

Fulcro del provvedimento era lo stanziamento di 794 milioni di euro nel quadriennio 2013-2016 per incentivare l’assunzione di giovani tra i 18 e i 29 anni “svantaggiati”, cioè con almeno una di queste condizioni: privi di impiego da almeno sei mesi; senza un diploma di scuola media superiore o professionale; single con una o più persone a carico.

In fin dei conti l’intervento era indirizzato a chi ha più bisogno di lavorare e anche le risorse erano territorialmente ripartire a favore del Mezzogiorno (500 dei 794 milioni) dove maggiore è l’emergenza occupazionale. L’incentivo per l’azienda che avesse assunto non era trascurabile: un bonus contributivo fino a 650 euro per 18 mesi (11.700 euro in tutto) per ogni giovane preso con contratto a tempo indeterminato, oppure fino a 12 mesi (7.800) in caso di stabilizzazione di un contratto a termine.

Non basta un bonus a convincere un imprenditore ad assumere, tanto più a tempo indeterminato, infatti, è normale che un imprenditore assume un giovane se gli serve, cioè se ha lavoro, ma se per fare questo supera la soglia dei 15 dipendenti e finisce sotto i vincoli dello Statuto dei lavoratori in materia di rapporti sindacali e licenziamenti ci pensa su due volte.

La delusione è palpabile anche al ministero del Lavoro, dove il sottosegretario Carlo Dell’Aringa, con un’intervista al quotidiano «Avvenire» ha ammesso: «I primi incentivi stanziati a giugno sono stati poco utilizzati e sulle assunzioni dei giovani le imprese vanno con i piedi di piombo. Senza una ripresa dei consumi, le aziende non investono. Per questo dobbiamo cercare di dare alle famiglie qualche soldo di più da spendere». Insomma: creare domanda, consumi, cioè lavoro per le imprese che, a quel punto, assumeranno anche senza incentivi.

La crisi è talmente nera che Dell’Aringa ha rivelato: «Abbiamo segnali sul fatto che, nel Mezzogiorno, è in crisi anche il sommerso. E se il “nero” manda a casa i lavoratori non c’è deregolamentazione o incentivo che tenga. Come dire: il rubinetto è aperto, ma il cavallo non beve». Più chiaro di così... Lo ha riscontrato anche la Fondazione studi dei consulenti del lavoro che, dopo un’indagine sul campo, ha concluso: «In assenza di nuovo lavoro risulta assolutamente privo di efficacia qualsiasi provvedimento che incentiva nuove assunzioni».

Più promettente sembra la strada delle cosiddette politiche attive del lavoro. Significa: formazione e apprendistato; una via che si trova tra scuola e lavoro anche attraverso tirocini e stage; collocamento e ricollocamento al lavoro con percorsi individuali di assistenza e con il potenziamento e l’interconnessione delle banche dati di domanda e offerta di lavoro. In questo campo la maggiore opportunità è offerta dal programma europeo Youth Guarantee, «Garanzia Giovani», che metterà a disposizione dell’Italia 1,5 miliardi da spendere tra il 2014 e il 2015 per assicurare ai giovani fra 15 e 24 anni un’offerta di lavoro, apprendistato o tirocinio entro 4 mesi dalla fine del percorso scolastico o dalla perdita di una precedente occupazione.

Il rischio è che le risorse vengano disperse in una filiera di iniziative più simboliche che reali, tanto per dire: il colloquio personale è stato fatto, l’opportunità di formazione è stata offerta, e così via. Con un beneficio più per le strutture di gestione del programma che per i destinatari, i giovani. Un po’ come accade per la formazione, fatta più per i formatori che per chi cerca lavoro.

Il 2014 andrà poco meglio del 2013: diminuirà infatti la percentuale delle piccole e medie imprese  che programmeranno licenziamenti, ma la ripresa dell’occupazione resta lontana. E’ il dato che emerge da un’indagine AdnKronos sul lavoro nelle piccole e medie imprese, che conferma quanto la crisi stia avendo il peggiore impatto sui giovani.

Secondo i consulenti del lavoro, l’inefficacia del provvedimento si riferisce alla sua formulazione (limite di età di 29 anni troppo basso, scarsa risonanza per le imprese del Mezzogiorno che hanno a disposizione altre agevolazioni) ma è anche strutturale: «le imprese gradirebbero una riduzione del cuneo fiscale e contributivo anziché incentivi a termine» (e qui almeno in parte risponde la Legge di Stabilità, che però prevede un taglio di entità largamente inferiore alle richieste delle imprese). Inoltre, «il problema attuale non è come assumere con incentivi, ma tornare a produrre e a creare sviluppo. In assenza di nuovo lavoro risulta infatti assolutamente privo di efficacia qualsiasi provvedimento che incentiva nuove assunzioni».

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domenica 6 ottobre 2013

Microcredito per l'impresa al femminile. Nuove opportunità per tutte le donne



Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Enrico Giovannini ha presentato il programma "Riparti da te! Bella impresa essere donna", una campagna istituzionale che si pone l'obiettivo di far conoscere alle donne le modalità di accesso ai prestiti agevolati messi a disposizione per creare piccole imprese e dare impulso al lavoro femminile attraverso lo strumento del microcredito. Una iniziativa di informazione sui prestiti agevolati per favorire l'imprenditoria femminile.

Incoraggiare le idee imprenditoriali in rosa che spesso giacciono senza successo, facilitando l'accesso al microcredito alle donne: questo l'obiettivo di "Riparti da te! Bella impresa essere donna", una nuova iniziativa promossa dal Ministero del Lavoro.

La campagna istituzionale si pone l'obiettivo di far conoscere alle donne le modalità di accesso ai prestiti agevolati messi a disposizione per creare piccole imprese e dare impulso al lavoro femminile attraverso lo strumento del microcredito e vuole sensibilizzare gli istituti erogatori di credito sulla questione "rosa".

Il progetto "Microcredito e donna", ha spiegato l'Ente nazionale per il Microcredito (Enm), promotore dell'iniziativa, sul sito internet ufficiale, vuol essere uno strumento di aiuto per tutte le donne che intendono ripartire da sé creando una propria impresa, senza dover fornire garanzie personali alla banca, o chiedere aiuto alla famiglia, per esempio ad un genitore o al proprio marito o compagno. E' possibile ottenere maggiori informazioni sull'iniziativa sul sito www.microcreditodonna.it.

Il microcredito può rappresentare una soluzione al problema dell'accesso al credito che, statisticamente, da sempre penalizza le donne più degli uomini: tassi d'interesse maggiori, importi accordati inferiori e soprattutto maggiore richiesta di garanzie.

Come funziona? Chi eroga microcredito non può richiedere garanzie personali. Per questo molte istituzioni, sia pubbliche che private, forniscono risorse, costituite in fondi di garanzia, da impiegare a copertura dei microfinanziamenti concessi. E' quello che fa, in questo caso, l'Enm, che realizza fondi di garanzia attraverso accordi con altre istituzioni e indirizza le aspiranti imprenditrici verso i canali adeguati per ottenere credito: i prestiti richiedibili arrivano fino all'importo massimo di 25 mila euro.



domenica 29 settembre 2013

Inps: clic day bonus assunzioni il 1 ottobre 2013



Conto alla rovescia per il bonus assunzioni degli under 30. L’Inps ha infatti appena reso noto che dalle ore 15.00 del 1° ottobre 2013 sarà accessibile sul sito istituzionale dell’Istituto (www.inps.it) il modulo telematico per inoltrare le domande preliminari di ammissione al beneficio dell’incentivo sperimentale per promuovere l’assunzione a tempo indeterminato di giovani fino a 29 anni d’età.

Quindi martedì primo ottobre 2013 alle 15.00 sarà il ''clic day'' per chiedere le agevolazioni per l'assunzione dei giovani under 30.

Per queste assunzioni sono previsti fino al 2016 794 milioni di euro. Per il 2013 sono a disposizione 148 milioni. E quanto si legge in una circolare dell'Inps si legge in una nota diffusa dall'istituto - sarà accessibile sul sito istituzionale dell'Inps (www.inps.it) il modulo telematico per inoltrare le domande preliminari di ammissione al beneficio dell'incentivo sperimentale per promuovere l'assunzione a tempo indeterminato di giovani fino a 29 anni d'età''.

L'obiettivo è l'assunzione di 100.000 giovani.

L’incentivo si applica a fronte dell’assunzione a tempo indeterminato di un giovane di età compresa tra 18 e 29 anni o della trasformazione a tempo indeterminato di un contratto già esistente. Nel primo caso il beneficio ha una durata di 18 mesi, nel secondo di 12. Il datore di lavoro può contare su un contributo pari a un terzo della retribuzione mensile lorda, con un tetto massimo di 650 euro al mese. Qualora si tratti di un’assunzione con contratto di apprendistato o altra forma incentivata, il beneficio non può superare i contributi effettivamente versati.

L’appuntamento del 1 ottobre è da non mancare per le imprese che hanno già assunto giovani dal 7 agosto scorso e per quelle che ne intendono effettuare ancora. Le domande ricevute verranno infatti “processate” per ordine cronologico dall’Istituto e tutti saranno trattati allo stesso modo senza precedenze. Il Ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, ha affermato nei giorni scorsi che verrà osservato con particolare attenzione l’andamento di questo click day, perché anche dal numero di domande inviate si potrà comprendere come i primi segnali di fiducia delle imprese si starebbero traducendo in fatti concreti. Da qui a fine anno, secondo le prime stime, le assunzioni pronte a beneficiare dell’agevolazione sarebbero 15-20mila.

La procedura è regolata sulla base di una circolare Inps (n. 131) pubblicata il 17 settembre con le indicazioni operative per l'accesso all'incentivo previsto dal decreto lavoro (76/2013) del 28 giugno. Si conferma in quel testo che verrà riconosciuto l'incentivo «in base all'ordine cronologico di presentazione delle domande cui abbia fatto seguito l'effettiva stipula del contratto».


domenica 22 settembre 2013

Dal 2013 sostegno per l'Inclusione Attiva: salario minimo per il sostegno al reddito



Il Sostegno per l'Inclusione Attiva (SIA) è il nuovo strumento di contrasto alla povertà per garantire il sostegno al reddito a tutti coloro che si trovano in condizione di povertà e risiedono stabilmente sul territorio nazionale da almeno due anni. L'accesso è condizionato ad una «prova dei mezzi effettuata secondo criteri articolati e omogenei a livello nazionale», con soglie patrimoniali che fanno riferimento alla disciplina della componente dell'Isee mentre il controllo dei criteri di ammissibilità verrà affidato all’INPS.

L’obiettivo è di colmare una carenza nel sistema di protezione sociale italiano, attraverso uno strumento universale di contrasto alla povertà.

Il ministro del lavoro Enrico Giovannini ha precisato che non si tratta di «un reddito di cittadinanza universale incondizionato», bensì di «un programma di inserimento sociale e lavorativo». In pratica il beneficiario per fruire del sussidio deve stipulare un patto di inserimento con i servizi sociali locali, da rispettare pena l’annullamento del sussidio.

L’obiettivo del Sostegno per l’Inclusione Attiva, si legge nella nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali «è quello di permettere a tutti l’acquisto di un paniere di beni e servizi ritenuto decoroso sulla base degli stili di vita prevalenti. Il sostegno economico non è però incondizionato. Il beneficiario s’impegna a perseguire concreti obiettivi di inclusione sociale e lavorativa. Si tratta innanzitutto di consentire, e richiedere ai beneficiari, quei comportamenti che ci si aspetta da ogni buon cittadino. È comunque un patto di reciproca responsabilità tra il beneficiario e l’amministrazione pubblica, che si impegna a offrire adeguati servizi di accesso e di sostegno». Si tratta di una misura «che ci chiede l’Europa. Nel 2008 la Commissione Europea ha emanato una Raccomandazione a tutti i Paesi per l’adozione di una strategia d’inclusione attiva», prosegue il Ministero. Il sussidio, che potrà essere erogato sotto forma di carta di debito, sarà pari alla differenza tra la misura delle risorse economiche familiari e il livello di riferimento per la soglia di povertà stabilito per legge.

Il Ministero del lavoro ha stimato che in totale il costo a regime del SIA potrà essere di 7-8 miliardi di euro, ma è necessaria «una specificazione dettagliata di tutti i suoi aspetti e tempi più lunghi di quelli di elaborazione del documento». In ogni caso il suo costo è destinato a decrescere con la ripresa economica, quando sarà ipotizzabile un calo dei livelli di povertà, e con la razionalizzazione delle misure di sostegno alla famiglia, con «l’introduzione dell’assegno unico per i figli in sostituzione delle detrazioni per familiari a carico e dell’assegno al nucleo familiare superando il problema dell’incapienza che caratterizza i programmi vigenti», ha spiegato il  Ministro.

Parte delle risorse per finanziare il SIA (2-3 miliardi di euro) potranno essere reperite per mezzo di una riforma delle attuali forme di contrasto della povertà. Le rimanenti risorse (4 miliardi di euro) potrebbero arrivare con il riordino delle pensioni di guerra indirette, da un contributo di solidarietà dalle pensioni elevate, dal riordino delle agevolazioni fiscali, dalle maggiori imposizioni su concorsi a premio, lotto, lotterie che hanno una potenzialità di finanziamento di almeno 4 miliardi.

Il Sia può essere finanziato con una riforma delle attuali forme di contrasto della povertà (assegni sociali e pensioni integrate al minimo), che riduca la quota delle prestazioni destinate a nuclei familiari che appartengono ai due/tre decili superiori della distribuzione della condizione economica misurata dall'Isee. Queste risorse sono valutabili in 2-3 miliardi, a seconda che ci si riferisca ai due o ai tre decili più elevati di Isee, cioè a nuclei con Isee superiore a 26,8 e 33,7 mila euro. Altre risorse possono essere reperite dall'area della protezione sociale: con il riordino pensioni di guerra indirette, un contributo di solidarietà da parte di percettori di pensioni elevate, il riordino delle agevolazioni fiscali, inasprimento imposizione sui concorsi a premio, lotto, lotterie che hanno una potenzialità di finanziamento di almeno 4 miliardi. Va anche considerato che i Comuni impegnano già circa 800 milioni di euro in programmi di contrasto della povertà.

giovedì 29 agosto 2013

Politica del lavoro: esodati, e cassa integrazione cosa cambia da agosto 2013




Il governo guidato da Enrico Letta ha poi stabilito lo stanziamento di 10 miliardi di rimborso crediti alla Pubblica amministrazione, un piano casa da 4,4 miliardi di euro e il rifinanziamento della cassa integrazione per 500 milioni di euro. Tra i punti essenziali presentati dal governo anche una della categoria “licenziati individuali”, misura che prevede fondi per 700 milioni di euro destinati a garantire una risposta a 6500 esodati.

Per quest'ultyimi si tratta dei lavoratori che sono stati oggetto di una risoluzione unilaterale tra l’1 gennaio 2009 e il 31 dicembre 2011, ovvero che hanno interrotto il proprio rapporto prima dell’applicazione della riforma sulle pensioni e che sarebbero dovuti andate in pensione tra 2011 e 2014.

Decisioni del governo: "Cassa integrazione: abbiamo rifinanziato la Cig per mezzo miliardo di euro, rendendo possibile nei prossimi mesi dare risposte alla crisi sul lavoro che il nostro Paese sta vivendo: l'emergenza lavoro ci pare significativa".

"Abbiamo individuato la categoria più disagiata dei cosiddetti 'esodati': i licenziati individuali prima dell'applicazione della riforma della legge sulle pensioni. Si tratta di 6500 persone alle quali diamo oggi una risposta strutturale. E' il quarto intervento svolto per cercare di chiudere la vicenda esodati"

Quindi è arrivata per 6500 lavoratori esodati una risposta strutturale dal Consiglio dei Ministri che ha cancellato le rate IMU 2013 su prime case e agricoltura e ha rifinanziato la Cassa Integrazione Guadagni (CIG) per 500 milioni di euro. Gli esodati oggetto delle decisioni del CdM sono i licenziati individuali, ovvero la «categoria più disagiata» tra gli esodati, ha sottolineato il premier Enrico Letta durante la conferenza stampa a margine del CdM.

Ma veniamo alle misure che ha preso il governo Letta. Rifinanziamento della cassa in deroga era atteso, ma per settembre: con questi 500 milioni il governo arriva a 2,5 miliardi per il 2013, la stessa cifra stanziata già nel 2012. «Non è detto che questo esaurisca le necessità», ha ammesso il ministro Enrico Giovannini, ma un prossimo monitoraggio dovrebbe chiarire la situazione: nonostante una leggera contrazione delle ore di cassa integrazione in deroga negli ultimi mesi, le stime dei sindacati parlano di fondi necessari per 1,5 miliardi per coprire tutte le richieste delle imprese.

Il governo, ha detto Giovannini, ha anche «messo a punto con un decreto interministeriale» i criteri per l'uso della cassa integrazione in deroga per il 2014, anche alla luce del fatto che l'anno prossimo dovranno partire i fondi di solidarietà tra sindacati e imprese per accollarsi in parte l'onere degli ammortizzatori sociali, attualmente totalmente a carico dello Stato.

Rispetto a quello che era stato annunciato, e cioè una soluzione entro l'autunno del 2013, è stata anticipata poi la quarta salvaguardia per una fascia di esodati, dopo le tre varate dal governo precedente. Chi è stato soggetto alla risoluzione di un contratto di lavoro tra il 1° gennaio 2009 e il 31 dicembre 2011 e che sarebbe dovuto andare in pensione con le vecchie regole, tra dicembre 2011 e dicembre 2014, potrà finalmente farlo, grazie a 700 milioni messi in campo dal governo, al ritmo di 150 milioni all'anno finanziati dal 2013 al 2017.

giovedì 25 luglio 2013

Expo 2015 i nuovi contratti di lavoro a partire dal 2014


La società di gestione dell’evento e i sindacati li hanno presentati. I posti di lavoro promessi sono 835 tra lavoro a termine, apprendistato e stage. Tali contratti riguardano esclusivamente le attività Expo 2015 Spa, da realizzare nel sito espositivo, assistenza ai turisti, gestione dei flussi di visitatori e delle tecnologie che governeranno il sito. O, ancora, la pianificazione di servizi nel perimetro dell’area espositiva. Sono esclusi i lavori di edificazione dei padiglioni.

Maggiore flessibilità sul lavoro e un modello che può essere confermato anche a livello nazionale per l'organizzazione di grandi eventi. Expo 2015 Spa ha firmato con i rappresentanti dei sindacati il protocollo che disciplina le modalità di assunzione e impiego del personale.

Sono più di 800 i contratti di lavoro che la società Expo stipulerà per l'assunzione e l'impiego di personale per i sei mesi dell'esposizione universale. Il protocollo firmato individua un accordo sulle forme di flessibilità che possono essere applicate all'apprendistato, al contratto a tempo determinato e allo stage.

Per quanto riguarda i contratti di apprendistato la società Expo assumerà 340 giovani di età inferiore ai 29 anni: per questa tipologia contrattuale sono state introdotte nuove figure professionali come operatore grandi eventi, specialità grandi eventi e tecnico sistemi di gestione con specifici piani formativi. Il contratto a tempo determinato riguarderà circa 300 persone che saranno individuate partendo dalle liste di mobilità e di disoccupazione. Sul fronte stage ci saranno un totale di 195 persone per i quali è previsto un rimborso spese mensile di 516 euro e buoni pasto.

Queste assunzioni "vengono fatte attraverso la flessibilità - ha spiegato l'amministratore delegato di Expo 2015 Giuseppe Sala a margine della firma - e non sarebbero state possibili con le regole attuali". Infine i volontari, quindi non si parla di lavoro subordinato, che saranno circa 475 al giorno e si renderanno disponibili per turni di 5 ore. Saranno 18.500 i volontari totali di Expo Milano 2015. Questo modello "a partire da Expo lo mettiamo a disposizione del territorio e del Paese - ha aggiunto Sala - anche il premier Enrico Letta e il ministro del Lavoro Enrico Giovannini con cui ho parlato riscontrano il passo avanti fatto con questa piattaforma di accordo". Soddisfazione per l'accordo è stata espressa anche dai sindacati che hanno auspicato che questa modalità possa essere un primo tassello per un disegno più organico.

I contratti a tempo determinato inizieranno nel 2014, le altre formule nel 2015.
Il protocollo punta a introdurre procedure più snelle sul lavoro, tema già affrontato a inizio luglio al Forum delle Regioni a Palazzo Lombardia, e potrebbe costituire un modello da replicare in ambito nazionale per i Grandi Eventi. Una parte specifica sarà dedicata alle norme in materia di legalità, tutela e sicurezza sul lavoro prevedendo un comitato di monitoraggio e la presenza coordinata all'interno del sito espositivo.

Ai nuovi contratti di lavoro si uniranno circa 18.500 volontari, destinati principalmente all’accoglienza dei visitatori: potranno alternarsi su turni di cinque ore al giorno, con un impiego massimo di due settimane ciascuno, per un fabbisogno giornaliero di 475 persone. Con i volontari «si chiude il fabbisogno per la società», ha spiegato Sala, «ma non le opportunità che offrirà l’esposizione»: sono infatti oltre 4 mila, secondo quanto previsto nel piano per la sicurezza, i lavoratori che potranno essere contemporaneamente presenti sul sito. Soddisfatti Sala e i rappresentanti sindacali per l’accordo raggiunto, di cui è stato informato il governo: «Ho parlato con il presidente Letta e con il ministro Giovannini - ha spiegato Sala - che hanno espresso soddisfazione per la piattaforma che abbiamo costruito con questo accordo».

lunedì 15 luglio 2013

Ministro del Lavoro Enrico Giovannini, è favorevole a sperimentare il più possibile i contratti flessibili



Il governo punta a introdurre maggiore flessibilità nel mercato del lavoro con una "sperimentazione" sui contratti a termine. Lo afferma il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, in un'intervista sulla Stampa. Camusso: no a continue forme di flessibilità.

Questa settimana inizia l’iter parlamentare del decreto lavoro. C’è chi insiste per introdurre più flessibilità all’ingresso nel mercato del lavoro dei più giovani derogando alle regole in vigore almeno per la durata dell’Expo’. I sindacati, in particolare la Cgil, sono contrari. Troverete una sintesi? 

«Un intervento sull’Expò tutto concentrato sui soli contratti a termine sarebbe riduttivo. Comunque la risposta è sì, stiamo immaginando di mettere insieme un pacchetto equilibrato di novità».

Ci sarà maggiore flessibilità per i contratti a termine? 

«Sono favorevole ad una sperimentazione, a privilegiare il più possibile i contratti flessibili “buoni” - i contratti a termine - rispetto a quelli “cattivi” – come le “false” partite Iva - ma non può essere un intervento di deroga generalizzata senza razionalità».

Sta dicendo che è contrario a forti deroghe alle regole in vigore? 

«Non dobbiamo guardare all’Expò come a qualcosa che termina con la chiusura dei padiglioni. Dobbiamo pensare che sarà un volano di crescita per il Paese, così come è stato per la Cina con Shanghai. Di accordi sindacali per gestire il picco di occupazione in Lombardia se ne stanno già facendo. Altra cosa è pensare a effetti permanenti sull’occupazione derivante da un investimento su filiere particolari come il turismo».

Ci saranno interventi per ridurre gli intervalli fra un contratto e l’altro? È possibile una accorciamento dei tempi dell’apprendistato?

«Stiamo lavorando su varie ipotesi. Mi faccia però dire una cosa: anche concentrare il dibattito solo su come cambiare i tipi di contratto è riduttivo. In Italia ci sono più di due milioni di giovani che non studiano e non lavorano. È una massa di giovani che ci costano ogni anno 25 miliardi di euro di perdita di capitale umano. Possibile pensare che il loro futuro si giochi solo sulla modifica di questa o quella forma contrattuale per due anni?».

Il ministro del Lavoro ha convocato per 16 luglio le parti sociali per individuare "soluzioni equilibrate" in vista dell'Expo 2015 e su eventuali modifiche al dl lavoro. Lo ha annunciato lo stesso ministro a margine della presentazione di un rapporto sul lavoro degli immigrati. "Ho convocato la parti sociali domani mattina - ha detto - per l'addio della discussione su questi temi. Sono sicuro che troveremo soluzioni equilibrate".

Sugli attriti tra le due principali forze di maggioranza, Pd e Pdl, sui temi del lavoro, Giovannini ha sottolineato che "non è una questione di attriti, bisogna trovare una soluzione". Sui circa 500 emendamenti al dl lavoro, Giovannini ha aggiunto: "Stiamo valutando cosa recepire, poi saranno le parti politiche a dover trovare un equilibrio. Alcune idee rafforzano l'approccio del governo, ne stiamo discutendo".

“Siamo un Paese che ha una altissima precarietà, non bisogna affrontare in questo modo il problema della disoccupazione”

«Ho convocato per domani mattina le parti sociali». L’annuncio è del ministro del lavoro Enrico Giovannini. Sul tavolo del confronto gli interventi per rendere flessibili i contratti a termine in vista dell’Expo 2015, che il governo aveva tirato fuori dal pacchetto approvato in Cdm e ora all’esame del Parlamento, per ulteriori approfondimenti e riflessioni. La convocazione, già arrivata a sindacati e imprese, è per domani mattina alle nove. La Cgil sembra comunque avere già le idee chiare. «Non si affrontano i temi della disoccupazione continuando ad alimentare forme di flessibilità», ha detto il segretario della Cgil, Susanna Camusso, commentando le parole del ministro. In una intervista a La Stampa, Giovannini ha parlato di privilegiare i contratti flessibili `buoni´. «Siamo un Paese - ha sottolineato Camusso - che ha una altissima precarietà. E ciò non toglie che questo è uno degli elementi di debolezza del sistema dei servizi».

«Noi- ha concluso - siamo per distinguere tra la discussione generale e l’accordo per governare il periodo di Expo attraverso percorsi legislativi che diano certezza, non incertezza ai lavoratori». 

Per Camusso, sull’ipotesi di una manovra d’autunno, «Quando si cominciano ad annunciare della manovre, c’è una grande preoccupazione, soprattutto se l’origine della manovra è per evitare che ci sia una normale tassazione sulla casa, come c’è in tutti i Paesi del mondo». «Si continua a pensare - ha aggiunto - di far pagare di più chi ha poco rispetto a chi ha molto». 

Ancora in tema di flessibilità, «non bisogna affrontare il problema della disoccupazione continuando ad alimentare forme di flessibilità»: il segretario della Cgil, Susanna Camusso, è tornata a sostenerlo a Milano, la città che nel 2015 ospiterà l’esposizione mondiale. E proprio in vista dell’Expo si sta valutando la possibilità di contratti a termine acausali, ma la sindacalista non vuole generalizzare. «Siamo per distinguere - ha sottolineato - tra una discussione generale e un accordo per governare il periodo di Expo attraverso percorsi legislativi che diano certezza e non incertezza ai lavoratori ». «Expo - ha concluso - è un evento straordinario. C’è bisogno di regolare un periodo straordinario. Ciò che non è sopportabile è che si approfitti di un evento straordinario per deregolare il sistema ».


domenica 14 luglio 2013

Contratti di lavoro senza causale, modello Expo fino al 31 dicembre 2016



Le aziende chiedono contratti a termine rinnovabili per 3 anni. Senza causali e con soli 5 giorni di stop.

Le aziende dovrebbero avere la possibilità di stipulare con la stessa persona uno o più contratti a termine, per un massimo di 36 mesi, senza dover indicare alcuna causale, ossia alcuna motivazione del nuovo contratto di lavoro. La differenza rispetto alle norme vigenti è considerevole, perché adesso si può fare solo il primo contratto a termine senza indicare la causale e per una durata massima di 12 mesi. Se passasse invece la proposta delle imprese, si potrebbero fare fino a 6 contratti a termine di seguito, dice la bozza di emendamento, per una durata massima complessiva di 36 mesi e con un intervallo tra l'uno e l'altro di soli 5 giorni. Molto meno dei 60 giorni (90 per i contratti di durata superiore a sei mesi) previsti dalla legge Fornero e ridotti a 10 e 20 giorni dal ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, col decreto legge approvato dal consiglio dei ministri il 28 giugno.

L'obiettivo dichiarato, anche in vista dei lavori eccezionali previsti per Expo 2015, è favorire l'occupazione giovanile, smorzando però oneri e adempimenti. Il fronte degli imprenditori vorrebbe infatti poter stipulare con la stessa persona uno o più contratti a termine, per un massimo di 36 mesi, senza dover indicare una causale specifica.

Quindi si parla di Misure straordinarie per l'occupazione in occasione di Expo 2015» e che prevede, fino al 31 dicembre 2015 (quindi un anno in meno del periodo proposto dalle imprese) 6 interventi: abolizione della causale sui contratti a termine; liberalizzazione dei lavori a chiamata; del lavoro in somministrazione; aumento da 2mila a 5mila euro del limite dei compensi per il lavoro accessorio; contratti a progetto con la causale Expo 2015; ampliamento della possibilità di ricorrere al telelavoro.

Le misure congiunturali devono puntare a realizzare un aumento di contratti a termine che, nel breve periodo, consenta di dare sollievo all'attuale, drammatica situazione dell'occupazione. Ed in questa prospettiva tornano utili anche le assunzioni a termine non finalizzate ad una stabilizzazione, ma ad alleviare temporaneamente le tensioni occupazionali e sociali. In modo dare più speranze ai giovani e al loro rapporto con il mondo del lavoro.

Per fare questo è necessario varare un piano per: a) allungare la durata massima del contratto a termine; b) consentire, nei limiti della durata massima, la prorogabilità del termine iniziale, come del resto avveniva già per il contratto di inserimento che è stato sostituito dal contratto a termine senza causale; c) ridurre gli intervalli che devono intercorrere tra un contratto a termine e quello successivo riportandoli, per legge e non per accordo collettivo, a 10/20 giorni ed azzerandoli per i contratti a termine con finalità sostitutive espressamente individuate; d) sospendere per due anni il contributo addizionale del 1,4% su questi contratti a termine; mantenendo, invece, il vantaggio contributivo (ed aggiungendo quello fiscale) nel caso della loro conversione a tempo indeterminato.



sabato 6 luglio 2013

Ministero del Lavoro: ispezionate oltre 65mila imprese

Boom delle collaborazioni irregolari (+84%) e della somministrazione illecita. Ma diminuisce di otto punti percentuali il lavoro nero. Edilizia e agricoltura i settori più interessati dal fenomeno.

Per l’esattezza sono 65.589 le imprese controllate nei primi tre mesi dell'anno dal ministero del Lavoro (assieme agli enti impegnati nell'attività di vigilanza e le forze dell'ordine): il 62% di queste sono risultate irregolari. Lo ha comunicato il ministero del Lavoro; ed Enrico Giovannini parla di «sforzo straordinario»; e ha ribadito l'impegno «per il raggiungimento degli obiettivi per l'anno 2013, circa 240mila ispezioni concentrate verso forme di irregolarità nella gestione dei rapporti di lavoro». Il ministro ha ricordato poi le misure contenute nel Dl76/2013 tra cui l'importanza attribuita alla tutela dei lavoratori sotto il profilo della regolarità contrattuale e in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

A questo proposito, ha aggiunto Giovannini, il decreto prevede che la rivalutazione del 9,6% delle sanzioni in caso di irregolarità sia in parte utilizzata per progetti e azioni rivolti alla sicurezza. Diminuisce il lavoro nero.

Tra i risultati del primo trimestre, si rileva una diminuzione del lavoro nero (-8% rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedente), con l'accertamento di 21.866 lavoratori totalmente sommersi. Per quanto riguarda l'incidenza del lavoro irregolare per settore, la maggiore concentrazione si conferma nell'edilizia (55% delle aziende ispezionate), in agricoltura (50%) e nel settore terziario e industriale (entrambi con il 46%).

Tra le varie tipologie di violazione, le forme di «decentramento produttivo» irregolare (appalto e somministrazione illecita) raggiungono i livelli più preoccupanti, con 4.900 violazioni (+96% degli illeciti rilevati rispetto all'analogo periodo dell'anno 2012). Seguito dall'utilizzo distorto di forme contrattuali (come le collaborazioni a progetto, partite Iva, associazioni in partecipazione), che interessano 5.227 lavoratori (+84%).

Quindi oltre sei imprese su dieci - su un campione di oltre 65mila sono risultate irregolari per quanto riguarda il trattamento dei dipendenti.

Nel ribadire l'impegno per il raggiungimento degli obiettivi per l'anno 2013, circa 240mila ispezioni concentrate verso forme di irregolarità nella gestione dei rapporti di lavoro, il ministro ha ricordato l'importanza attribuita alla tutela dei lavoratori sotto il profilo della regolarità contrattuale e in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. A questo proposito, ha ricordato Giovannini, il decreto del piano lavoro (76/2013) appena approvato prevede che la rivalutazione del 9,6% delle sanzioni in caso di irregolarità sia in parte utilizzata per progetti e azioni rivolti alla sicurezza.

Tra i risultati del primo trimestre, si rileva una diminuzione del lavoro nero (-8% rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedente), con l'accertamento di 21.866 lavoratori totalmente sommersi. Per quanto riguarda l'incidenza del lavoro irregolare per settore, la maggiore concentrazione si conferma nell'edilizia (55% delle aziende ispezionate), in agricoltura (50%) e nel settore terziario e industriale (entrambi con il 46%).

sabato 29 giugno 2013

Dall'Unione Europea 1,5 miliardi per lavoro giovani


Più soldi per i giovani, accordo politico sul meccanismo di risoluzione delle crisi bancaria - su cui si tornerà a dicembre - e piano Ue-Bei per l'accesso al credito delle piccole e medie imprese. Il vertice dei capi di Stato e di governo dei paesi dell'Ue doveva prendere delle decisioni su temi di carattere economico e occupazione e le ha prese.

Ci si attendevano passi avanti sul progetto di unione bancaria, e sono arrivati: grazie anche a una riunione straordinaria del consiglio Ecofin alla vigilia del vertice, i leader dei ventisette hanno trovato un accordo dando il loro assenso all'intesa raggiunta dai ministri. La Commissione europea dovrà presentare un testo proprio su questo (il presidente Jose' Manuel Barroso lo ha garantito ''entro le prossime due settimane''), per decisioni da prendere in occasione del vertice del Consiglio europeo di dicembre.

Si parte dalla decisione che in caso di fallimento di una banca, non saranno gli Stati a pagare. Qualora non sia possibile salvare un istituto creditizio, a partecipare al fallimento (il cosiddetto ''bail-in'') saranno in prima battuta gli azionisti, poi gli obbligazionisti meno assicurati, e infine i depositi, fatti salvi quelli sotto i 100mila euro. Gli stati dovranno istituire entro dieci anni fondi di risoluzione pari ad ''almeno lo 0,8% dei depositi garantiti di tutte le istituzioni creditizie autorizzate nel paese''. I fondi di risoluzione potranno essere usati per assorbire le perdite o ricapitalizzare le banche, ma fino al 5% dei passivi totali della banche.

Sul fronte del lavoro sono state aumentate le risorse a disposizione della 'Garanzia per l'occupazione giovanile'. Il vertice europeo porta a casa l'anticipo al 2014-2015 dei sei miliardi messi sul piatto lo scorso febbraio, che potranno diventare almeno otto dal 2015 in poi, grazie alla flessibilità prevista dall'accordo sul bilancio raggiunto tra Parlamento e Consiglio. Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, sostiene che le risorse per i giovani potranno arrivare anche a nove miliardi, linea ribadita anche dal presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy.

''Sono stati aumentati ad otto miliardi di euro le risorse per le nostre azioni a sostegno dei giovani, e tutti i soldi non spesi nell'ambito dei programmi europei andranno a sostegno dell'occupazione''. Da qui la possibilità di far aumentare l'ammontare complessivo a sostegno di azioni di contrasto alla disoccupazioni. 

Ricordiamo che l'Unione Europea promuove la mobilità transnazionale in materia di istruzione e formazione attraverso una serie di Programmi rivolti a favorire: maggiori opportunità professionali, l'apprendimento di una lingua straniera, la conoscenze di culture diverse, lo scambio e il confronto di esperienze.

Rivisto al ribasso l'accordo con la Banca europea per gli investimenti per sostenere l'accesso al credito, soprattutto per le piccole e medie imprese. Il Consiglio europeo invita infatti la Bei ad attuare il piano per l'aumento dell'attività di prestiti ''di almeno il 40% tra il 2013 e il 2015'', una soglia che nelle bozze circolate prima del vertice era fissata al 50%. L'aumento è stato chiesto, ma meno rispetto al previsto.

"Un risultato straordinario" è, per il ministro del Lavoro Enrico Giovannini, quello ottenuto dall'Italia al Consiglio Ue. "I fondi della 'Garanzia giovani' sono triplicati, 1,5 miliardi rispetto al mezzo miliardo inizialmente stanziato, nel biennio 2014-2015 e non distribuiti in sette anni, come previsto", ha spiegato Giovannini. Un risultato, aggiunge il ministro in una nota, che "conferma la bontà della strategia messa in campo dal governo italiano nelle ultime settimane": "l'aver posto la disoccupazione giovanile al centro dell'agenda" del vertice Ue,il summit a Roma tra Italia, Francia, Germania e Spagna, e il dl lavoro."Una strategia vincente", ha concluso.

lunedì 24 giugno 2013

Contratti a termine e piccola pausa nelle ipotesi del governo

Nelle ipotesi del governo Letta ci deve essere una forte ed incisiva politica per l'occupazione giovanile, visto che in questo momento di crisi economica la disoccupazione under 30 ha raggiunto dati spaventosi.

Obiettivo minimo 70 mila occupati in più under 30 da subito. Da una parte, a costo zero, si lavorerà per modificare la Riforma Fornero, e si prevede un ripristino della flessibilità in entrata: intervalli ridotti tra un contratto a termine e un altro e clausola della acasusalità estesa oltre il primo anno se c’è l’accordo sindacale.

Infatti il governo intende stanziare il miliardo di euro per la lotta alla disoccupazione, dopo aver cambiato la riforma Fornero.

Quindi ormai è certo che il governo sta cercando di porre i termini per rivedere la riforma Fornero e dare più speranze ai giovani e al loro rapporto con il mondo del lavoro. Infatti, al vaglio ci sono nuove misure per incentivare l'occupazione. Il tesoretto a disposizione non è particolarmente ricco e verrà dunque usato con molta moderazione. Circa 500 milioni di euro verranno destinati probabilmente alle agevolazioni contributive per le aziende che assumono un giovane, con uno sgravio che potrà arrivare sino a 10mila euro per ogni nuovo occupato, nell'arco di 18-24 mesi. Un altro stanziamento di 100 milioni sarà invece dirottato sui sostegni all'autoimprenditoralità, cioè ai giovani che avviano un'iniziativa aziendale o di lavoro autonomo, utilizzando come veicolo Invitalia, l'agenzia governativa nata per promuovere gli investimenti. Inoltre, secondo le indiscrezioni che circolano in questi giorni, circa 25-30 milioni di euro dovrebbero invece essere utilizzati per finanziare la nascita di cooperative costituite da giovani, operanti in campo sociale e culturale.

Il Pacchetto lavoro si dovrebbe districare su diverse linee guida che cerchiamo di riassumere.

Sgravi sui contributi, incentivi a chi avvia un'attività imprenditoriale, stage da 500 euro al mese per i giovani e un rafforzamento dei Centri per l'Impiego, cioè gli ex-uffici di collocamento. Sono i pilastri su cui si fondano le nuove strategie del governo e del ministro del Lavoro, Enrico Giovannini , nella lotta alla disoccupazione, soprattutto quella giovanile.

Altra linea guida è quella di ridurre la pausa obbligatoria prevista dalla legge tra un contratto e l'altro. Per almeno due anni, e comunque fino all'Expo 2015, il periodo che deve intercorrere tra un'assunzione e l'altra potrebbe essere ridotto a 10-20 giorni. Con la crisi che ha decimato l'occupazione, la priorità oggi è quella del lavoro, e almeno in questo contesto non ha senso scoraggiare troppo il lavoro a tempo determinato con vincoli troppo rigidi sui contratti.

Un altro pilastro delle politiche anti-disoccupazione del governo sarà rappresentano dall'offerta di stage formativi nelle aziende della durata di 6 mesi, destinati agli under 30 e gestiti da un'altra agenzia governativa, Italia Lavoro, che si occupa da anni di politiche sociali. La somma disponibile per attuare questo provvedimento dovrebbe aggirarsi sui 200 milioni di euro, che permetteranno complessivamente l'avvio di qualche decina di migliaia di tirocini, remunerati con appena 500 euro al mese ciascuno.

Infine, tra i programmi del ministro Giovannini c'è il rafforzamento dei Centri per l'Impiego, cioè gli ex-uffici di collocamento pubblici, in riferimento al modello adottato in Germania e basato su un forte coordinamento tra le politiche del lavoro nazionali e le strutture locali, che operano sui singoli territori. Si tratta però di un'impresa difficile basti pensare che i centri per l'impiego tedeschi hanno quasi 75mila dipendenti in tutto (contro i 10mila circa del nostro paese), con ogni funzionario che "gestisce" una media di 50 disoccupati, quasi un terzo rispetto a quelli seguiti da un dipendente delle strutture di collocamento italiane.

domenica 23 giugno 2013

Riforma del Lavoro: i dettagli del Pacchetto del Governo Letta

Piano lavoro pronto per mercoledì 26 giugno 2013. Allo studio una maggiore flessibilità dei contratti a termine, una revisione dell'apprendistato e interventi per incentivare le assunzioni dei giovani.

Il ministro del lavoro Enrico Giovannini starebbe predisponendo insieme ai tecnici del dicastero innanzitutto misure a costo zero che vanno in direzione di una maggiore flessibilità (ancora) per i contratti a termine. Poi l’omogeneizzazione delle regole sull’apprendistato e interventi che mirino a incentivare le assunzioni dei giovani utilizzando la leva fiscale, con il meccanismo del credito d’imposta.

Conto alla rovescia per il Decreto del governo sul Lavoro, mentre il dibattito sulle modifiche da apportare alla Riforma Fornero resta molto aperto: il CdM sul Pacchetto Lavoro è atteso entro il vertice di Bruxelles del 28 giugno.

Alla tavola rotonda “Tecnici a confronto” svolta al Festival del Lavoro di Fiuggi si sono levati spunti e previsioni sui piani del Governo:

Contratti a termine: Paolo Pennesi, Direttore generale per l’area ispettiva, ha affermato che non ci saranno stravolgimenti. Molto improbabile un cambiamento sulla durata del contratto senza causale (un anno, secondo la riforma), anche se non si esclude un intervento su giovani (under 30) e over 50, per i quali si pensa a un’estensione a 18 mesi. Possibili anche nuovi spazi per la contrattazione collettiva sui contratti senza causale. Praticamente certa la riduzione degli intervalli fra un contratto e l’altro (probabilmente a 20-30 giorni).

Apprendistato: Il vice direttore dell’area ispettiva, Danilo Papa, anticipa possibili interventi sulla formazione trasversale, prevedendo che «fino al 2015 si privilegerà la formazione contrattuale».

Contratto a progetto: i tecnici del ministero ritengono che le modifiche potrebbero riguardare un ammorbidimento del divieto di instaurarlo per mansioni ripetitive ed esecutive.

Lavoro a chiamata: attesa una proroga a fine anno del regime transitorio che termina il 18 luglio 2013 (i contratti non in regole cesseranno di essere validi) per temporeggiare fin dopo l’estate.

Il 18 giugno c’è stato un incontro fra il ministro Giovannini e i rappresentanti di imprese e PMI (Confindustria, Abi, Rete Imprese Italia, Agrinsieme, Coldiretti e Alleanza Coop). Al termine, Rete Imprese Italia ha anticipato che «le prime misure annunciate dal ministro vanno nella giusta direzione evidenziando l’importanza, soprattutto in questa fase, di non esitare sulla flessibilità in entrata e sugli interventi che occorrono al mercato del lavoro».

In commissione alla Camera è partita un’indagine conoscitiva sull’emergenza occupazionale con particolare riguardo alla disoccupazione giovanile, che terminerà entro il 31 luglio. Due i filoni all’attenzione dei deputati:
1.cuneo fiscale
2.correttivi alla riforma Fornero.

Previste le audizioni di consulenti del lavoro, Istat, Cnel, Italia lavoro,  assessorati regionali al lavoro, sindacati, organizzazioni datoriali, cooperative, docenti universitari. Un percorso conoscitivo che, ha sottolineato il presidente della Commissione Cesare Damiano, porterà a «costruire un quadro chiaro dei bisogni urgenti del paese» e, in relazione alla riforma Fornero (Legge 92/2012, vai allo speciale) a «capire fino in fondo quali siano stati gli effetti dei mutamenti normativi, per poter intervenire chirurgicamente sulle disfunzioni rilevate dalle parti sociali», come dichiarato a Fiuggi.

Di cuneo fiscale «parleremo in occasione della Legge di Stabilità, non in questo momento» ha invece avvertito il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini a margine del Consiglio Ue in Lussemburgo. Negli ultimi giorni erano arrivate sollecitazioni a occuparsi del costo del lavoro da parte degli industriali, a partire dal presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi: «fra IVA e IMU il vero problema è il costo del lavoro».

Dopo le dichiarazioni del governo che rinviano il tutto all’autunno, Squinzi ha commentato: «riflettere, fare l’inventario e l’analisi dei problemi mi sembra un metodo che può essere anche corretto, purché poi alla fine si prendano le decisioni vere, perché tutto ci possiamo permettere, tranne che continuare a ritardare le decisioni». Traduzione: entro fine anno il taglio del cuneo fiscale deve arrivare.

venerdì 21 giugno 2013

Ministro Enrico Giovannini e il piano del lavoro


"Il governo conta di non usare solo fondi europei, ma anche ulteriori fondi'' per finanziare le misure per il piano per i giovani. Lo ha detto il ministro del Lavoro Enrico Giovannini.

"Stiamo lavorando su questo. Quello che è importante è che mettiamo insieme una serie di strumenti che non siano solo orientati ai giovani ma anche a chi ha perso il lavoro, a chi è inattivo oppure a coloro che usufruiscono di ammortizzatori che costano moltissimo alla collettività". Così il ministro del Lavoro Enrico Giovannini.

"Il governo conta di non usare solo fondi europei, ma anche ulteriori fondi" per finanziare le misure per il piano per i giovani. Lo ha detto il ministro del Lavoro Enrico Giovannini a margine della mostra "La rinascita. Storie dell'Italia che ce l'ha fatta". "E' questo il dibattito che stanno affrontando i nostri tecnici perché il lavoro, come ha detto il premier, è la nostra priorità assoluta", ha aggiunto.

Sono 520mila lavoratori in cassa integrazione a zero ore da inizio anno, con 460 milioni di ore nei primi cinque mesi, ed una perdita secca in busta paga per i dipendenti coinvolti di 1,7 miliardi, pari a una riduzione del salario di circa 3.300 euro al netto delle tasse. Lo rileva la Cgil: "numeri spaventosi, segno della crisi profondissima".

"In un Paese in cui il tema più rilevante è la mancanza dei consumi e il reddito, l'Iva diventa anche psicologicamente una cosa importante. Ciò che non va bene é l'idea che siccome devi intervenire sull'Iva devi anche abolire la tassa sulla proprietà della casa".

"Il governo conta di non usare solo fondi europei, ma anche ulteriori fondi'' per finanziare le misure per il piano per i giovani. Lo ha detto il ministro del Lavoro a margine della mostra ''La rinascita. Storie dell'Italia che ce l'ha fatta''. ''E' questo il dibattito che stanno affrontando i nostri tecnici perche' il lavoro, come ha detto il premier, e' la nostra priorita' assoluta'', ha aggiunto.

"Non è stato ancora fissato, ma immagino che ci sarà'". Ha replicato così il ministro del Lavoro Enrico Giovannini, ai giornalisti che gli chiedevano se ci sarà un nuovo incontro tra il governo e i sindacati. A margine dell'inaugurazione della mostra "La Rinascita" ad Asti il ministro si è' soffermato sulle critiche rivolte al governo dalla leader della Cgil, Susanna Camusso e ha ironizzato: "Anche lei evidentemente legge i giornali". "Nel senso - ha precisato il ministro - che gli annunci indicano una linea, ma nessuno ha parlato di cifre". Giovannini ha poi ricordato: "Abbiamo avviato coi sindacati un dialogo fruttuoso, li abbiamo incontrati più volte insieme alle categorie professionali e ci siamo scambiati le opinioni. Dopodiché la prossima settimana il governo farà l'intervento prima del Consiglio europeo".

mercoledì 12 giugno 2013

Lavoro: tasse, liberalizzazioni e salari. Che accadrà ancora nel 2013?

I giovani disoccupati italiani sono "650 mila: un numero aggredibile": lo afferma il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, ribadendo la differenza per cui "non è vero che il 40% dei giovani italiani è senza lavoro, perché è l'l'11% dei giovani italiani che è senza lavoro, il 40% dei giovani attivi". Il reddito minimo a tempo? ''Non so di cosa si tratta. Abbiamo tante ipotesi allo studio'': così risponde il ministro alla domanda sulla proposta lanciata dai giovani di Confindustria, arrivando al convegno.

''Il reddito minimo di inserimento è una cosa, il reddito di cittadinanza un'altra. Abbiamo ammortizzatori sociali che funzionano per un periodo di tempo, quindi è difficile capire da uno slogan'', ha aggiunto.''Stiamo valutando'': Giovannini risponde così a chi gli chiede una stima sulle risorse da destinare al piano per l'occupazione. ''Le risorse disponibili a metà anno non sono molte. Questo governo ha deciso, contrariamente a quelli precedenti, di non fare manovre a metà anno ed è per questo che stiamo valutando i fondi disponibili, sia quelli europei sia altri fondi'', afferma il ministro: ''E' proprio quello su cui stiamo lavorando''. Il ministro ribadisce comunque che ''stiamo lavorando seriamente per modificare quello che serve sulla legge che regola il mercato del lavoro per trovare incentivi per stimolare l'occupazione, in particolare quella giovanile, rivedere gli ammortizzatori, anche quelli in deroga, dare una forza maggiore ai sistemi per l'impiego perché - sottolinea - se non riusciamo a migliorare la nostra formazione e soprattutto l'orientamento dei giovani verso l'impiego, non possiamo avere ammortizzatori sociali che durano in eterno''.
Su questo si sta lavorando ''oltre ad una serie di semplificazioni''.

Alla domanda se incontrerà le parti sociali prima del vertice del 14 giugno a Roma dei ministri dell'Economia e del Lavoro di Italia, Francia, Germania e Spagna sull'occupazione, Giovannini sottolinea che ''quello è un vertice di lavoro europeo. Le parti sociali le incontreremo prima naturalmente della preparazione finale dei piani e dell'intervento che facciamo per fine giugno''.''Il piano per l'occupazione lo sto facendo copiando i giornali, che raccontano anche oggi di un fantomatico documento già pronto con fantomatiche percentuali di sgravi fiscali. Non esiste, però rende più facile il mio lavoro, basta copiare'', ha concluso Giovannini.

"Le diseguaglianze hanno ripreso ad allargarsi. Siamo diventati uno dei Paesi più diseguali del mondo, ma anche fra quelli con una mobilità sociale pressoché bloccata: una combinazione davvero esplosiva per la tenuta civile del Paese". Così la presidente della Camera Laura Boldrini al convegno di Confindustria.
"Hanno svuotato il domani di speranza e colmato il presente di angoscia", sottolineano le tesi dei Giovani imprenditori di Confindustria. Il leader Jacopo Morelli avverte: "Senza prospettive per il futuro l'unica prospettiva diventa la rivolta". Ora "perseguire insieme sviluppo, libertà economica, coesione sociale".
I giovani di Confindustria chiedono "uno strumento universale e flessibile" per il mercato del lavoro. Le tesi dei giovani, illustrate dal presidente Jacopo Morelli, sottolineano che non serve "il sussidio a pioggia del reddito di cittadinanza" ma, questa la proposta dei giovani industriali lanciata dal convegno di Santa Margherita Ligure, "una sorta di reddito minimo a tempo condizionato all'attiva ricerca di lavoro e alla formazione professionale".

Chi ha la responsabilità di Governo "non è chiamato a ripetere quello che già si fa o a farlo un po' meglio ma a compiere quanto al momento nessuno fa". Così i giovani di Confindustria invitano il nuovo governo a"a dare un progetto concreto di futuro. A disegnare l'Italia che sarà tra 10 anni". "La capacità di visione per un leader è essenziale" dice Jacopo Morelli: "Non un governo che faccia miracoli ma che agisca sulla competitività del Paese. Miracoli no, statisti sì".

La priorità dovrebbe essere "il livello di tassazione su lavoro e imprese", chiedono i giovani di Confindustria: 'Se sull'Imu in governo è "intervenuto in 10 giorni", sul cuneo fiscale "non si intravedono riforme all'orizzonte". "120 miliardi di evasione fiscale sono una ferita, 60 miliardi di corruzione sulle spalle del nostro Paese sono un macigno", sottolinea il presidente dei giovani, Jacopo Morelli, nelle tesi presentate al convegno di Santa Margherita Ligure.

"Scateniamoci. Liberiamo l'Italia da vincoli e catene": con questo slogan i giovani imprenditori di Confindustria presentano le proprie tesi al 43/mo convegno di Santa Margherita Ligure. "Qualcuno accusa gli imprenditori e Confindustria di ripetere le stesse cose. Ribattiamo che non siamo ripetitivi per mancanza di argomenti, ma purtroppo perché, da troppo tempo, continuiamo ad essere bloccati sui soliti problemi", dice il presidente Jacopo Morelli, sottolineando che l'Italia "per troppi anni non si è mossa". E' "arrivato il tempo di guardare avanti: con orgoglio, con fiducia, con dignità. Tocca a noi. Scateniamoci!".

"3,8 milioni di posti di lavoro persi. -12% di produzione industriale. Un bollettino di guerra per 5 anni di crisi" in Europa, sottolinea il presidente dei giovani di Confindustria, Jacopo Morelli, nelle tesi al convegno di Santa Margherita Ligure. "L'occupazione non nasce da sola per decreto, nasce perché qualcuno, l'imprenditore, riesce a combinare i fattori della produzione. Non serve che ci siano lavoratori, terreni, impianti, macchinari, se tutto è inutilizzato. Nessun imprenditore può lavorare se non ha sicurezza e mancano le prospettive". Qualunque società, dice Morelli, "esige fiducia". I giovani industriali ricordano anche i dati italiani sulla 'disoccupazione giovanile al 40,5, che sale di dieci punti al Sud'', la "contrazione della produzione del 25%", il "Pil atteso ancora in calo a fine anno".

"Nell'estate del 1513 Machiavelli inizia a scrivere Il Principe, in una Italia tormentata da incertezze e lotte. Oggi, dopo 500 anni, le similitudini non mancano". Il presidente dei giovani di Confindustria, Jacopo Morelli, ha esordito così nelle "tesi dei giovani imprenditori" presentate al tradizionale convegno di Santa Margherita Ligure. "Quando il futuro fa paure, quando la diseguaglianza minaccia la nostra società, non serve fingere. Arriva un momento, e quel momento è adesso, in cui chiederci quante occasioni possiamo ancora sprecare", ha aggiunto.

"Oggi l'imprenditore é solo quando deve chiudere la propria azienda. Solo quando deve comunicare ai propri dipendenti il licenziamento. Solo quando si trova davanti alle ipoteche sulla casa. Troppi imprenditori sono stati soli quando hanno deciso di finirla con tutto". Lo ha sottolineato al convegno di Santa Margherita Ligure il leader dei giovani imprenditori di Confindustria. Che rilancia anche l'allarme fisco con le stesse parole che aveva usato all'ultimo convegno di Capri innescando un dibattito: Il fisco ha raggiunto i livelli di una confisca".

Si fa più forte la caduta dei prestiti bancari ad aprile. Secondo i dati della Banca d'Italia i prestiti al settore privato hanno registrato un calo su base annua del 2,3% (1,7% a marzo). I prestiti alle famiglie sono scesi dello 0,8% sui 12 mesi, come nel mese precedente. Per le società non finanziarie sono scesi del 3,7% (2,8% a marzo). Il calo più consistente riguarda le retribuzioni della Pubblica amministrazione (da 31.964 a 30.765 con quasi 1.200 euro persi con il blocco dei contratti) e il credito con oltre 1.200 euro persi in media.

Aumenta il tasso di crescita sui dodici mesi delle sofferenze bancarie. Secondo la Banca d'Italia é risultato pari al 22,3% (21,7% a marzo). Nello stesso mese resta sostenuto il tasso di crescita su base annua dei depositi del settore privato, attestandosi al 7,1 per cento (7,0% a marzo). Il tasso di crescita sui dodici mesi della raccolta obbligazionaria, includendo le obbligazioni detenute dal sistema bancario, è stato pari al -3,0% (-3,3% nel mese precedente).

Lieve rialzo ad aprile per i tassi d'interesse erogati dalle banche alle famiglie per l'acquisto di abitazioni. Secondo la Banca d'Italia in media sono al 3,95% (3,90% a marzo); quelli sulle nuove erogazioni al consumo sono calati al 9,48% (9,64% a marzo). I tassi sui nuovi prestiti alle società non finanziarie sotto il 1 milione sono stati pari al 4,39% (4,36% a marzo); quelli sui nuovi prestiti di importo superiore sono saliti al 3,12% (2,93% a marzo). I tassi passivi sul complesso dei depositi sono stabili all'1,14% (1,16%).

Dal prossimo 12 giugno gli italiani non lavoreranno più per il fisco. Lo dice la Cgia di Mestre che da anni calcola la data in cui i contribuenti italiani cominciano a lavorare per se stessi. Quest'anno sono serviti 162 giorni per assolvere agli obblighi fiscali e contributivi: una punta massima mai toccata nella storia recente del nostro Paese. Per Cgia ciò è dovuto soprattutto al forte aumento registrato negli ultimi anni dalla pressione fiscale: nel 2013, infatti, toccherà il record storico del 44,4% del Pil.

"Dobbiamo lavorare anche sulle liberalizzazioni. Il governo presenterà a breve misure in questo campo". Lo annuncia il ministro dell'Economia, Saccomanni, parlando al Consiglio delle relazioni Italia-Usa a Venezia. Poi sottolinea: "Dobbiamo ridurre le tasse sulle aziende e sul lavoro" e le risorse vanno trovate "tagliando le spese, i sussidi e gli incentivi, in passato dati troppo generosamente". Plauso alla Bce: "E' stata in grado di adottare politiche monetarie che ridurranno i rischi di grandi disastri".
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