mercoledì 30 dicembre 2015

Pensioni nel 2016, debutta il gradino stangata per le donne 22 mesi di lavoro in più


Bastonata in arrivo nel 2016 sull'età di accesso alla pensione e sull'importo dell'assegno calcolato con il metodo contributivo. La Legge di Stabilità limita gli interventi sul settore pensionistico solo ad aspetti marginali per quanto riguarda l'età di uscita dal lavoro e nel 2016 scatterà sia il gradino previsto dalla legge Fornero per la pensione di vecchiaia delle donne, sia l'aumento di 4 mesi per tutti legato alla speranza di vita, sia la revisione dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo.

In pratica per le donne dipendenti del settore privato l'età di uscita per vecchiaia passerà dai 63 anni e 9 mesi del 2015 a 65 anni e 7 mesi (compreso l'innalzamento di 4 mesi dell'aspettativa di vita), mentre le autonome potranno prendere l'assegno solo dopo aver compito 66 anni e un mese. La legge di stabilità prevede la possibilità per le donne che compiono entro il 2015 57 anni e 3 mesi di età (58 le autonome) e 35 di contributi di uscire dal lavoro anche l'anno prossimo una volta atteso il periodo previsto dalla finestra mobile (un anno per le lavoratrici dipendenti, un anno e mezzo per le autonome).

La classe di età più penalizzata è quella delle donne nate nel 1953 dato che si ritroveranno a rincorrere la pensione fino al 2020 (nel 2018, quando compiranno 65 anni e 7 mesi sarà scattato un nuovo scalino mentre nel 2019 ci sarà nuovo aumento della speranza di vita). Per le donne nate nel 1952 invece è prevista un'eccezione che consente a fronte di 20 anni di contributi l'uscita a 64 anni più l'aspettativa di vita.

L'aumento dell'aspettativa di vita definito a partire dal 2016 è di 4 mesi e quindi dall'anno prossimo gli uomini andranno in pensione di vecchiaia a 66 anni e sette mesi (66 anni e 3 mesi fino a fine 2015), mentre per la pensione anticipata saranno necessari 42 anni e 10 mesi di contributi (compreso l'incremento di 4 mesi della speranza di vita rispetto al 2015).

Per le donne sarà possibile andare in pensione prima dell'età di vecchiaia solo in presenza di 41 anni e 10 mesi di contributi.

Il nuovo adeguamento sulla speranza di vita verrà deciso per il 2019. Nel 2018 le donne avranno un nuovo scalino per l'età di vecchiaia e andranno in pensione alla stessa età degli uomini, ovvero a 66 anni e sette mesi. Le dipendenti pubbliche (già allineate all'età degli uomini sin dal 1° gennaio 2012) nel 2016 andranno in pensione di vecchiaia alla stessa età degli uomini (66 anni e sette mesi).

Nel 2016 scatteranno anche i nuovi coefficienti di trasformazione del montante contributivo. La sola quota contributiva dell'importo pensionistico quindi a parità di età di uscita risulterà più basso perché sarà moltiplicato per un coefficiente inferiore. Per gli uomini, la riduzione del coefficiente per la quota contributiva della pensione di vecchiaia - calcola Antonietta Mundo, già coordinatore generale statistico attuariale dell'Inps - è dello 0,99% (tra il coefficiente relativo a 66 anni e 3 mesi del 2013 e quello relativo alla nuova età 66 anni e 7 mesi del 2016). Per le donne del settore privato invece la quota contributiva della pensione di vecchiaia aumenta del 4,09%, perché i 22 mesi di lavoro in più e quindi l'uscita con un coefficiente di età più elevato è più che sufficiente a compensare la generale riduzione dei coefficienti.

Così per le donne dipendenti del settore privato l’età di uscita per vecchiaia passerà dai 63 anni e 9 mesi del 2015 a 65 anni e 7 mesi (compreso l’innalzamento di 4 mesi dell’aspettativa di vita), mentre le autonome potranno prendere l’assegno solo dopo aver compiuto 66 anni e un mese. Anche se l’opzione-donna in Stabilità prevede la possibilità per le donne che entro il 2015 compiono 57 anni e tre mesi di età (58 le autonome) e 35 di contributi di uscire dal lavoro anche l’anno prossimo una volta atteso il periodo previsto dalla finestra mobile (un anno per le lavoratrici dipendenti, un anno e mezzo per le autonome).

Dal 2016 gli uomini andranno in pensione di vecchiaia a 66 anni e sette mesi (era 66 anni e 3 mesi fino al 2015), mentre per la pensione anticipata saranno necessari 42 anni e 10 mesi di contributi (compreso l’incremento di 4 mesi della speranza di vita rispetto al 2015). Per le donne sarà possibile andare in pensione prima dell’età di vecchiaia solo in presenza di 41 anni e 10 mesi di contributi. Nel 2018 le donne avranno un nuovo scalino per l’età di vecchiaia e andranno in pensione alla stessa età degli uomini, ovvero a 66 anni e sette mesi. Requisito che scatterà a partire dal prossimo anno invece per le dipendenti pubbliche già allineate all’età degli uomini sin dal 1° gennaio 2012.

Per gli uomini che vanno in pensione di vecchiaia i quattro mesi in più di età mitigano la riduzione dei coefficienti prevista per il 2016 , ma rispetto alla vecchiaia a 66 anni e 3 mesi con i precedenti coefficienti 2013, perdono comunque lo 0,99%».

martedì 29 dicembre 2015

Collaboratori: proroga della DIS–COLL


E’ stato prorogato per tutto il prossimo anno il Dis Coll, l’indennità per i professionisti disoccupati iscritti alla gestione separata dell’Inps e CoCoPro, collaboratori coordinati e continuativi e a progetto, che prevede l’erogazione di un assegno pari al 75% del reddito medio mensile nei casi in cui il reddito mensile sia pari o inferiore a 1.195 euro mensili nel 2015 e non può essere superiore ai 1.300 euro nel 2015.

La Dis Coll è l’indennità di disoccupazione riconosciuta ai collaboratori coordinati e continuativi che coinvolge anche i lavoratori con contratto a progetto iscritti in via esclusiva alla Gestione Separata dell’Inps. Per aver diritto all’ammortizzatore sociale bisogna possedere i seguenti requisiti:

disoccupazione;

3 mesi di contribuzioni nel periodo tra il 1 gennaio e il 31 dicembre dell’anno solare precedente quello della cessazione dell’attività lavorativa:

almeno un mese di contribuzione nell’anno solare in corso.

L’importo dell’assegno è pari al 75% dei compensi fino ad un importo massimo di 1.195 euro per poi scendere del 25% sugli importi superiori a tale importo. L’importo mensile dell’indennità di disoccupazione non potrà, in ogni caso, essere superiore ai 1300 euro al mese
.
L’assegno verrà pagato per un numero di mesi pari alla metà di quelli coperti da contribuzione nei 12 mesi precedenti alla disoccupazione, nel migliore dei casi, quindi, spetterà una disoccupazione per 6 mesi.

Il disegno di legge di Stabilità 2016 proroga per il prossimo anno la DIS-COLL, l’indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa. Di conseguenza, dal 2016, coloro che concluderanno la propria attività di collaborazione potranno continuare a fruire dell’indennità di disoccupazione. La proroga contiene anche alcune modifiche rispetto alle previsioni generali del Jobs Act. In particolare, in relazione al calcolo della durata della prestazione, non sono computati i periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazione della DIS-COLL.

DIS-COLL, alla fine arriva la proroga della prestazione anche per il 2016. Con un emendamento alla legge di Stabilità, infatti, è stata prorogata al 2016 l’indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa - DIS-COLL.

Secondo quanto specificato dal Ministero del Lavoro, l’indennità in caso di perdita dell’occupazione è prevista per i collaboratori coordinati e continuativi e quelli a progetto, ma non ai titolari degli assegni di ricerca ed è irrilevante che siano iscritti alla gestione separata dell’Inps e che quindi versino contributi previdenziali in tale gestione. Saranno in vigore nel 2016 ancora anche Naspi e Asdi: la Naspi, Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, sarà erogata mensilmente per un massimo 24 mesi e per importi massimi fino a 1.300 euro al mese.

La Naspi sarà estesa a 24 mesi anche dopo il 2016. Inizialmente, infatti, dal 2017, la durata massima avrebbe dovuto ridursi a 18 mensilità. I requisiti per richiedere la Naspi restano sempre gli stessi: dichiarazione dello stato di totale disoccupazione; e avere almeno tredici settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione o diciotto giornate di lavoro effettivo o equivalenti, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.

Il lavoratore disoccupato che, esaurita la Naspi, non avesse ancora trovato una nuova occupazione può richiedere l’Asdi, un nuovo assegno di disoccupazione, pari al 75% dell’ultima mensilità della Naspi percepita. Anche per richiedere l’Asdi bisogna inoltrare domanda all’Inps, che lo erogherà per i 6 mesi successivi. Si può percepire l’Asdi a condizione che si aderisca ad un percorso di formazione, specializzazione definito dai centri per l’impiego o si dimostri di essere alla concreta ricerca di una nuova occupazione.

Il modulo domanda dis-coll va presentato all’INPS per via telematica entro 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro, pena la non ammissibilità al beneficio.

Per cui la scadenza per inviare il modulo INPS è di 68 giorni dal giorno del licenziamento altrimenti non si ha più diritto all'indennità.

Per inviare il modulo INPS direttamente, il collaboratore deve essere in possesso del PIN Dispositivo INPS e accedere al sito ufficiale dell'istituto e seguire le istruzioni per la presentazione della domanda di disoccupazione per via telematica altrimenti può rivolgersi presso i Caf e Patronati o intermediari autorizzati, presentandosi insieme alla documentazione richiesta per il riconoscimento dello stato di disoccupazione: iscrizione al centro per l'impiego e sottoscrizione della DID dichiarazione immediata disponibilità al lavoro che è stata modificata di recente con l'entrata in vigore dell’articolo 1, comma 3, della legge 10 dicembre 2014, n.183, che ha previsto nuove misure che condizionano la fruizione della DIS-COLL alla ricerca attiva di un’occupazione e al reinserimento nel mondo del lavoro. Per cui come avviene ora con l'ASpI, i collaboratori devono, in sede di presentazione della domanda di DIS-COLL, rilasciare direttamente all’INPS la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro, che l’INPS  successivamente metterà a disposizione dei servizi competenti.

Una volta prestata la domanda e verificato il possesso dei requisiti e le condizioni per accedere alla prestazione, l'INPS provvede ad erogare l'importo dell'indennità di disoccupazione spettante a partire dal giorno successivo alla data di presentazione della domanda e in ogni caso non prima dell’8° giorno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro.

Legge di Stabilità 2016: cosa cambia per lavoro e pensioni


Misure per l’occupazione e norme sull'adeguamento delle pensioni e sugli ammortizzatori sociali in arrivo, dal 1° gennaio 2016, ad opera della legge di Stabilità 2016. Prorogato lo sgravio contributivo per le nuove assunzioni con contratti di lavoro a tempo indeterminato effettuate nel 2016. Elevata, dal 2016, la misura delle detrazioni dall'imposta lorda IRPEF spettanti con riferimento ai redditi da pensione, cd. no tax area per i pensionati. Ripristinate, infine, le agevolazioni fiscali sulle somme corrisposte ai dipendenti dai datori di lavoro privati per premi di produttività. Queste, in sintesi, alcune delle novità della manovra finanziaria per il 2016.

Vediamo le novità.
Per il settore del lavoro, viene innanzitutto prevista la proroga dello sgravio contributivo per le nuove assunzioni con contratti di lavoro a tempo indeterminato effettuate nel 2016.

Per le pensioni si prevede un ulteriore intervento in favore dei soggetti salvaguardati, garantendo l'accesso al trattamento previdenziale con i vecchi requisiti ad un massimo di ulteriori 26.300 soggetti. Prorogata la sperimentazione della cosiddetta opzione donna. Dal 2016 viene elevata la misura delle detrazioni dall'imposta lorda IRPEF spettanti con riferimento ai redditi da pensione (cd. no tax area per i pensionati).

Assunzioni per le imprese del Mezzogiorno
Si estende alle assunzioni a tempo indeterminato dell'anno 2017 l'esonero contributivo – introdotto per il 2016 – in favore ai datori di lavoro privati operanti nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna.

L’estensione non sarà automatica, così come previsto per misura base, ma occorrerà attendere un apposito Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. La spettanza del beneficio è condizionata all'autorizzazione della Commissione europea.

Proroga dell’esonero contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato
Si prevede, per il settore privato, uno sgravio contributivo per i contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato relativi ad assunzioni decorrenti dal 1° gennaio 2016 e stipulati entro il 31 dicembre 2016.

Lo sgravio contributivo consiste nell'esonero dal versamento del 40% dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro (con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), nel limite di 3.250 euro su base annua e per un periodo massimo di 24 mesi.

Detassazione premi di produttività
Si ripristina la disciplina tributaria specifica per gli emolumenti retributivi dei lavoratori dipendenti privati di ammontare variabile e la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili, nonché per le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa.

La norma riguarda i titolari di reddito da lavoro dipendente privato di importo non superiore, nell'anno precedente quello di percezione, a 50.000 euro.

Aliquota contributiva lavoratori autonomi
Viene confermata al 27%, anche per il 2016, l’aliquota contributiva dovuta dai lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata INPS, non iscritti ad altre gestioni di previdenza obbligatoria, né pensionati.

Congedo di paternità
Vengono prorogate, sperimentalmente per il 2016, alcune disposizioni, già previste in via sperimentale per gli anni 2013-2015, in materia di congedo obbligatorio e facoltativo del padre lavoratore dipendente, elevando altresì da uno a due giorni quello obbligatorio.

Opzione donna
Si ridefinisce l’ambito temporale di applicazione dell’istituto (transitorio e sperimentale) che permette alle lavoratrici l’accesso al trattamento anticipato di pensione in presenza di determinati requisiti anagrafici e contributivi e a condizione che tali soggetti optino per il sistema di calcolo contributivo integrale (c.d. opzione donna).

Inoltre, in merito dalla sperimentazione dell’opzione donna, si prevede la trasmissione, entro il 30 settembre di ogni anno, di una relazione alle Camere, da parte del Governo, sulla base dei dati rilevati dall’INPS nell’ambito della propria attività di monitoraggio sull’attuazione della sperimentazione, con particolare riferimento alle lavoratrici interessate e ai relativi oneri previdenziali.

Contributo per servizio di baby-sitting
Si prorogano per il 2016 le norme già stabilite, in via sperimentale, per gli anni 2013-2015, relative alla possibilità, per la madre lavoratrice dipendente o titolare di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, di richiedere, in sostituzione, anche parziale, del congedo parentale, un contributo economico da impiegare per il servizio di baby-sitting o per i servizi per l'infanzia.

Cure parentali per lavoratrici autonome
Si estende, in via sperimentale per il 2016 e nel limite di 2 milioni di euro, alle madri lavoratrici autonome o imprenditrici il beneficio la possibilità già prevista per la madre lavoratrice dipendente di richiedere, in sostituzione (anche parziale) del congedo parentale, un contributo economico da impiegare per il servizio di baby-sitting o per i servizi per l'infanzia (erogati da soggetti pubblici o da soggetti privati accreditati).

Trasformazione da tempo pieno a tempo parziale del rapporto di lavoro subordinato
Si introduce, per il settore privato, una specifica disciplina transitoria, relativa ad una fattispecie di trasformazione da tempo pieno a tempo parziale del rapporto di lavoro subordinato, con copertura pensionistica figurativa per la quota di retribuzione perduta e con la corresponsione al dipendente, da parte del datore di lavoro, di una somma pari alla contribuzione pensionistica che sarebbe stata a carico di quest'ultimo (relativa alla prestazione lavorativa non effettuata).

Norme sull’adeguamento delle pensioni e sugli ammortizzatori sociali
Si apportano numerose alle disposizioni in materia di adeguamento e rivalutazione degli importi pensionistici, nonché di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro e in caso di disoccupazione involontaria.

Tra le altre cose:
- si esclude l’applicazione di un’indicizzazione negativa delle prestazioni previdenziali ed assistenziali: si dispone, infatti, che la percentuale di adeguamento dei relativi importi, corrispondente alla variazione nei prezzi al consumo accertata dall’ISTAT, non può essere inferiore a zero;

- con riferimento alla percentuale di variazione per il calcolo della rivalutazione delle pensioni per il 2014 (determinata definitivamente con decorrenza dal 1° gennaio 2015), si prevede che le operazioni di conguaglio derivanti dagli scostamenti dei valori posti a base della perequazione automatica, limitatamente ai ratei corrisposti nel 2015, non vengano operate in sede di rivalutazione delle pensioni per il medesimo 2015, ma di quelle del 2016;

- si precisa l’ambito di applicazione della disposizione (art. 46, co. 3, D.Lgs. 148/2015) che prevede l’abrogazione, dal 1° luglio 2016, delle disposizioni concernenti i contratti di solidarietà stipulati dalle imprese che non rientrano nel campo di applicazione dell’art. 1 del D.L. n. 726/1984 (imprese industriali, aziende appaltatrici di servizi di mensa o ristorazione, aziende esercenti attività commerciale, giornalisti professionisti, pubblicisti e praticanti dipendenti da imprese editrici di giornali quotidiani, di periodici e di agenzie di stampa e, a determinate condizioni, imprese artigiane non rientranti nel campo di applicazione del trattamento straordinario di integrazione salariale);

- si prevede che il rispetto del requisito dell’anzianità lavorativa effettiva di almeno 90 giorni (richiesto per la concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale) è escluso per eventi oggettivamente non evitabili in tutti i settori, non più solo nel settore industriale, come attualmente previsto dall’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 148/2015;

- si precisa per via normativa l’ambito soggettivo di applicazione della nuova disciplina in materia di trattamenti di integrazione salariale, come delineata dal D.Lgs. 148/2015, specificando che rimangono escluse dall’applicazione di tale normativa determinate imprese elencate dall’art. 3 del D.Lgs. C.P.S. 869/1947, che torna dunque in vigore;

- si proroga l’istituto dell’indennità di disoccupazione per i titolari di contratto di collaborazione coordinata e continuativa (DIS-COLL), riconoscendolo anche agli eventi di disoccupazione che si verifichino dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2016.

Esclusione della penalizzazione dei trattamenti pensionistici anticipati

Si rende cumulabile (anche con riferimento a periodi antecedenti al 2016) il riscatto del periodo del corso legale di laurea con la facoltà, riconosciuta ai lavoratori dipendenti che possono far valere complessivamente almeno cinque anni di contribuzione, di riscattare i periodi corrispondenti al congedo parentale (astensione facoltativa per maternità) o per motivi familiari concernenti l'assistenza e cura di disabili purché non coperti da assicurazione.

Inoltre, si interviene sulla disposizione che ha escluso dalla penalizzazione dei trattamenti pensionistici i soggetti che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva (pari, nel 2015, a 42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mese per le donne) entro il 31 dicembre 2017. In pratica, si estende tale disposizione ai trattamenti pensionistici anticipati già liquidati negli anni 2012, 2013 e 2014, al fine di escludere (solo per i ratei di pensione corrisposti a decorrere dal 1° gennaio 2016) le sopra indicate penalizzazioni, applicate in attuazione della normativa vigente al momento del pensionamento.

Bonus al comparto sicurezza
Al personale non destinatario di un trattamento retributivo dirigenziale, appartenente ai Corpi di polizia, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, alle Forze armate, compreso quello appartenente al Corpo delle Capitanerie di porto, quale riconoscimento dell'impegno profuso ai fini di fronteggiare le eccezionali esigenze di sicurezza nazionale per l'anno 2016, viene concesso un contributo straordinario pari a 960 euro su base annua, da corrispondere in quote di pari importo a partire dalla prima retribuzione utile e in relazione al periodo di servizio prestato nel corso del predetto anno.

Il contributo non ha natura retributiva, non concorre alla formazione del reddito complessivo ai fini IRPEF e IRAP e non è assoggettato a contribuzione previdenziale e assistenziale.


domenica 27 dicembre 2015

Apprendistato: i criteri per il 2016


Il Decreto del Ministero del Lavoro del  12 ottobre 2015, è stato pubblicato nella G.U. 21 dicembre 2015, n. 296,. Con il documento si definiscono ai sensi dell'art. 46, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2015, gli standard formativi che costituiscono livelli essenziali delle prestazioni ai sensi dell'art. 16 del decreto legislativo n. 226 del 2005 e i criteri generali delle seguenti tipologie di apprendistato:

apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, di cui all'art. 43 del decreto legislativo n. 81 del 2015;

apprendistato di alta formazione e di ricerca, di cui all'art. 45 del decreto legislativo n. 81 del 2015.

Ai fini della stipula dei contratti di apprendistato, il datore di lavoro deve possedere i seguenti requisiti:

capacità strutturali, ossia spazi per consentire lo svolgimento della formazione interna e in caso di studenti con disabilità, il superamento o abbattimento delle barriere architettoniche;

capacità tecniche, ossia una disponibilità strumentale per lo svolgimento della formazione interna, in regola con le norme vigenti in materia di verifica e collaudo tecnico, anche reperita all'esterno dell'unità produttiva;

capacità formative, garantendo la disponibilità di uno o più tutor aziendali.

Nel dettaglio, il decreto definisce gli standard formativi che costituiscono livelli essenziali delle prestazioni e i criteri generali delle tipologie di apprendistato quali:

- l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore;

- l’apprendistato di alta formazione e di ricerca.

Ai fini dell’attivazione del contratto di apprendistato, l’istituzione formativa e il datore di lavoro devono sottoscrivere un protocollo secondo lo schema allegato al decreto stesso, nel quale sono stabiliti:
- i requisiti del datore di lavoro;
- la durata dei contratti di apprendistato che non può essere di durata inferiore a sei mesi e la cui durata massima varia in relazione al tipo di diploma e di qualifica che si intende conseguire;
- gli standard formativi, il piano formativo individuale e la formazione interna ed esterna;
- i diritti e i doveri degli apprendisti;
- la funzione tutoriale che è finalizzata a promuovere il successo formativo degli apprendisti;
- la valutazione e certificazione delle competenze.

Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano recepiscono con propri atti le disposizioni di cui al presente decreto.
Trascorso tale termine, in assenza di regolamentazione regionale, l’attivazione dei percorsi di apprendistato è disciplinata attraverso l’applicazione diretta delle disposizioni del presente decreto.

La durata del contratto di apprendistato
La durata del contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, non può essere inferiore a sei mesi e non può, in ogni caso, essere superiore a:
a) tre anni per il conseguimento della qualifica di istruzione e formazione professionale;
b) quattro anni per il conseguimento del diploma di istruzione e formazione professionale;
c) quattro anni per il conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore;
d) due anni per la frequenza del corso annuale integrativo per l’ammissione all’esame di Stato di cui all’art. 15, comma 6, del decreto legislativo n. 226 del 2005;
e) un anno per il conseguimento del diploma di istruzione e formazione professionale per coloro che sono in possesso della qualifica di istruzione e formazione professionale nell’ambito dell’indirizzo professionale corrispondente;
f) un anno per il conseguimento del certificato di specializzazione tecnica superiore.

La durata dei contratti di apprendistato di alta formazione non può essere inferiore a sei mesi ed è pari nel massimo alla durata ordinamentale dei relativi percorsi.

La durata dei contratti di apprendistato per attività di ricerca non può essere inferiore a sei mesi ed è definita in rapporto alla durata del progetto di ricerca e non può essere superiore a tre anni, salva la facoltà delle regioni e delle province autonome di prevedere ipotesi di proroga del contratto fino ad un anno in presenza di particolari esigenze legate al progetto di ricerca.

La durata dei contratti di apprendistato per il praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche non può essere inferiore a sei mesi ed è definita, quanto alla durata massima, in rapporto al conseguimento dell’attestato di compiuta pratica per l’ammissione all’esame di Stato.
Standard formativi, piano formativo individuale e formazione interna ed esterna

L’organizzazione didattica dei percorsi di formazione in apprendistato si articola in periodi di formazione interna ed esterna.

Il piano formativo individuale, redatto dall’istituzione formativa con il coinvolgimento del datore di lavoro secondo il modello di cui all’allegato deve contenere i seguenti elementi:
a) i dati relativi all’apprendista, al datore di lavoro, al tutor formativo e al tutor aziendale;
b) ove previsto, la qualificazione da acquisire al termine del percorso;
c) il livello di inquadramento contrattuale dell’apprendista;
d) la durata del contratto di apprendistato e l’orario di lavoro;
e) i risultati di apprendimento, in termini di competenze della formazione interna ed esterna, i criteri e le modalità della valutazione iniziale, intermedia e finale degli apprendimenti e, ove previsto, dei comportamenti, nonché le eventuali misure di riallineamento, sostegno e recupero, anche nei casi di sospensione del giudizio.

Il piano formativo individuale può essere modificato nel corso del rapporto, ferma restando la qualificazione da acquisire al termine del percorso.

I periodi di formazione interna ed esterna sono articolati anche secondo le esigenze formative e professionali dell’impresa e le competenze tecniche e professionali correlate agli apprendimenti ordinamentali che possono essere acquisiti in impresa.

Valutazione e certificazione delle competenze
L’istituzione formativa anche avvalendosi del datore di lavoro, per la parte di formazione interna, effettua il monitoraggio e la valutazione degli apprendimenti, anche ai fini dell’ammissione agli esami conclusivi dei percorsi in apprendistato, ne dà evidenza nel dossier individuale dell’apprendista e ne comunica i risultati all’apprendista e, nel caso di minorenni, ai titolari della responsabilità genitoriale.

Agli apprendisti è garantito il diritto alla validazione delle competenze anche nei casi di abbandono o risoluzione anticipata del contratto, a partire da un periodo minimo di lavoro di tre mesi.

Per averne diritto l’apprendista, al termine del percorso, deve aver frequentato almeno i tre quarti sia della formazione interna che della formazione esterna di cui al piano formativo individuale.

Laddove previsto nell’ambito dei rispettivi ordinamenti, la frequenza dei tre quarti del monte ore sia di formazione interna sia di formazione esterna di cui al piano formativo individuale costituisce requisito minimo anche al termine di ciascuna annualità, ai fini dell’ammissione all’annualità successiva.
Gli esami conclusivi dei percorsi in apprendistato si effettuano, laddove previsti, in applicazione delle vigenti norme relative ai rispettivi percorsi ordinamentali, anche tenendo conto delle valutazioni espresse dal tutor formativo e dal tutor aziendale nel dossier individuale e in funzione dei risultati di apprendimento definiti nel piano formativo individuale.

In esito al superamento dell’esame finale e al conseguimento della qualificazione, l’ente titolare rilascia un certificato di competenze o, laddove previsto, un supplemento al certificato che deve comunque contenere:

a) gli elementi minimi riguardante gli standard minimi di attestazione del decreto legislativo n. 13 del 2013;

b) i dati che consentano la registrazione dei documenti nel sistema informativo dell’ente titolare in conformità al formato del Libretto formativo del cittadino.


sabato 26 dicembre 2015

Jobs Act, collaborazioni: requisiti per la stabilizzazione e contratto di lavoro


Nel decreto di riforma dei contratti di lavoro, attuativo del Jobs Act, è prevista per il datore di lavoro la possibilità di stabilizzazione dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa e di persone titolari di partita IVA.

Al fine di promuovere il consolidamento di contratti flessibili (o precari, a seconda del punto di vista) il legislatore del Jobs Act ha previsto, nel decreto di riforma dei contratti di lavoro (decreto legislativo n. 81/2015), la possibilità, per il datore di lavoro, di stabilizzare contratti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, e di persone titolari di partita IVA.

Estesa dal 1° gennaio 2016 l’area della subordinazione, introducendo un nuovo regime per le collaborazioni personali e continuative che siano eterorganizzate dal committente. La norma contempera delle eccezioni all’applicazione della disciplina del lavoro subordinato e investe sulla certificazione dei contratti. Si affaccia anche una nuova procedura di stabilizzazione con estinzione di illeciti e sanzioni a seguito di assunzione a tempo indeterminato e conciliazione individuale. Vengono abrogate le norme sul lavoro a progetto.

Questa forma di stabilizzazione di un contratto a tempo, qual è un contratto di collaborazione, potrà avvenire a decorrere dal 1° gennaio 2016 e soltanto per i datori di lavoro privati.

La stabilizzazione non rappresenterà una “sanatoria” esclusivamente per i contratti di collaborazione poco reali, ma può essere considerata una opportunità per le parti per consolidare un rapporto di lavoro con la tipologia contrattuale che lo stesso legislatore definisce “la forma comune di rapporto di lavoro” e cioè il contratto per antonomasia, che può essere solo eccezionalmente sostituito da altre forme contrattuali disciplinate dallo stesso decreto legislativo 81/2015.

Vediamo quali sono i requisiti perché si realizzi una stabilizzazione del rapporto e soprattutto perché questa procedura possa essere realmente valida contro un eventuale contenzioso proposto dal lavoratore o, soprattutto, dagli organi di vigilanza avverso i rapporti di collaborazione intercorsi precedentemente l’assunzione a tempo indeterminato.

Innanzitutto non si tratta di trasformazione del rapporto di lavoro, in quanto le due tipologie
contrattuali non possono prevedere una continuità logica. In pratica, vi dovrà essere una risoluzione anticipata del rapporto di collaborazione, qualora sia ancora in essere, e la costituzione di un nuovo rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Quindi, il primo atto, sempreché la collaborazione sia ancora attiva in virtù di un contratto con scadenza più avanti nel tempo, è la risoluzione consensuale della collaborazione attraverso un atto di conciliazione. Conciliazione che dovrà contenere anche la convalida della risoluzione consensuale, al fine di rispettare il disposto normativo previsto dall’art. 4, della legge n. 92/2012 la Riforma Fornero.

Una volta risolto il rapporto di collaborazione, si passa a realizzare uno dei punti strategici della procedura. Infatti, il legislatore condiziona la stabilizzazione a due presupposti in capo alle parti, che dovranno essere inseriti in un atto di conciliazione sottoscritto in una delle sedi previste dagli articoli 410 e ss. del codice di procedura civile o dinanzi ad una Commissione di certificazione, ove:
a) il lavoratore sottoscriva, con riferimento a tutte le possibili pretese riguardanti la qualificazione del pregresso rapporto di lavoro, un atto tombale di “nulla più dovuto”.
b) il datore di lavoro dichiari che nei dodici mesi successivi alla assunzione non intenda recedere dal rapporto di lavoro, con un licenziamento per giustificato motivo oggettivo. È fatto salvo il licenziamento per giusta causa ovvero per giustificato motivo soggettivo.

Nulla vieta che anche la risoluzione consensuale del pregresso rapporto di collaborazione possa essere incardinata nell’accordo conciliativo sopraindicato.

Infine, la procedura definisce gli effetti dell’assunzione a tempo indeterminato effettuata alle condizioni suindicate: la stipula del contratto subordinato comporterà l'estinzione degli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali connessi all'erronea qualificazione del rapporto di lavoro.

In pratica, si realizza una blindatura del pregresso rapporto di collaborazione con la quale gli organi ispettivi dovranno fare i conti. Questi ultimi non potranno entrare nel merito della collaborazione al fine di verificarne la genuinità.

La chiusura a verifiche ispettive non potrà avvenire qualora siano già stati accertati illeciti comportamenti sul contratto di collaborazione a seguito di accessi ispettivi effettuati in data antecedente alla assunzione.

Una volta provveduto a stabilizzare il collaboratore con un rapporto a tempo indeterminato, la domanda sorge spontanea: il datore di lavoro (ex committente) potrà usufruire dell’esonero contributivo previsto nella nuova legge di Stabilità per l’anno 2016? Quello sgravio del 40%dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, nel limite massimo di 3.250 euro su base annua, per un periodo massimo di ventiquattro mesi?

Secondo la Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro, la risposta è affermativa, in quanto “la
procedura di stabilizzazione si attiva su espressa volontà delle parti, e solo dopo la legge regola quale forma contrattuale adottare per l’ex collaboratore.”

Il dubbio comunque resta, in quanto, l’assunzione avviene all’interno di una procedura più ampia che stabilisce la non applicazione di eventuali illeciti amministrativi, contributivi e fiscali connessi all'erronea qualificazione del rapporto di lavoro, qualora si proceda attraverso un iter ben disciplinato dall’art. 54 del decreto legislativo n. 81/2015; e visto che l’art. 4, comma 12, lettera a), della legge n. 92/2012 prescrive che “gli incentivi non spettano se l'assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva”, sembrerebbe non applicabile l’incentivo in questione.

E' bene sottolineare che non tutte le collaborazioni eterorganizzate sono ricondotte alla disciplina del lavoro subordinato. È prevista una serie di eccezioni, che in parte, ma solo in parte, ricordano quelle già previste dall’art.61, co.1 e 3, D.Lgs. n.276/03, con riferimento al lavoro a progetto.

Ai sensi dell’art.2, co.2, la disposizione di cui al co.1 non trova applicazione in relazione:

alle collaborazioni per le quali gli accordi collettivi stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive e organizzative del relativo settore. Tale disposizione rimette all’autonomia collettiva la possibilità di sottrarre alla disciplina del lavoro subordinato rapporti di lavoro autonomo eterorganizzato con riferimento anche ai tempi e al luogo di lavoro. Come si è già detto, se si ammette che le collaborazioni, pur eteroganizzate, conservino formalmente carattere di autonomia, allora non viene in questione il principio di indisponibilità del tipo contrattuale, che vieta al Legislatore e alle parti, individuali e collettive, di escludere l’applicazione delle discipline del lavoro subordinato a rapporti che di fatto hanno le caratteristiche del lavoro subordinato. La disposizione, piuttosto, potrebbe forse alimentare qualche dubbio di conformità rispetto al principio di cui all’art.3 Cost.. Le particolari esigenze produttive e organizzative di un certo settore possono giustificare il fatto che due collaboratori eterorganizzati nelle modalità di esecuzione della propria prestazione, anche con riferimento ai tempi e al luogo della prestazione, siano destinatari, l’uno della disciplina del lavoro subordinato, l’altro del trattamento economico e normativo definito dall’accordo collettivo? Se le “esigenze produttive e organizzative” si riducessero alla mera necessità di contenere il costo del lavoro in un certo settore qualche dubbio si porrebbe;

alle collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali;
alle attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;

alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal Coni, come individuati e disciplinati dall’art.90, L. n.289/02.

Le tre eccezioni richiamate riproducono, al netto di alcuni minimi aggiustamenti lessicali, altrettante ipotesi già escluse dall’applicazione della disciplina del lavoro a progetto.

Opzione Donna cosa cambia dal 2016


Rimane aperta la possibilità di una proroga al regime speciale Opzione Donna: lo prevede un emendamento alla Legge di Stabilità 2016.

Un emendamento alla Legge di Stabilità 2016 che apre alla possibilità di accedere al regime sperimentale Opzione Donna anche dopo il 31 dicembre 2015, ma solo se avanzeranno fondi dalle risorse stanziate dal Governo. Si tratta della possibilità per lavoratrici con 57/58 anni di età (dipendenti/autonome) e 35 di contributi, di chiedere la pensione anticipata in cambio di un ricalcolo dell’assegno con il sistema contributivo, quindi meno conveniente.

La possibilità di optare per il regime sperimentale è riconosciuta alle lavoratrici iscritte all'assicurazione generale obbligatoria, ai fondi sostitutivi ed esclusivi della stessa (dipendenti del settore privato; pubblico impiego e lavoratrici autonome) in possesso di contribuzione alla data del 31 dicembre 1995. La facoltà di opzione non è invece esercitabile dalle lavoratrici iscritte alla gestione separata.

I Requisiti anagrafici e Contributivi
Per l'esercizio dell'opzione è necessario possedere 57 anni e 3 mesi di età (58 anni e 3 mesi le autonome) unitamente a 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2015 (articolo 1, comma 155 della legge di stabilità 2016). Con l'approvazione della legge di stabilità 2016 è venuta sostanzialmente meno la restrizione prevista dall'Inps con le Circolari 35 e 37 del 14 marzo 2012 che avevano interpretato la data del 31 dicembre 2015 come termine entro il quale si dovesse maturare la decorrenza della prestazione.

Si ricorda che per questa tipologia di prestazione resta infatti in vigore la cd. finestra mobile secondo la quale l'assegno viene erogato dopo 12 mesi per le dipendenti e 18 mesi per le autonome (cfr: Circolare Inps 53/2011) dopo la maturazione dei suddetti requisiti.

L'entità della riduzione dipende ovviamente dalle caratteristiche personali delle lavoratrici, in primo luogo, la loro evoluzione retributiva. In linea generale, più la lavoratrice vanta una carriera anticipata - con livelli retributivi molto elevati percepiti fin dai primi anni di iscrizione all'INPS - più la riduzione sarà minore; viceversa maggiore è l'anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 - e quindi la prestazione teorica maturata avrebbe previsto una quota rilevante calcolata attraverso il sistema retributivo - più elevata sarà la riduzione dell'assegno pensionistico.

Proroga
Il testo approvato dalla Commissione Bilancio della Camera prevede un possibile proseguimento alla sperimentazione oltre il 2015, ma solo nel caso in cui le risorse risparmiate dai fondi stanziati dal Governo (2, 5 miliardi di euro) lo consentano. In particolare l’emendamento prevede che qualora dall’attività di monitoraggio INPS sull’attuazione della sperimentazione dovesse risultare un onere previdenziale inferiore rispetto alle previsioni di spesa, con successivo provvedimento legislativo verrà disposto l’utilizzo delle risorse non utilizzate per la prosecuzione della sperimentazione o per interventi con finalità analoghe.

Dunque, a conti fatti, bisognerà attendere fino al prossimo 30 settembre per conoscere se il regime speciale Opzione Donna verrà prorogato o meno.
Requisiti
Nel caso in cui la proroga all’Opzione Donna diventasse operativa, a poter accedere a tale regime speciale sarebbero tutte le lavoratrici in possesso di 57 anni e 3 mesi di età, ovvero 58 anni e 3 mesi le autonome, (si tratta delle donne nate nell’ultimo trimestre del 1958, o 1957 in caso di lavoratrici autonome) e 35 anni di contributi al 31 dicembre 2015, indipendentemente dalla data di decorrenza della pensione.

Il pensionamento anticipato delle lavoratrici con 57 anni e 35 di contributi (58 anni se autonome) verrà prorogato in caso di risparmi sulla spesa finora stimata: la previsione è contenuta in un emendamento alla Legge di Stabilità approvato martedì. In caso di minori spese certificate dai ministeri dell’Economia e del Lavoro i risparmi saranno utilizzati per interventi in materia previdenziale, compresa appunto la proroga della sperimentazione dell’opzione donna.

Oltre a ciò, il nuovo emendamento sulla previdenza approvato dal Governo contiene l’anticipo al 1° gennaio 2016 della no tax area estesa per le pensioni più leggere. L’ampliamento prevede che per gli under 75 la no tax area passerà da 7.500 a 7.750 euro, mentre per chi ha almeno 75 anni salirà da 7.750 a 8.000 euro.

Opzione donna
Potrebbe quindi non essere chiusa la partita della sperimentazione della cosiddetta “opzione donna”, che consente alle lavoratrici che maturano i requisiti (non la decorrenza) per un ritiro anticipato a 57
anni (58 se autonome) e 35 anni di contribuzione entro la fine dell’anno.

Il pacchetto delle correzioni si completa col finanziamento dei contratti di solidarietà, con 60 milioni nel 2016 per i lavoratori impiegati nelle aziende escluse dalla disciplina ordinaria, con la possibilità di includere i periodi di maternità nel conteggio delle presenze della lavoratrice in azienda per i premi di produttività e, infine, con la possibilità di cumulo del riscatto degli anni di laurea col periodo di maternità facoltativa fuori dal rapporto di lavoro.

Per concludere è stata riproposta l’estensione dell’Opzione Donna alle lavoratrici che compiono gli anni nell’ultimo trimestre del 2015: al momento, per questa norma di prepensionamento, ci vogliono oltre ai 35 anni di contributi anche 57 anni e tre mesi, o 58 anni e tre mesi, rispettivamente per lavoratrici dipendenti e autonome. In pratica, le donne nate nell’ultimo trimestre dell’anno non riescono a raggiungere il requisito entro il 2015, e quindi non possono chiedere la pensione anticipata. L’emendamento sana questa situazione estendendo l’Opzione Donna a tutte le lavoratrici che compiono 57 o 58 anni nel 2015 (di fatto, si eliminano i tre mesi legati all’incremento della speranze di vita).

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