martedì 27 giugno 2017

Lavorare nelle risorse umane



Lavorare in questo settore non significa solo assumere e licenziare. Chi sceglie di specializzarsi nelle Human Resources deve adoperarsi per far sì che ogni singolo lavoratore dia sempre il meglio di sé e deve rapportarsi costantemente con i dipendenti intesi come capitale umano dell’azienda e accompagnare le risorse interne in ogni fase della loro vita lavorativa. Parliamo di un ruolo delicato e strategico, che non può prescindere dall'ingrediente principale: la passione per le persone.

Per risorse umane si deve intendere la gestione dei lavoratori che si trovano alle dipendenze di un'azienda, indipendentemente dalle mansioni ricoperte e dal settore di collocamento. Le figure che si occupano della gestione delle risorse umane hanno il compito di selezionare e di formare il nuovo personale da inserire, nonché di seguire e di valutare i lavoratori già in forza all'azienda, al fine di raggiungere gli obiettivi dell'impresa e di motivare i dipendenti, anche dal punto di vista economico.

Un aspetto rilevante è l'amministrazione del personale, che deve assicurare l'elaborazione delle spettanze e adempimenti di tutto il personale dell'azienda, nel rispetto delle norme del contratto e delle leggi in materia.

Le prime regole per l’amministrazione del personale devono essere: il verificare le aspettative, il saper animare con spirito di conoscenza i diversi aspetti strutturali, cercare di dare credito alle idee innovative e avere un modello di gestione che raggruppi tutti gli interessi sia tecnologici che scientifici dell'azienda.

Tra i requisiti fondamentali c'è sicuramente quello di possedere il titolo di studio idoneo. Preferibilmente una laurea in psicologia, o comunque una laurea umanistica, opportunamente corredata da un master specifico o corsi di specializzazione altamente professionalizzanti. I principali compiti di chi lavora nelle risorse umane consistono nella selezione del personale. Il personale che si sottopone a dei colloqui per occupare una specifica carica deve dimostrare di avere i requisiti richiesti dall'azienda che impartisce direttive precise per le professionalità specifiche di ogni candidato. Nel processo di selezione, il selettore deve carpire la reale motivazione del candidato a voler intraprendere quel particolare tipo di attività, e una volta individuata la risorsa da inserire nello staff aziendale, deve curarne la formazione e la gestione amministrativa.

Quella del manager delle risorse umane è una figura che diventa sempre più basilare nelle aziende. A seguito della formazione, l'esperto in risorse umane può assumere sia la funzione di human resource manager, ossia il ruolo di maggior prestigio e responsabilità, che svolgere altri delicati incarichi, come il responsabile dell'amministrazione del personale e come l'addetto alle risorse umane. Chi possiede una buona preparazione dal punto di vista giuridico può occuparsi delle questioni sindacali e dei relativi rapporti contrattuali con i lavoratori.

Trattandosi di un incarico dirigenziale, il lavoro risorse umane consente di guadagnare cifre importanti. Lo stipendio si differenzia, naturalmente, in base alla mansione che si svolge. Gli HR manager percepiscono retribuzioni medie che superano i 100 mila euro netti annui, mentre per quanto riguarda il ruolo di responsabile del personale gli stipendi si aggirano sui 50/60 mila euro netti all'anno.

Per lavorare in questo ambito bisogna inoltre disporre di competenze afferenti alla psicologia che permettono di andare oltre la superficie delle cose e di cogliere i segnali che le persone possono inviare in vario modo (i veri professionisti non fanno attenzione solo a quello che i loro interlocutori esprimono con le parole, ma anche a quello che comunicano con il corpo).

Di più: chi aspira a fare carriera in questo settore (i Direttori delle Risorse Umane delle grandi aziende, che sovrintendono al lavoro di un numero importante di persone, possono arrivare a guadagnare più che bene) deve dimostrare di avere buone doti organizzative e di pianificazione, spiccate competenze comunicative (deve saper ascoltare gli altri e porsi nel modo più empatico possibile) e buone capacità di negoziazione, dal momento che dovrà curare i rapporti sindacali e (se necessario) fare “da paciere” tra colleghi che battibeccano in continuazione. L’addetto alle Risorse Umane deve, in sintesi, fare in modo che le persone che lavorano in azienda siano messe nella condizione di dare sempre il meglio di sé. E deve accertarsi della qualità dei rapporti umani che – come sappiamo – possono fare la differenza in termini di motivazione e di produttività.

L’addetto alle risorse umane ha il compito di gestire – anche sotto il profilo amministrativo – tutto il personale dell’azienda. Ma cosa fa esattamente?

individua le risorse da assumere (sulla scorta delle esigenze dell’azienda che deve, dunque, conoscere bene);
ricerca e seleziona le risorse più appetibili (valutandole sia sulla base del curriculum vitae che del colloquio di lavoro);

assume i candidati che hanno superato con successo la selezione;

si occupa della formazione del personale;

analizza e valuta il lavoro delle risorse (pianifica carriere nel tentativo di incentivare i talenti a rimanere) e definisce le politiche retributive (tara gli aumenti sulle capacità dimostrate dal dipendente, secondo un criterio di mera meritocrazia);

comunica costantemente col personale e agevola l’interazione tra le risorse interne all’azienda
cura le relazioni sindacali;

si occupa degli eventuali licenziamenti.

Quella dell’addetto alle risorse umane è una professione importantissima. La scelta dei candidati migliori può, infatti, fare la differenza. Ma è solo il primo passaggio: una volta scovato e assunto il talento, l’azienda deve impegnarsi a non farselo scappare. E il contributo offerto dalle risorse umane (che deve rimanere in costante contatto coi dipendenti e accertarsi che ognuno di loro si senta sufficientemente apprezzato e valorizzato) può essere determinante. Si tratta di un compito delicatissimo, che non può essere svolto con leggerezza o approssimazione.

Altra funzione di questo settore e di analizzare le tecniche per misurare le performance dei collaboratori, le tecniche di motivazione per migliorarne le prestazioni e i risultati nell'impresa e/o organizzazioni.

Questi sono i principali canali di valutazione delle risorse umane.

Analisi della realtà e valutazione nelle organizzazione.

Sistemi di valutazione: complessità, problemi, orientamenti.

La valutazione delle risorse umane: contesti colturali e qualità del servizio.

La valutazione tra sistemi di gestione e pratiche empiriche.







domenica 25 giugno 2017

Web tax: come funziona


Si parla di web tax vediamo  cos’è e come funziona? In via preliminare, possiamo dire che si tratta di una forma di tassazione (o di tentativo di tassazione) per tutte le multinazionali dal fatturato superiore a 1 miliardo di euro e con giri di affari in Italia da almeno 50 milioni di euro, che evadono costantemente il fisco italiano con un giro di società che conduce i profitti nei paradisi fiscali.

La web tax è una procedura di cooperazione e collaborazione rafforzata  attraverso lo strumento dell’adempimento collaborativo già previsto nel nostro sistema dal dlgsv 5 agosto 2015, n. 128, esteso in sede di conversione del D.L. 50/2017  alle grandi imprese operanti in Italia.

Si tratta essenzialmente di una pratica di ‘voluntary disclosure’ che offre degli sconti sulle sanzioni in cambio di una proficua collaborazione tra l’Agenzia delle Entrate e le aziende in questione. Insomma, le grandi multinazionali dovrebbero accettare di entrare in connessione con il fisco italiano, di aprire i file che contengono i propri profitti, accordarsi su una quota di prelievo fiscale e in cambio avrebbero degli ottimi ‘sconti’. Le critiche ammendamento non sono state poche: innanzitutto, si tratterebbe di una sorta di condono – perché un’azienda come Facebook dovrebbe avere uno sconto dati i fatturati che ha e la ricchezza che produce? Inoltre, qualora la multinazionale decidesse davvero di collaborare, lo sconto sulle tassazioni non versate sarebbe del 50%.

In ambito di legge si  prevede  che le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato (lett. d) c. 1 art. 73 del Tuir)  che appartengono a gruppi multinazionali con ricavi consolidati superiori a 1 miliardo di euro annui e che effettuino cessioni di beni e prestazioni di servizi nel territorio dello Stato per un ammontare superiore a 50 milioni di euro annui avvalendosi del supporto di:

società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e società di mutua assicurazione, nonché società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 e società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato;

o di stabili organizzazioni in Italia di società e enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato;

possono avvalersi della procedura di cooperazione e collaborazione rafforzata per la definizione dei debiti tributari dell’eventuale stabile organizzazione presente nel territorio dello Stato.

E’ facoltà dei soggetti che rientrano nella norma di richiedere all’Agenzia delle Entrate una valutazione della sussistenza dei requisiti che configurano la stabile organizzazione  mediante presentazione di apposita istanza finalizzata all’accesso al regime dell’adempimento collaborativo.
Il regime collaborativo è stato introdotto nel nostro sistema dal decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, al fine di promuovere l'adozione di forme di comunicazione e di cooperazione rafforzate basate sul reciproco affidamento tra Amministrazione finanziaria e contribuenti, nonché di favorire nel comune interesse la prevenzione e la risoluzione delle controversie in materia fiscale, fra l'Agenzia delle entrate e i contribuenti dotati di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, inteso quale rischio di operare in violazione di norme di natura tributaria ovvero in contrasto con i principi o con le finalità dell'ordinamento tributario.

Ai fini della determinazione del fatturato consolidato del gruppo multinazionale si considera il valore più elevato delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi indicate nel bilancio consolidato relativo all’esercizio precedente a quello in corso alla data di presentazione dell’istanza e ai due esercizi anteriori.

Ai fini della determinazione dell’ammontare delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato si considera il valore più elevato delle medesime cessioni di beni e prestazioni di servizi indicate nel bilancio relativo all’esercizio precedente a quello in corso alla data di presentazione dell’istanza e ai due esercizi anteriori.

Qualora in sede di interlocuzione con l’Agenzia delle Entrate sia constatata la sussistenza di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato, per i periodi d’imposta per i quali sono scaduti i termini di presentazione delle dichiarazioni, il competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate invia al contribuente un invito per l’accertamento con adesione al fine di definire, in contraddittorio con il contribuente, i debiti tributari della stabile organizzazione.

Nei confronti dei soggetti che estinguono i debiti tributari della stabile organizzazione, relativi ai periodi d’imposta per i quali sono scaduti i termini di presentazione delle dichiarazioni, versando le somme dovute in base all'accertamento con adesione le sanzioni amministrative applicabili  sono ridotte alla metà.

Il reato per omessa dichiarazione non è punibile se i debiti tributari della stabile organizzazione nel territorio dello Stato, relativi ai periodi d’imposta per i quali sono scaduti i termini di presentazione delle dichiarazioni, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono estinti aderendo all’accertamento con adesione.

In caso di mancata sottoscrizione dell’accertamento per adesione ovvero di omesso o parziale versamento delle somme dovute l’Agenzia delle entrate, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di notificazione dell’invito o di redazione dell’atto di adesione, accerta le imposte e gli interessi dovuti e irroga le sanzioni nella misura ordinaria.

Entro trenta giorni dalla data di esecuzione dei versamenti l’Agenzia delle Entrate comunica all'autorità giudiziaria competente l’avvenuta definizione dei debiti tributari della stabile organizzazione.

Sono escluse dal regime collaborativo le società e gli enti che abbiano avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni e verifiche, dell’inizio di qualunque attività di controllo amministrativo o dell’avvio di procedimenti penali, relativi all’ambito di applicazione dell’istanza.

E’ sempre ammessa la facoltà di richiedere all'amministrazione finanziaria la valutazione preventiva della sussistenza o meno dei requisiti che configurano una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato.

E’ previsto l’emanazione di un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate per l’attuazione della norma.

Ebbene, negli ultimi tempi sono state parecchie le multe che i colossi dell’hi-tech hanno dovuto pagare per questo motivo: Google ha dovuto pagare 306 milioni di euro all’Agenzia delle Entrate , Apple 318 milioni a fine 2015 , e Amazon risulta essere sotto inchiesta.



lunedì 19 giugno 2017

Pensioni: domande INPS aperte per APe sociale e pensione precoci



Decreti APe sociale e pensione precoci nella Gazzetta Ufficiale n.138 del 16 giugno, contemporaneamente alle istruzioni INPS (circolare INPS n. 99 che disciplina l’applicazione della pensione anticipata dei lavoratori precoci e la circolare n.100 che disciplina l’applicazione dell’APE sociale), che sanciscono quindi il via libera alle domande per i nuovi canali di flessibilità in uscita . Il presidente dell’INPS, Tito Boeri, ha confermato l’apertura dei termini per la domanda a partire dalla  mezzanotte del 17 giugno del 2017: «siamo in grado di raccogliere le domande di Ape sociale».


Secondo il Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, con la pubblicazione dei decreti: «i lavoratori in condizioni di difficoltà, per quest’anno stimati in circa 60mila, possono anticipare fino a tre anni e sette mesi l’età di pensionamento, con potenziali effetti positivi sul ricambio generazionale in azienda».

Si stimano 35mila soggetti con i requisiti APE e 20mila precoci. Il nuovo ammortizzatore sociale (anticipo pensionistico APE) è riservato a chi ha più di 63 anni e si trova in condizioni di disagio lavorativo e sociale.

Per i Precoci si apre una finestra di uscita con 41 anni di contributi  purché rientrino in una delle quattro categorie di disagio valide per l’APE sociale: disoccupazione da almeno 3 mesi, familiari disabili a carico, invalidità pari o superiore al 75%, lavoro usuranti per almeno 6 anni negli ultimi 7.

I termini per la presentazione delle domande preliminari si chiudono il 15 luglio per chi matura i requisiti entro fine 2017. Le domande di APE saranno accolte nel limite di spesa di 300 milioni di euro per quest’anno. Quelle per i lavoratori precoci fino a 360 milioni.

il conto alla rovescia è partito per presentare le domande all’INPS di accesso all’Ape sociale o al pensionamento anticipato da parte dei lavoratori precoci, ovvero chi ha lavorato almeno un anno prima di compierne 19.

Chi può accedere
Con qualche mese di ritardo sulla tabella di marcia (i nuovi sono in vigore dal 1° maggio) si attiva dunque il nuovo ammortizzatore sociale per gli over 63enni in condizione di bisogno che non hanno ancora l’età per la pensione di vecchiaia. Mentre per i precoci si apre una finestra di uscita alla pensione con 41 anni di contributi versati (contro i 41 anni e 10 mesi per gli uomini e i 42 e 10 mesi se donne) a patto di rientrare in una delle quattro categorie di disagio valide per l’Ape sociale: disoccupazione da almeno 3 mesi, familiari disabili a carico, una invalidità pari o superiore al 75%, aver svolto un lavoro usurante per almeno 6 anni negli ultimi 7.

Assegno massimo di 1.500 euro lordi
L’Ape sociale è una vera e propria indennità ponte verso la pensione. Il suo importo è commisurato alla pensione attesa, con un massimo di 1.500 euro lordi mensili per 12 mensilità (circa 1.325 netti) fino a un massimo di 43 mesi, ma il termine potrebbe allungarsi di qualche mese se dal 2019 cambieranno i requisiti di pensionamento per l’adeguamento alla nuova aspettativa di vita (si parla di un allungamento possibile di 3 o 5 mesi). L’Ape sociale è inoltre tassata come reddito da lavoro dipendente e gode quindi di tutte le detrazioni e i crediti d’imposta spettanti a tali redditi, compreso quindi il “bonus” 80 euro che i pensionati non hanno. È inoltre compatibile con redditi da lavoro dipendente o da collaborazione coordinata e continuativa, fino al limite di 8mila euro annui, e da lavoro autonomo fino al limite di 4.800 euro annui. Per accedere si terrà conto di tutta la contribuzione versata, compresi i contributi figurativi cumulati in caso di cassa integrazione, per esempio, principio attualmente non previsto per l’accesso alla pensione anticipata. «L’Ape sociale - ha spiegato Stefano Patriarca, uno dei consiglieri economici di palazzo Chigi che più ha lavorato a questa misura - è una rilevante innovazione nel nostro welfare».

Domande entro il 15 luglio
I termini per la presentazione delle domande si chiudono il 15 luglio per chi matura i requisiti entro quest’anno ed entro il 31 marzo del 2018 per chi li matura l’anno venturo (si veda l’altro articolo in pagina) sia per l’Ape sociale sia per usufruire della finestra di anticipo precoci. Le due misure sono sperimentali e restano in vigore nella versione attuale per due anni. Dovrebbero intercettare domande per circa 35mila che usufruiranno dell’Ape e 20mila precoci nel primo anno di applicazione secondo stime governative e dell’Inps. Le domande di Ape sociale saranno accolte nel limite di spesa di 300 milioni di euro per quest’anno e fino a 609 milioni di euro per il 2018. Quelle per i precoci fino a 360 milioni quest’anno e 505 l’anno prossimo.



Imprenditoria femminile: i finanziamenti agevolabili



Le donne rappresentano un traguardo importante per lo sviluppo di nuova imprenditorialità. In Italia, vuoi per la crisi economica che per le reali difficoltà nel trovare un posto di lavoro, cresce sempre di più la voglia di mettersi in proprio e trasformare un'idea di impresa in una start up di successo. Ed è a questo target che oggi vogliamo dedicare una guida facile e pratica ai finanziamenti agevolati per le donne, ai requisiti di accesso richiesti, ai tipi di incentivi riservati all'imprenditoria femminile e dove e a chi rivolgersi per presentare la domanda.

La legge 215 del 1992 è lo strumento principale di agevolazione attraverso il quale il Ministero dello sviluppo economico mette a disposizione dell’imprenditoria femminile erogazioni, sotto forma di contributi in conto capitale, distribuiti a fronte di investimenti.

L’imprenditoria femminile si rivolge a:

società cooperative o di persone costituite per almeno il 60% da donne;

società di capitali le cui quote di partecipazione siano, per almeno 2/3, in possesso di donne;
imprese individuali gestite da donne;

imprese, consorzi, associazioni, enti di formazione e ordini professionali promotori di corsi di formazione imprenditoriale, servizi di consulenza e assistenza, la cui quote siano possedute per almeno il 70% da donne.

I soggetti beneficiari devono inoltre rientrare nella definizione di “piccola impresa”, determinata in base ai seguenti parametri:

meno di 50 dipendenti;

fatturato inferiore a 7 milioni di Euro o totale di bilancio inferiore a 5 milioni di Euro;

indipendenza da imprese “partecipanti”.

I finanziamenti per l’imprenditoria femminile possono essere concessi nei settori industria, artigianato, agricoltura, commercio, servizi e turismo, per i seguenti motivi:

avvio di nuove attività;

acquisizione di attività preesistenti;

progetti aziendali innovativi;

acquisizione di servizi reali.

Le spese ammesse dalla legge possono essere acquisite tramite acquisto diretto o tramite il sistema della locazione finanziaria e sono inerenti a:

studi di fattibilità e piani d’impresa (2% dell’investimento ammesso);

progettazione e direzione dei lavori (5% dell’importo per opere murarie);

macchinari ed attrezzature;

impianti generali;

opere murarie (25% dei macchinari ed impianti);

beni usati (solo per acquisto di attività preesistenti);

software;

brevetti;

attività preesistenti;

servizi reali.

L’imprenditoria femminile non ammette le seguenti tipologie di spese:

acquisto di minuterie ed utensili di uso manuale comune;

spese per manutenzione ordinaria;

acquisto di beni di uso promiscuo (ad es. personal computer portatili, autovetture, cellulari, ecc);

scorte di materie prime, semilavorati e materiali di consumo; acquisto di terreni e fabbricati;
beni usati (ad eccezione del caso di acquisto di attività preesistente; avviamento; mezzi targati di trasporto merci.

I tipi di agevolazioni che spettano alle donne che costituiscono imprese femminili, ossia, che rientrano nei requisiti sopra elencati, a seconda del bando a cui partecipano e al tipo di Ente a cui si rivolgono spettano:

Contributi a fondo perduto: sono incentivi che servono ad avviare l'impresa femminile, per cui sono costituiti da una parte di capitale che non deve essere restituito, generalmente il 50% dei fondi sono a fondo perduto e il resto è rimborsato in rate mensili a tasso agevolato.

Agevolazioni per avviare l'attività imprenditoriale, realizzare nuovi progetti aziendali, acquistare nuovi prodotti e servizi ecc;

Fondo di Garanzia: non è un contributo economico, ma permette di richiedere un finanziamento garantito dallo Stato. Il Fondo non interviene nei rapporti tra il beneficiario e la banca né tantomeno sui tassi di interessi applicati ma sulle garanzie reali, assicurative e bancarie. Le domande per la concessione della Garanzia dello Stato possono essere presentate sia dalle imprese femminili che dalle professioniste, direttamente alla banca e al Fondo.

Microcredito: anche questo tipo di agevolazione prevede non un contributo economico ma la garanzia sull'eventuale prestito richiesto da imprese femminili già costituite o da professioniste con Partita IVA da almeno 5 anni.

Per accedere al microcredito le imprese e le professioniste non devono avere più di 5 dipendenti e 10 in caso di Società di persone, SRL semplificate e cooperative.

Come e dove si presenta la domanda? Le donne interessate ad accedere ai finanziamenti a fondo perduto e alle agevolazioni legge 205/1992 devono verificare l'uscita dei bandi sul sito del MISE o della propria regione. Tali bandi, sono infatti periodicamente pubblicati, di volta in volta, specificando le risorse disponibili, le modalità di finanziamento a fondo perduto e delle agevolazioni per l'Imprenditoria femminile.

Una volta uscito il bando, e verificato il possesso dei requisiti, è possibile poi presentare la domanda, utilizzando i moduli pubblicati sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico. Successivamente all'invio della domanda, l'Ente gestore, provvede alla pubblicazione della graduatoria sulla base di criteri bene precisi quali: occupazione, fattibilità dell'idea di impresa, partecipazione femminile, business plan, certificazioni ambientali e di qualità.

Per vedere i bandi finanziamento aperti o di prossima apertura bisogna fa riferimento a:

IF imprenditorialità femminile UnionCamere;  

Imprenditoria femminile e lavoro autonomo bando ABI  

MISE finanziamenti giovani e donne 2017: è stato da poco pubblicato in GU il decreto che prevede la concessione di finanziamenti e agevolazioni per promuovere e sostenere la nuova imprenditorialità in Italia attraverso la creazioni di micro e piccole imprese costituite in prevalenza da donne e giovani.  



venerdì 16 giugno 2017

Professionisti del digitale, ecco le figure più richieste



Se la trasformazione digitale è sicuramente uno dei tormentoni del momento fra chi si occupa quotidianamente di nuove tecnologie, altrettanto importante il tema delle professioni legate al digitale.

Quali sono le professioni digitali più richieste oggi dal mercato del lavoro? Nella lista delle posizioni ricercate c’è, lo user experience director che gestisce l’esperienza-utente all'interno di spazi complessi (virtuali e fisici). Anche il director of analycs e data analyst è molto richiesto. Si tratta di esperti nella lettura e analisi dei dato. Così come pure lo chief technology officer, che seleziona le tecnologie da applicare a prodotto e servizi offerti dall’impresa. In ascesa sono anche lo sviluppatore mobile, che si occupa di applicazioni per smartphone e tablet, il big data architect, che gestisce l’analisi dell’architettura del sistema dei date il web analyst, che interpreta i dati e fornisce analisi dettagliate sulle attività sul web. Sempre più ricercato anche il digital copywriter, che gestisce contenuti pubblicitari su piattaforme digitali (si web, piattaforme e-commerce, ecc.), il community manager, addetto alla gestione di una comunità virtuale con i compi di progettarne la struttura e di coordinarne le attività, e il digital Pr, che si occupa delle pubbliche relazioni attraverso i canali online. Le aziende cercano anche digital adverser, per la gestione di campagne pubblicitarie sul web, e-reputaon manager per gestire la reputazione online e Seo e Sem specialist, esperti di tecniche che aiutano le aziende a ottimizzare il posizionamento sui motori di ricerca.

Grazie alla crescente importanza dei big data, le figure più ricercate dalle aziende italiane si evidenziano data scientist, data architect e insight analyst. Una grande opportunità dal punto di vista occupazionale che, secondo i consulenti di Hays, una delle società leader nel recruiting specializzato, nei prossimi mesi si concretizzerà in un incremento della richiesta di professionisti capaci di analizzare e gestire grandi quantità di dati.

“Sono sempre di più - spiegano gli esperti di Hays Italia - le aziende in Italia che investono in tecnologie avanzate e personale qualificato per sfruttare al massimo il potenziale dei big data. Le professioni digitali saranno sempre più valorizzate e ricercate dalle imprese e, già nel 2017, la domanda di talenti digitali aumenterà notevolmente, crescendo esponenzialmente entro il 2020”. Infatti, la Commissione Europea calcola che entro il 2020 ci saranno 900.000 posti di lavoro non occupa per mancanza di competenze digitali, più del triplo rispetto ai 275mila nel 2012. E in Italia, secondo un recente studio di Modis, il 22% delle posizioni aperte in questo ambito non trova candida all’altezza.

Per coloro che desiderano intraprendere la carriera in ambito digital, gli esperti di Hays hanno stilato una classifica delle 10 figure professionali sui cui si concentreranno le attenzioni dei recruiter nel 2017.

Data Scientist negli Stati Uniti è già considerato il lavoro numero uno e ci sono varie scuole di pensiero su quale sia la vera definizione. Sicuramente è un professionista con un background accademico molto forte (master o dottorato di ricerca) in discipline quali Statistica, Matematica, Fisica o Economia e profonde conoscenze di Data Mining e Machine Learning. Un bravo data scientist è in grado di identificare e risolvere problemi altamente complessi legati al business, utilizzando tool di analisi avanzati tra cui programmi di statistica come Python, R o Spark. Quest’analisi gioca infatti un ruolo centrale nel processo decisionale fornendo alle aziende gli strumenti necessari per affrontare con successo sfide sempre più complesse.

Un'altra figura richiesta è il data architect, che è capace di dare vita a soluzioni di successo per affrontare al meglio lo scenario dei big data. C'è poi l'insight analyst che utilizza strumenti di analisi statistica per ricavare, da grandi quantità di dati, informazioni a supporto delle strategie di acquisizione e fidelizzazione dei clienti. Dal punto di vista tecnico, gli insight analyst hanno competenze su uno o più strumenti di analisi statistica come sql, sas e spss. Tuttavia, molte aziende sono sempre più interessate al contributo che i linguaggi di programmazione Phyton e R possono fornire in tema di profondità dell’analisi.

Altra figura richiesta è il data engineer, che possiede le competenze per raccogliere, archiviare e lavorare i dati di un’azienda per facilitarne l’analisi. Inizialmente questo prevedeva l’utilizzo di database relazionali per gestire dati archiviabili sotto forma di tabelle, ma, con l’avvento dei big data, le strutture tradizionali per la gestione dei dati non sono più sufficienti. Per questo la figura del big data engineer è chiamata a realizzare e amministrare strutture in grado di gestire quantità di dati ampie e complesse attraverso database NoSQL come MongoDB. Molte aziende utilizzano il framework Hadoop insieme a strumenti avanzati come Hive, Pig e Spark, ma le infrastrutture per la gestione dei Big Data sono davvero numerose.

Lo sviluppatore software ha buone possibilità sul mercato. Non nasce propriamente come professione digital, ma il boom dei big data ha portato a un considerevole aumento delle aziende che realizzano applicazioni web-based. Ormai, infatti, è prassi combinare i tradizionali tool per lo sviluppo di software come Javascript, C# e PHP con framework basati sul linguaggio Python come Django, Pyramid o Flask.

Con il boom delle dashboard e degli strumenti di visualizzazione dei dati, sono sempre più richiesti sviluppatori che abbiano competenze anche nell’utilizzo di piattaforme di analisi dati come Tableau, Qlikview/QlikSense, SiSense and Looker. Stanno ottenendo inoltre grande riconoscimento professionisti con esperienza nell’uso di tool quali d3.js per la creazione di visualizzazioni interattive e di browser web.

Lo sviluppatore Business Intelligence, nella sua forma più semplice, costruisce strutture di dati complesse, partendo dal data storage e arrivando a produrre report e dashboard. Un tempo prerogativa delle divisioni finance e commerciale, la business intelligence costituisce oggi un comparto a sé con sviluppatori che hanno come obiettivo principale proprio la realizzazione di dashboard pronte all’uso per facilitare il compito dei manager che, in questo modo, possono ottenere informazioni chiave sulle performance aziendali al fine di rivederle e migliorarle.

Nel mondo dei Big Data, per poter procedere con l’analisi, la priorità è sicuramente l’organizzazione del flusso di dati. La business intelligence e la data science non possono prescindere dall’avere a disposizione strutture di dati ben organizzate e pronte all’uso ottenute anche attraverso l’impiego di tool di gestione come SQL Server, Oracle e database SAP. Un professionista esperto nella gestione di dati e processi ETL (Estrazione, Trasformazione e Caricamento) rappresenta un must per molte aziende.

Programmi fedeltà, strumenti di web analytics, Internet of things hanno portato a un consistente flusso di dati sui comportamenti dei consumatori online che le aziende utilizzano sempre di più a sostegno delle loro strategie di crescita. Le divisioni marketing, in particolare, sono chiamate ad elaborare campagne sempre più mirate che tengano conto di questi dati. I campaign analysts sfruttano le loro competenze nell’utilizzo di Excel e di strumenti per l’analisi di dati come SQL per fornire una fotografia dettagliata dei consumatori, permettendo così alle campagne di digital marketing di raggiungere il corretto target audience.

Se a ciò si aggiunge poi l’utilizzo di software per la gestione delle campagne come Adobe Campaigns, le aziende possono assicurarsi che le loro strategie marketing colpiscano nel segno andando a soddisfare i bisogni reali del mercato di riferimento. Per tutte le società che mirano a ottenere il massimo rendimento dal potenziale dei big data, nominare un chief data officer è fondamentale. Il numero di questi professionisti è passato da soli 400 nel 2014 a oltre 1.000 nel 2015 e si stima che per il 2019 il 90% delle grandi aziende avrà un chief data officer.

Il ruolo del cdo Lavoro è variegato e complesso e comprende un ventaglio di competenze tra cui data infrastructure, data governance, data security, business intelligence, analisi degli insight e analisi avanzata. Questa figura professionale non solo deve essere tecnicamente competente, ma deve anche essere in grado di capire e guidare gli obiettivi aziendali e i processi di cambiamento a livello manageriale per allinearsi al business plan della compagnia.


lunedì 12 giugno 2017

Lavoro: nasce selezione HR su InfoJobs Talent Master


Un nuovo software targato InfoJobs (piattaforma di recruiting online) aiuta le aziende nella selezione e gestione delle risorse umane. Si tratta di un servizio a valore aggiunto sia per le aziende che per i candidati poiché consente la gestione integrata di tutti i processi di recruiting, a partire dalla pubblicazione dell’annuncio fino alla fase di selezione del personale. Con questo prodotto InfoJobs si trasforma da una semplice piattaforma in un vero e proprio abilitatore tecnologico, in grado di offrire servizi integrati ad alto valore aggiunto sia alle aziende che ai candidati e di rendere più immediato ed efficiente l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Le aziende possono pubblicare contemporaneamente sulla pagina 'Lavora con noi' del sito aziendale, su InfoJobs e su altre piattaforme di recruiting accedendo a un maggior numero di potenziali candidati.

“InfoJobs Talent Master - commenta Eva Maggioni, Head of Job di InfoJobs - è un prodotto unico nel panorama italiano e costituisce un’evoluzione molto importante del nostro ruolo di partner delle aziende. Con questo software, vogliamo diventare gli abilitatori tecnologici in grado di soddisfare tutte le esigenze delle funzioni Hr, dalla pubblicazione delle offerte di lavoro alla gestione del processo di ricerca e selezione delle risorse, con il valore aggiunto di avere un servizio completamente integrato nella piattaforma InfoJobs, che può già contare su 40.000 offerte attive mensili e oltre 7 milioni di candidati".

Il software consente alle aziende:

di pubblicare annunci di lavoro contemporaneamente sulla pagina “Lavora con Noi” del sito aziendale, InfoJobs e altre piattaforme di recruiting così da riuscire a raggiungere il maggior numero di potenziali candidati;

accedere a funzionalità di pre-screening sulla base di determinati parametri (es. distanza, ruolo, settore, RAL, anni di esperienza, lingue e istruzione);

disporre di un motore semantico in grado di tradurre 7 lingue che fornisce un indice di compatibilità dei candidati sulla base dei requisiti richiesti dall’azienda, utile in caso in cui si intenda selezionare figure da inserire in sedi estere;

valutare i candidati mediante test di lingua, video CV e video interviste;

contattare in modo più diretto i candidati sia nella fase iniziale di selezione, ad esempio mediante SMS, sia nella fase finale garantendo un feedback alle candidature.

Questa funzionalità si rivela particolarmente utile per le multinazionali che potranno gestire i processi di selezione per figure da inserire in sedi estere in modo più semplice, oltre ad essere utile sia per le aziende che si trovano a gestire grandi volumi di candidature in entrata sia per le aziende che devono ricercare figure altamente specializzate.

Anche per quanto riguarda il processo di selezione, InfoJobs Talent Master offre alle aziende tool evoluti per la valutazione dei candidati quali test di lingua, video cv e video interviste. Inoltre, funzionando in cloud, l’Ats permette alle aziende con punti vendita o stabilimenti dislocati sul territorio di gestire e valutare il processo di ricerca e selezione internamente in modo più immediato e veloce.

Infine, a conferma della volontà di InfoJobs di voler rendere sempre più semplice e trasparente il job-matching, InfoJobs Talent Master permette alle aziende di contattare in modo più diretto i candidati sia nella fase iniziale di selezione - ad esempio attraverso sms, uno strumento di comunicazione più funzionale soprattutto per alcuni settori - sia nella fase finale garantendo un feedback alle candidature.


giovedì 8 giugno 2017

Licenziabile il manager: quando e motivazioni



Per la Cassazione lo svolgimento di attività extralavorativa in orario aziendale lede il vincolo fiduciario con il dipendente con mansioni direttive.

Lo svolgimento di attività extra lavorativa durante l'orario di lavoro, seppure in un settore non interferente con quello curato dal datore di lavoro, da parte di un responsabile commerciale con notevole autonomia nella gestione della attività, offendei il vincolo fiduciario tra le parti anche quando non comporta un danno economico all'Azienda e giustifica il licenziamento. In tale caso infatti le energie lavorative del prestatore vengono distolte ad altri fini e, quindi, finisce per essere non giustificata la corresponsione della retribuzione che, in relazione alla parte commisurata all'attività non resa, costituisce per il datore un danno economico e per il lavoratore un profitto ingiusto.

La sentenza della Cassazione n. 13199 del 25 maggio 2017 sottolinea inoltre, e soprattutto,  come il vincolo fiduciario con il dipendente risulta maggiormente stringente nel caso di attività autonome e lontane dal controllo diretto del datore di lavoro ed è più grave la lesione del patto, anche se non ne risulta un danno economico all'azienda.

Un Area Manager era stato licenziato per giusta causa a seguito della contestazione di calo di produttività, e fatti di rilievo disciplinare consistiti:

nell'avere portato sul luogo di lavoro articoli da commercializzare per conto di una società di cui faceva parte;

nell'essersi recato durante l'orario di lavoro presso il negozio di cui era socio;

di aver accumulato 13 episodi di ritardo nell'arrivo in azienda.

Il suo ricorso era stato respinto dal Tribunale mentre la Corte di Appello, ha dichiarato l'illegittimità del licenziamento e condannato la società a reintegrare nel posto di lavoro con risarcimento del danno, il giudice di appello ha ritenuto infatti che:

a) il problema gestionale derivante  dall'attività commerciale propria sul luogo di lavoro era  privo di prova certa;

b) l'avere costituito una società commerciale per la vendita di capi di abbigliamento di per sé non costituiva illecito disciplinare, in quanto non interferiva con quella svolta dal datore di lavoro;

c) l'avere raggiunto in due occasioni l'esercizio commerciale in orario di lavoro con l'autovettura aziendale non giustificava il licenziamento ma solo una sanzione conservativa, in quanto era un fatto episodico e senza conseguenze sull'attività aziendale;

d) la natura flessibile dell'orario richiesto al lavoratore, connessa alle mansioni direttive affidategli, rendeva priva di rilievo la timbratura effettuata oltre le ore 9:30.

La società ha presentato ricorso in cassazione, affidandosi a due motivi:

la società ricorrente denuncia che la Corte territoriale  non aveva considerato le ragioni per le quali la flessibilità dell'orario era stata concessa, per cui il mancato rispetto delle previsioni contrattuali non poteva ritenersi giustificato ogniqualvolta il dipendente, prima di recarsi in ufficio, aveva svolto attività di carattere personale, senza recarsi nelle sedi e nelle agenzie dislocate sul territorio;

la Corte ha errato nel non ritenere grave l'accertata attività esterna durante l'orario di lavoro, a causa della breve durata e per la mancanza di danno e nel considerare che sottrae all'obbligo la mansione direttiva che, invece, costituiva un'aggravante nella valutazione della condotta del lavoratore. Al lavoratore, infatti, erano affidati lo sviluppo e la gestione dei rapporti commerciali che, comportando una notevole autonomia nella gestione della attività, presupponevano l'esistenza di uno stringente vincolo fiduciario fra le parti.

I giudici della Cassazione hanno ritenuto fondato il secondo motivo, in quanto ha errato la Corte territoriale nel sostenere che «un comportamento illecito ridotto temporalmente», dal quale non sia derivato un pregiudizio concreto per il datore di lavoro, non sia idoneo a ledere il vincolo fiduciario, perché detta lesione può verificarsi ogniqualvolta la condotta ponga in dubbio la correttezza del futuro adempimento . Nel caso in cui la prestazione richiesta al dipendente, si svolga al di fuori della diretta osservazione e del controllo da parte del datore di lavoro, è maggiore l'affidamento che quest'ultimo deve potere riporre nella correttezza e nella buona fede del lavoratore.

Accogliendo il secondo motivo, i giudici si sono basati sul principio secondo cui “l'obbligo di fedeltà impone al lavoratore di astenersi dal porre in essere, non solo i comportamenti espressamente vietati dall'art. 2105 cod. civ., ma anche qualsiasi altra condotta che risulti in contrasto con i doveri connessi all'inserimento nella struttura e nell'organizzazione dell'impresa o crei una situazione di conflitto con gli interessi del datore di lavoro”.

Ricordiamo inoltre che il licenziamento del manager può essere legittimo anche quando i conti dell’impresa sono buoni, ovvero non sussiste un periodo di crisi aziendale e non ci sono spese straordinarie da sostenere, se la “soppressione” della sua posizione lavorativa è funzionale a un nuovo assetto riorganizzativo che, oltre a determinare una migliore efficienza può anche accrescere i margini di guadagno del datore di lavoro che sono pur sempre una ‘garanzia’ per la tenuta generale dei livelli occupazionali complessivi di una azienda. E' quanto ha sottolineato la Cassazione nella sentenza con la quale lo scorso 7 dicembre.

sabato 3 giugno 2017

Tirocini, linee guida per il 2017



La conferenza Stato Regioni permette l'utilizzo tirocini extracurricolari in misura maggiore, in caso di assunzioni dei partecipanti precedenti.

Si conferma il divieto di attivazione per i datori di lavoro che abbiano fatto licenziamenti nei 12 mesi precedenti

E possibile  attivare tirocini in presenza di contratti di solidarietà espansivi, ossia per le imprese che riducono l’orario di lavoro o la retribuzione per riorganizzazioni finalizzate allo sviluppo dell’azienda.

Restano invariati i limiti precedenti:
un tirocinio per datori di lavoro fino a 5 dipendenti a tempo indeterminato,

2 tirocinanti per quelli tra 6 e 20 dipendenti e

del 10% per quelli con più di 20 dipendenti, sempre a tempo indeterminato,

Tirocini nelle imprese che applicano i contratti di solidarietà espansivi, incentivi per l’assunzione al termine del percorso, durata minima due mesi: sono alcune novità emerse dalle linee guida approvate dalla Conferenza Stato Regioni per i tirocini extra-curriculari (non i periodi di lavoro formativi, di competenza di scuole e centri di formazione) e l’accesso alle professioni ordinistiche, ai sensi dell’articolo 1, commi 34-36, della legge 28 giugno 2012, n. 92.

Confermato il minimo di 300 euro lordi al mese per l’indennità, che le Regioni possono aumentare. Viene riconosciuta a fronte di una partecipazione minima pari almeno al 70%.

Il tirocinio dura al massimo 12 mesi, è stato però introdotto il limite minimo di 2 mesi, che si riduce a un mese nel caso di lavori stagionali. Comunque sia, la durata del tirocinio è indicata nel piano formativo individuale e deve essere congrua rispetto agli obiettivi di formazione. Il tirocinante ha diritto alla sospensione dello stage in caso di maternità, infortunio, malattia di lunga durata, periodi di chiusura aziendale oltre i 15 giorni.

Niente tirocini se ci sono in corso procedure di cassa integrazione nelle medesime unità produttive e niente stage per i datori di lavoro che abbiano effettuato licenziamenti nei 12 mesi precedenti all’attivazione o per svolgere le stesse mansioni del personale che ha lasciato l’azienda

nel caso di licenziamenti collettivi,

per giustificato motivo oggettivo,

per superamento del periodo di comporto,

per mancato superamento del periodo di prova,

per fine appalto

nel caso di risoluzione del rapporto di apprendistato per volontà del datore di lavoro, al termine del periodo formativo.

E’ invece esplicitamente previsto che si possano attivare tirocini nelle imprese che applicano contratti di solidarietà espansivi finalizzati all’incremento dell’occupazione.

Il numero massimo di tirocinanti cambia a seconda delle dimensioni aziendali:

imprese fino a cinque dipendenti: massimo un tirocinante;

imprese fra 6 e 20 dipendenti: due tirocinanti;

sopra i 20 dipendenti: il tetto è rappresentato dal 10% dei dipendenti.

Nelle imprese sopra i 20 dipendenti, le stabilizzazioni dei tirocinanti consentono di incrementare il numero degli stage attivabili, nelle seguenti misure:

un tirocinio se hanno assunto almeno il 20% dei tirocinanti dei 24 mesi precedenti;

due tirocini se hanno assunto il 50% (la metà dei tirocinanti);

tre tirocini se hanno assunto almeno il 75% dei tirocinanti;

quattro tirocini se hanno assunto tutti i tirocinanti dei 24 mesi precedenti.

Restano valide le fondamentali regole sul tirocinio, che viene svolto sulla base di apposite convenzioni, prevede un piano formativo, la presenza di un tutor e al termine un’attestazione dell’attività svolta.

Tra le novità, anche un chiarimento anti-sfruttamento: niente tirocini che coinvolgano professionisti abilitati o qualificati all’esercizio di professioni.

Come noto il tirocinio extracurriculare  richiede per l'attivazione una convenzione tra ente promotore e azienda ospitante,   cui va  allegato il piano formativo individuale del tirocinante. L’attività di quest’ultimo si deve svolgere sotto la supervisione e l’accompagnamento di due tutor: uno del promotore e l’altro dell’ospitante. Ogni tutor può seguire fino a 20 tirocinanti, ma  il limite può essere superato in caso di più tirocinanti presso la stessa azienda.

Per i tirocini in una Regione diversa da quella del promotore oppure in imprese  con molte sedi ,  la misura dell’indennità da considerare  è quella della Regione o della Provincia autonoma in cui ha la sede operativa o legale del  soggetto ospitante.

Infine, in materia di sanzioni sono confermate quelle già previste per l’omissione delle comunicazioni obbligatorie e per la mancato pagamento dell’indennità di partecipazione,  ma si  aggiunge in casi gravi  l’interdizione dall’attivazione di tirocini fino a un anno.




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