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venerdì 23 novembre 2018

Legittima l’indennità di disoccupazione anche se il lavoratore ha un con contratto a termine



Lo stato di disoccupazione normativamente rilevante ai fini del diritto all'indennità di disoccupazione non equivale alla totale mancanza di ogni attività lavorativa, ma piuttosto alla percezione di redditi di importo inferiore alla soglia minima imponibile per legge (Cassazione civile, sezione lavoro, ordinanza 17 ottobre 2018, n. 26027).

La Corte di Cassazione ha riconosciuto l’indennità di disoccupazione al lavoratore in somministrazione che perde uno dei 2 contratti che lo legano al datore somministratore, dovendosi ritenere che lo stato di disoccupazione normativamente rilevante ai fini del diritto all'indennità di disoccupazione non equivalga alla totale mancanza di ogni attività lavorativa, ma piuttosto alla percezione di redditi di importo inferiore alla soglia minima imponibile per legge.

La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con sentenza 17 ottobre 2018, n. 26027, ha riconosciuto il diritto all’indennità di disoccupazione per un lavoratore in somministrazione che aveva perso uno dei 2 contratti stipulati tramite agenzia, mantenendone uno. Infatti, respingendo il ricorso dell'INPS , i Supremi giudici affermano che  lo stato di disoccupazione normativamente rilevante ai fini del diritto all’indennità di disoccupazione non equivale alla totale mancanza di ogni attività lavorativa, ma piuttosto al fatto di percepire un reddito inferiore alla soglia minima imponibile per legge.

Il caso aveva ad oggetto la stipula di più contratti di somministrazione a tempo determinato, da parte di una lavoratrice rimasta poi disoccupata che aveva inoltrato richiesta di corresponsione di indennità di disoccupazione.

In primo grado, il Tribunale di Torino, in funzione di giudice del lavoro, aveva condannato l’Inps a corrispondere alla lavoratrice l’indennità di disoccupazione
L’istituto previdenziale era ricorso davanti alla Corte di appello di Torino che aveva ribadito, in linea con la decisione del giudice del lavoro, che non poteva esservi dubbio sul fatto che l’indennità di disoccupazione spettasse al lavoratore occupato contemporaneamente presso due diversi datori di lavoro che, a partire da una certa data in avanti, avesse perduto uno dei due contratti, ricadendo quindi sotto la soglia reddituale; di conseguenza aveva rigettato il ricorso prodotto dall’Inps.

A questo punto, l’Inps aveva ricorso in Cassazione rilevando che  tale decisione avrebbe male interpretato la disciplina prevista dall’ordinamento previdenziale secondo la quale l’indennità di disoccupazione è riconosciuta solo a favore di coloro che involontariamente non siano più titolari di un rapporto di lavoro, anche se non stabile e continuativo nel corso dell’anno. In altri termini, a detta del ricorrente, la scriminante per l’erogazione di suddetto istituto previdenziale era determinata dalla mancanza di lavoro, tout court, ed a tale proposito il riferimento normativo a sostegno di tale tesi era contenuto nel R.D.L. n. 1827 del 1935, precisamente l’art. 45, terzo comma, secondo cui “L’assicurazione per la disoccupazione involontaria ha per scopo l’assegnazione agli assicurati di indennità nei casi di disoccupazione involontaria per mancanza di lavoro”.

Ad avviso della Corte di Cassazione il ricorso dell’Inps è da ritenersi infondato in quanto non è giuridicamente legittimo introdurre, e, quindi, fare valere, una discriminazione tra la specie di un unico datore di lavoro somministratore rispetto a più rapporti di lavoro part time a tempo determinato del lavoratore somministrato, a quella di un lavoratore titolare di più rapporti di lavoro a tempo parziale con distinti datori di lavoro. Quanto affermato, soprattutto in considerazione del fatto che la parte debole del rapporto di lavoro (id est, il lavoratore) in ambedue i casi si vedrebbe privato della propria fonte reddituale di sostentamento.

I Giudici di legittimità hanno, pertanto, riconosciuto pregio giuridico alla decisione della Corte di Appello di Torino la quale aveva stabilito che lo stato di disoccupazione normativamente rilevante ai fini del diritto all’indennità di disoccupazione non equivale alla totale mancanza di ogni attività lavorativa, ma piuttosto alla percezione di redditi di importo inferiore alla soglia minima imponibile dalla legge.

La Corte di Cassazione, inoltre, ha richiamato una propria precedente pronuncia (Cass. Sez, lav. n. 705/2016) dove, in un caso di collocamento in mobilità per uno dei due rapporti a tempo parziale cui  era interessato un lavoratore, ha stabilito che “Il lavoratore titolare, contemporaneamente, di due rapporti di lavoro subordinato a tempo parziale cd orizzontale, collocato in mobilità per uno dei due con prosecuzione dell’altro, ha diritto alla relativa indennità stante la facoltà, prevista per l’iscritto alle liste di mobilità della L. n. 223 del 1991, art. 8, comma 6, di svolgere lavoro a tempo parziale pur mantenendo l’iscrizione;




mercoledì 12 settembre 2018

Decreto dignità: ecco cosa cambia per il contratto di somministrazione



Per somministrazione di lavoro si intende la fornitura professionale di lavoratori/trici attuata da un soggetto autorizzato (somministratore) a beneficio di un altro soggetto (utilizzatore). La somministrazione di lavoro coinvolge tre soggetti:

il/la lavoratore/trice

l’utilizzatore = l'azienda o professionista  che utilizza il prestatore di lavoro, può essere un soggetto privato o anche una Pubblica Amministrazione;

il somministratore = agenzie di somministrazione di lavoro.

Il somministratore deve essere registrato presso il Ministero del Lavoro, dove è istituito un apposito albo delle Agenzie per il lavoro. Sul mercato del lavoro possono operare senza la necessità di iscrizione all'albo solamente:

le università pubbliche e private;

le fondazioni universitarie;

enti locali come i Comuni e le Provincie;

gli Istituti di scuola secondaria di secondo grado, pubblici o paritari;

le Associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori, comparativamente più rappresentative, firmatarie di C.C.N.L.;

gli Enti Bilaterali;

l'Ordine nazionale dei consulenti del lavoro.

I contratti di somministrazione sono applicabili a qualsiasi settore produttivo. La Pubblica Amministrazione può stipulare soltanto contratti di somministrazione a tempo determinato.

La somministrazione, sia a termine che a tempo indeterminato, è inoltre vietata nei seguenti casi:

per sostituire lavoratori in sciopero;

presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi  di lavoratori adibiti alle stesse mansioni  salvo che il contratto sia concluso per provvedere alla sostituzione di lavoratori assenti o abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi;

presso unità produttive nelle quali è operante una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario, in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di somministrazione di lavoro;

da parte di datori di lavoro che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi  per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

Il contratto di somministrazione di lavoro tra agenzia e utilizzatore va stipulato in forma scritta e deve contenere i seguenti elementi:

gli estremi dell'autorizzazione rilasciata al somministratore;

il numero dei lavoratori da somministrare;

l’indicazione di eventuali rischi per la salute e la sicurezza del lavoratore e le misure di prevenzione adottate;

la data di inizio e la durata prevista della somministrazione di lavoro;

le mansioni alle quali saranno adibiti i lavoratori e l’inquadramento dei medesimi;

il luogo, l’orario di lavoro e il trattamento economico e normativo dei lavoratori.

Alla luce dei nuovi cambiamenti, risulta essere più dispendiosa per il datore di lavoro. Il motivo è legato al contributo addizionale di cui si fa carico lo stesso datore e che è pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini dei contributi previdenziali. Nello specifico, le nuove limitazioni prevedono l’applicazione di:

una durata massina di 24 mesi;

un limite massimo di proroghe che è stato fissato a 4;

l’obbligo di indicare, riferendosi all’utilizzatore, una causale dopo 12 mesi e in caso di rinnovo del contratto;

un limite massimo di assunti a tempo determinato che deve essere pari al 30% del totale dell’organico.

Il rinnovo del contratto sarà contemplato tenendo conto di esigenze temporanee e oggettive, o connesse a incrementi di un certo rilievo e non programmabili, o legate a picchi di attività. Se è presente una di queste condizioni si potrà apporre un termine al primo contratto che in questo caso, non deve superare i 24 mesi di lavoro. In definitiva, il termine che viene apposto al contratto di lavoro può dunque ricevere una proroga, ma nei seguenti casi:

tramite un atto scritto;

con il consenso del lavoratore;

secondo le condizioni e per la durata prevista dal contratto collettivo applicato dal somministratore.

È stato reintrodotto anche il reato di somministrazione fraudolenta, ovvero quando la somministrazione di lavoro viene effettuata con lo scopo di raggirare le norme di legge. In questo caso, somministratore e utilizzatore devono pagare 20€ per ogni lavoratore coinvolto e per ogni giornata di somministrazione.

L’utilizzatore è obbligato in solido con il somministratore a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e a versare i relativi contributi previdenziali, salvo il diritto di rivalsa verso il somministratore. I lavoratori  somministrati hanno diritto a fruire di tutti i servizi sociali e assistenziali di cui godono i dipendenti dell’utilizzatore addetti alla stessa unità produttiva, esclusi quelli  condizionati alla iscrizione ad associazioni o società cooperative o al conseguimento di una determinata anzianità di servizio. Godono inoltre dei diritti sindacali previsti dalla legge n. 300 del 1970, e successive modificazioni.

Con le novità apportate dal Decreto Dignità 2018, viene stabilito un nuovo limite quantitativo con riferimento al contratto di somministrazione a tempo determinato. Più nel dettaglio dispone che:   il numero dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato ovvero con contratto di somministrazione a tempo determinato non può eccedere complessivamente il 30 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l'utilizzatore al 1° gennaio dell'anno di stipula del contratto. ATTENZIONE nel caso di inizio dell'attività nel corso dell'anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento della stipula del contratto.

Sono però fatte salve le diverse previsioni dei contratti collettivi applicati dall'utilizzatore e il limite del D.Lgs. 81/2015 in materia di numero complessivo dei contratti a tempo determinato.

Rimane esclusa  dai limiti la somministrazione di lavoro relativa ai lavoratori in mobilità, ai soggetti disoccupati che beneficiano, da almeno sei mesi, di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali e ai lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 18 ottobre 2017.

Alle violazioni del nuovo limite percentuale si applica la sanzione amministrativa pecuniaria di cui all'articolo 40, comma 1, del D.Lgs. n. 81, ossia la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 250 a euro 1.250.



venerdì 22 luglio 2016

I diritti sindacali dei lavoratori a contratto di somministrazione




I lavoratori in somministrazione hanno diritto a:

partecipare alle assemblee del personale dipendente delle imprese utilizzatrici.

riunirsi per la trattazione di problemi di natura sindacale e le relative ore di permesso per parteciparvi sono retribuite al 100% e calcolate mensilmente.

organizzarsi in un sindacato, con sottoscrizione di delega (nella prima busta paga dei lavoratori deve essere inserito il modello di delega per aderire al sindacato, contributo pari allo 0,8% della retribuzione netta);

eleggere i propri rappresentanti aziendali (qualora l’impresa utilizzatrice impieghi almeno 15 lavoratori in somministrazione contemporaneamente per almeno 2 mesi, provenienti anche da diverse APL).

Ai dipendenti delle società di somministrazione si applicano tutti i diritti sindacali previsti dallo Statuto dei Lavoratori. Pertanto, nei confronti del somministratore i lavoratori in questione possono esercitare per esempio il diritto di costituire rappresentanze sindacali aziendali o unitarie, di riunirsi in assemblea, di fruire di permessi, di fruire - in qualità di dirigenti di rappresentanza sindacale aziendale o unitaria - di permessi sindacali retribuiti e non. Ovviamente la concreta fruizione di questi diritti presuppone che il somministratore, presso gli uffici cui compete l'organizzazione dei lavoratori somministrati, occupi più di 15 dipendenti.

Il fatto che i lavoratori somministrati siano dislocati presso una pluralità di utilizzatori può comportare alcuni problemi pratici per il concreto esercizio dei diritti sindacali. A tale riguardo, è previsto per legge, a loro favore, compete uno specifico diritto di riunione, da esercitarsi con le modalità determinate dalla contrattazione collettiva. Inoltre, il lavoratore somministrato vanta alcuni diritti sindacali anche nei confronti dell'utilizzatore. Infatti, nei confronti di quest'ultimo egli può esercitare - per tutta la durata del contratto - i diritti di libertà e di attività sindacale, nonché di partecipare alle assemblee del personale dipendente dell'impresa utilizzatrice. Esistono altri obblighi di natura sindacale in capo all'utilizzatore. Egli, infatti, deve rendere alcune comunicazioni alle rappresentanze sindacali, aziendali o unitarie o, in loro mancanza, ai sindacati territoriali che appartengono alle confederazioni comparativamente più rappresentative.

Più esattamente, l'utilizzatore deve indicare il numero e i motivi del ricorso alla somministrazione, e ciò ancor prima della stipulazione del contratto di somministrazione (solo in caso di particolari motivi d'urgenza la comunicazione può essere successiva di 5 giorni). Inoltre, ogni 12 mesi deve essere data indicazione in ordine al numero e ai motivi dei contratti di somministrazione conclusi, alla loro durata, al numero e alla qualifica dei lavoratori interessati.

Quindi l'utilizzatore comunica alla RSU, ovvero alle rappresentanze aziendali e, in mancanza, alle associazioni territoriali di categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale:

il numero e i motivi del ricorso alla somministrazione di lavoro prima della stipula del contratto di somministrazione; ove ricorrano motivate ragioni di urgenza e necessità di stipulare il contratto, l'utilizzatore fornisce le predette comunicazioni entro i cinque giorni successivi;

ogni dodici mesi, anche per il tramite della associazione dei datori di lavoro alla quale aderisce o conferisce mandato, il numero e i motivi dei contratti di somministrazione di lavoro conclusi, la durata degli stessi, il numero e la qualifica dei lavoratori interessati,




Cos'è il contratto di somministrazione?



Per contratto si somministrazione del lavoro si intende quel rapporto di lavoro tra lavoratore da assumere e agenzia di somministrazione. Successivamente poi tra l’impresa e l’agenzia di somministrazione di lavoro si instaura un altro contratto di servizi per la messa a disposizione del lavoratore. Per tutta la durata del contratto di lavoro di somministrazione il datore di lavoro (impresa) e lavoratori svolgono le attività nell'interesse sotto la direzione del controllo dell’utilizzatore (l’agenzia). Esistono diverse tipologie contrattuali di contratto di somministrazione di lavoro: a tempo determinato e a tempo indeterminato.

Con la sottoscrizione dell'accordo l'agenzia si assume l'obbligo di pagare il lavoratore rispettando le regole stabilite nell'obbligazione aziendale. L'agenzia può stipulare un contratto a tempo determinato part time o full time. Possono avere una validità massima di un anno. Si possono prorogare per non più di quattro volte e con una durata non superiore ai sei mesi per ogni prolungamento.

Le agenzie per la somministrazione sono enti privati, presso le quali i lavoratori possono iscriversi per sottoporre la loro candidatura. Le aziende hanno una doppia funzione, ovvero, da una parte, trovare un lavoro che corrisponda alle richieste dei lavoratori. Dall'altra, fornire alle ditte la figura professionale di cui sono alla ricerca. L'agenzia comunemente detta somministratore ascolta i lavoratori e mette loro a disposizione degli utilizzatori, ovvero le aziende. Queste ultime acquistano dall'agenzia il diritto di usufruire dei lavoratori. Il somministratore manda il lavorante presso l'impresa, pubblica o privata, per svolgere sotto le direttive dell'utilizzatore la sua attività.

Il contratto di somministrazione deve essere stipulato in forma scritta e contenere, a pena di nullità, una serie di indicazioni (tra l'altro, gli estremi dell'autorizzazione rilasciata al somministratore, il numero dei lavoratori da somministrare, i casi di ammissibilità che consentono il ricorso alla somministrazione, l'indicazione della presenza di eventuali rischi per l'integrità e la salute del lavoratore e delle misure di prevenzione adottate, nonché la data di inizio e la durata prevista dal contratto di somministrazione).

In mancanza di forma scritta, il lavoratore dovrà necessariamente venir considerato a tutti gli effetti alle dipendenze dell'utilizzatore. Inoltre, il somministratore deve comunicare per iscritto al lavoratore, all'atto della stipulazione del contratto di lavoro, tutte le informazioni relative al rapporto di cui egli è oggetto e che sono state sopra menzionate.

Il lavoratore somministrato ha diritto a un trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore a quello dei dipendenti di pari livello dell'utilizzatore, a parità di mansioni svolte. Il pagamento della retribuzione al lavoratore e il versamento dei contributi previdenziali e assicurativi sono a carico del somministratore, con il rimborso successivo da parte dell’utilizzatore.

Il lavoratore ha diritto a fruire di tutti i servizi sociali ed assistenziali di cui godono i dipendenti dell'utilizzatore addetti alla medesima unità produttiva, ma non viene computato nell'organico dell'utilizzatore. In ogni caso, quando la somministrazione di lavoro avviene al di fuori dei limiti e delle condizioni previste dalla legge, il lavoratore può rivolgersi al Giudice del lavoro per ottenere la formalizzazione del rapporto alle dirette dipendenze dell'utilizzatore.

Il contratto di somministrazione può essere a tempo indeterminato o determinato.

Il contratto di somministrazione a tempo indeterminato staff leasing può essere applicato a qualsiasi attività e a qualsiasi tipologia di lavoratori. L'unico limite da osservare per le aziende utilizzatrice è di rispettare il limite del 20% tra il numero di lavoratori impiegati in azienda a tempo indeterminato rispetto a quelli inquadrati come staff leasing. Tale limite. va riscontrato alla data del 1° gennaio dell'anno in cui viene stipulato il contratto, e può essere modificato solo se previsto dalla contrattazione collettiva applicabile dall’utilizzatore. Inoltre, ai fini di assunzione di lavoro somministrato, è stato abolito l'obbligo di indicare la causale. Il lavoratore staff leasing assunto come dipendente subordinato dall'agenzia di lavoro, e non dall'utilizzatore come accadeva prima con il contratto di lavoro interinale, spetta una indennità di disponibilità per tutti i periodi in cui non svolge l'attività lavorativa presso un utilizzatore. La misura di tale indennità è calcolata sulla base della contrattazione collettiva comunque non al si sotto dell'importo fissato con decreto del Ministero del lavoro.

Per il contratto di somministrazione a tempo determinato vi è l’obbligo di indicare le ragioni di carattere “tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo” per giustificare il ricorso al contratto a termine. Stessa a-causalità anche per i contratti a termine nei rapporti di somministrazione ed eventuali proroghe.

Riguardo agli obblighi previsti, rimangono quelli di indicare e comunicare al lavoratore la durata e l'inizio della missione che deve avvenire in forma scritta in sede di stipula e sottoscrizione del relativo contratto, e la durata contrattuale che non può essere superiore a 36 mesi durante i quali possono essere effettuate al massimo 5 proroghe. Superato predetto termine, il contratto si trasforma a tempo indeterminato.

Il contratto di somministrazione, sia esso a tempo determinato o indeterminato, è vietato nei seguenti casi:

a) per la sostituzione di lavoratori in sciopero;

b) presso unità produttive in cui si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991 n. 223, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni a cui si riferisce il contratto di somministrazione (salvo deroghe sindacali);

c) presso imprese in cui siano in corso sospensioni di rapporti o riduzione dell'orario di lavoro con diritto al trattamento di integrazione salariale (Cassa integrazione guadagni) che interessino lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di somministrazione (salvo deroghe sindacali);

d) da parte di imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi per la sicurezza sul lavoro.


lunedì 15 settembre 2014

Indennità di paternità e contratti di lavoro



L’art. 28 del T.U. riconosce al padre lavoratore il diritto autonomo alla fruizione del congedo di paternità per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice madre, in caso di morte o di grave infermità della stessa ovvero di abbandono del figlio da parte della madre, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.

Solo la durata del congedo di paternità è correlata alla eventuale fruizione del congedo di maternità da parte della madre lavoratrice. In tale ipotesi, la durata del congedo di paternità è pari al periodo di astensione obbligatoria non fruito in tutto o in parte dalla madre, compresi quindi i periodi di astensione obbligatoria post-partum di maggiore durata conseguenti alla flessibilità e/o al parto prematuro.

Il padre, nel caso voglia avvalersi del congedo di paternità, dovrà produrre unitamente alla domanda di maternità la certificazione, rilasciata dalla Amministrazione competente, attestante una delle predette situazioni. La certificazione potrà essere sostituita da autocertificazione: dichiarazione sostitutiva di certificazione sottoscritta dal richiedente se trattasi di dati personali e fatti secondo l'art. 46 del DPR 45/2000 (data e luogo di nascita, stato di famiglia, nascita del figlio ecc) oppure dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, sottoscritta dal richiedente in presenza del funzionario addetto oppure sottoscritta e presentata unitamente a copia  non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore, se trattasi di dati non inclusi nell'art. 46 del DPR di cui sopra ma che siano a diretta conoscenza dell'interessato (art. 47 DPR 445/2000). In caso di morte dell'altro genitore certificato di morte oppure dichiarazione sostitutiva di certificazione; In caso di abbandono del figlio con mancato riconoscimento da parte dell'altro genitore = il richiedente  renderà dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà nel quale dovrà attestare il mancato riconoscimento da parte dell'altro genitore e che il figlio non è affidato a terzi e è soggetto alla potestà del richiedente.

In caso di abbandono del figlio successivo al riconoscimento da parte dell'altro genitore = il richiedente dovrà rendere dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà e presentare copia del provvedimento del giudice attestante la decadenza della potestà dell'altro genitore (in attesa del provvedimento sarà sufficiente presentare copia dell'istanza presentata). In caso di affidamento esclusivo del figlio, il richiedente dovrà presentare copia della sentenza di separazione nella quale il giudice ha disposto l'affidamento esclusivo (ad un solo genitore) al richiedente. In caso di grave infermità , la certificazione medica da sottoporre all'esame del medico di Sede per la valutazione della compatibilità dell'infermità con la cura e l'assistenza del neonato. La certificazione medica non è suscettibile ad autocertificazione.

DIRITTO AUTONOMO DEL PADRE ALLA MATERNITÀ OBBLIGATORIA
Il diritto alla indennità di maternità obbligatoria all'80% della retribuzione, si riconosce anche se la madre non è o non è stata lavoratrice (-ordinanza n. 144 del 16/4/1987 con cui la Corte Costituzionale ha stabilito a proposito della sentenza n. 1/1987: ”in luogo di lavoratrice madre leggasi madre, lavoratrice o meno”.

DIRITTO ALL'INDENNITÀ DI DISOCCUPAZIONE CON REQUISITI RIDOTTI
Tale diritto si acquisisce allorquando nell’anno di riferimento sia riscontrabile un minimo di 78 giorni lavorati ( da intendere per tali le giornate retribuite e cioè oltre a quelle lavorate anche le festività, le ferie, i riposi ordinari e compensativi, periodi di maternità e malattia.

INDENNITÀ DI MATERNITÀ E INDENNITÀ DI DISOCCUPAZIONE CON REQUISITI RIDOTTI

Il diritto alla indennità di maternità viene conservato anche quando il congedo di maternità si collochi oltre 60 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro purché la lavoratrice, all’inizio del congedo, risulti disoccupata e in * godimento della indennità di disoccupazione con requisiti ridotti. Ai fini del diritto alla indennità di maternità la data di inizio del congedo dovrà collocarsi nello stesso anno in cui è stata svolta l’attività lavorativa ed entro il periodo presunto di * godimento della disoccupazione con Requisiti Ridotti. Il congedo di maternità, quindi, non potrà iniziare nell’anno successivo a quello di riferimento della predetta prestazione di disoccupazione con R.R.

nel caso in cui la lavoratrice abbia intrattenuto un solo rapporto di lavoro, le giornate indennizzabili per disoccupazione con requisiti ridotti devono essere conteggiate  a partire  dal giorno immediatamente successivo alla cessazione del rapporto di lavoro ( includendo anche le domeniche e i giorni festivi) .

nel caso di pluralità di rapporti di lavoro , le giornate indennizzabili per disoccupazione con requisiti ridotti devono essere collocate nei  periodi di inattività riscontrati tra un rapporto di lavoro e un altro a partire dal primo giorno di inoccupazione successivo alla cessazione del rapporto di lavoro che, unitamente  agli altri , ha consentito il  raggiungimento delle 78 giornate necessarie per il diritto alla indennità di disoccupazione con Requisiti Ridotti.

CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE LAVORO

Il contratto di somministrazione è quel contratto attraverso il quale viene regolata la fornitura di lavoratori dall’impresa somministratrice a quella utilizzatrice (art. 20, d.lgs n. 276/2003 commi 3 e 4) per la somministrazione sia a tempo determinato che indeterminato. Tali lavoratori hanno diritto alla indennità di malattia , a quella di maternità e alla TBC per gli eventi che si verificano sia durante il periodo di disponibilità che in quello di utilizzo.

La retribuzione da prendere a base per il calcolo sarà l’indennità di disponibilità per i periodi coincidenti con quelli di disponibilità e per i periodi coincidenti con l’utilizzo la retribuzione percepita nel periodo di utilizzo lavorativo immediatamente precedente.

Sarà il somministratore che provvederà al pagamento dei contributi previdenziali e al pagamento al lavoratore del trattamento economico dovuto. In caso di inadempimento da parte del somministratore , sarà l’utilizzatore a rispondere in solido. Durante i periodi di disponibilità, per il lavoratore a tempo indeterminato, i contributi saranno versati per il loro effettivo ammontare in deroga alla norma sul minimale contributivo.

N.B.
La ditta somministratrice è inquadrata nel terziario. Nel caso di somministrazione nel settore agricolo o di lavoratori domestici trovano applicazione i criteri erogativi, gli oneri previdenziali e assistenziali previsti dai relativi settori.

CONTRATTO DI APPALTO

Tale tipologia di contratto si riferisce ai lavoratori dipendenti dell’appaltatore ai quali non rileva la situazione della impresa committente dell’appalto. I lavoratori hanno diritto alla indennità di malattia, a quella di maternità e alla TBC secondo la normale disciplina prevista per i lavoratori dipendenti tenendo conto della categoria e della qualifica professionale di appartenenza.


Il distacco si configura quando un datore di lavoro mette temporaneamente a disposizione di un altro soggetto l’attività di uno o più lavoratori per eseguire un determinato lavoro.

Tali lavoratori distaccati restano a tutti gli effetti dipendenti dell’azienda d’origine, avranno diritto, quindi, alla indennità di malattia, a quella di maternità e alla TBC secondo la normale disciplina prevista per i lavoratori dipendenti tenendo conto della categoria e della qualifica professionale di appartenenza.


Con il contratto di lavoro intermittente il lavoratore si pone, a tempo determinato(senza obbligo di disponibilità) o indeterminato (con obbligo di disponibilità), a disposizione del datore di lavoro (art.6 comma 6 d.lgs 276/2003) . Tale contratto si concretizza in due tipologie:

1. obbligo del lavoratore a rispondere alla chiamata del datore di lavoro, con diritto ad una indennità per i periodi di disponibilità obbligatoria;

2. assenza di obbligo di disponibilità del lavoratore , con la conseguenza che il rapporto contrattuale si instaura solo quando il lavoratore risponde alla chiamata del datore di lavoro.

1 - Per gli eventi di malattia, maternità e TBC insorti durante i periodi di disponibilità, nel caso di contratto con obbligo di disponibilità, ai fini del calcolo della indennità sarà presa a riferimento come retribuzione l’indennità di disponibilità, per gli eventi insorti invece durante la fase di utilizzo, la retribuzione da prendere a base per il calcolo della indennità sarà la retribuzione effettivamente percepita durante il periodo di effettivo utilizzo immediatamente precedente. Gli eventi che iniziano durante il periodo di utilizzo e si protraggono nel periodo di disponibilità e viceversa, saranno riproporzionati tenendo conto di un diverso parametro retributivo a seconda che cadano nel periodo di prevista attività lavorativa o di disponibilità ( es. nota 1). Per quanto riguarda il congedo parentale (come per il part time verticale) il diritto all’indennità non sussiste durante le pause contrattuali e quindi durante i periodi di disponibilità.

2 – Per gli eventi di malattia insorti nel caso di contratto senza obbligo di disponibilità, le prestazioni spettano durante il periodo di effettiva attività lavorativa e secondo la disciplina del lavoro a tempo determinato ( il diritto all’indennità si estingue al momento della cessazione dell’attività lavorativa);. Per gli eventi di maternità l’indennità sarà corrisposta per tutta la durata dell’evento purchè lo stesso sia iniziato durante l’attività lavorativa o entro 60 giorni dall’ultimo lavorato. ). Il congedo parentale va indennizzato solo nei periodi di svolgimento dell’attività lavorativa.

La retribuzione da prendere a base per il calcolo sarà quella complessivamente percepita negli ultimi 12 mesi precedenti l’insorgenza dell’evento (malattia – maternità – TBC - come part time verticale va divisa per il numero delle giornate indennizzabili - 360 impiegati, 312 operai – nella retribuzione vanno incluse le indennità di trasferta e i ratei di mensilità aggiuntive). Il congedo parentale andrà indennizzato al 30% della retribuzione che la lavoratrice o il lavoratore percepirebbe qualora non si astenesse dal lavoro, per le sole giornate di previsto svolgimento della attività lavorativa (comprese le festività cadenti nel periodo).

martedì 1 ottobre 2013

Contratto di somministrazione per i giovani nel 2014



Il contratto di somministrazione di lavoro è disciplinato dagli artt. 20 - 28 del D.Lgs. n. 276 del 2003 ed ha sostituito, senza peraltro alterarne la struttura essenziale, il lavoro interinale.

Ricordiamo che la somministrazione di lavoro si caratterizza per un duplice rapporto contrattuale nell'ambito del quale:

il somministratore, un'Agenzia per il lavoro autorizzata dal Ministero del Lavoro, stipula un contratto di lavoro con un lavoratore, a tempo indeterminato o a tempo determinato, l'utilizzatore, che è un'azienda pubblica o privata, utilizza il lavoratore contrattualizzato dall'Agenzia per esigenze proprie e, a tal fine, stipula un contratto di somministrazione con la medesima agenzia.

L'incentivo per i datori di lavoro che assumano, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, lavoratori di età compresa tra i 18 ed i 29 anni, privi d’impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi ovvero privi di diploma di scuola media superiore o professionale (istituito in via sperimentale con l’articolo 1 del decreto legge 28 giugno 2013, n. 76 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99) spetta per le assunzioni a tempo indeterminato, anche a tempo parziale, e per i rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato instaurati in attuazione del vincolo associativo stretto con una cooperativa di lavoro, ai sensi della Legge 142/2001.

Nel momento di profonda crisi dell’occupazione, i giovani hanno sempre maggiori difficoltà a collocarsi nel mercato del lavoro composto di precariato, tempo parziale, contratti a termine o subordinati tramite partita Iva, collaborazioni sporadiche e spesso fittizie. Si tratta di definizioni che nella maggior parte dei casi sfuggono a chi è in procinto di fare il suo ingresso nella realtà professionale, specie se la sua esperienza si riduce a quella descritta nel curriculum scolastico.

Introdotto dal D. Lgl. 276/2003, più comunemente noto come Legge Biagi, il contratto di somministrazione di lavoro ha sostituito quello interinale, riprendendone di fatto alcune caratteristiche basilari. Si tratta di un accordo stipulato fra tre parti: il somministratore, vale a dire l’azienda di lavoro interinale denominata anche Agenzia per il lavoro, la persona alla ricerca di un impiego, e l’azienda che richiede il lavoratore. Quest’ultima, l’utilizzatrice, si rivolge pertanto direttamente all’agenzia interinale che funziona da intermediaria tra la prima e il lavoratore. La somministrazione, attraverso i contratti collettivi di lavoro, va dalle imprese private alla pubblica amministrazione.

Il rapporto di lavoro per chi possiede un contratto di somministrazione, ossia tra Agenzia per il lavoro e l'utilizzatore, naviga in un meccanismo che, se da un lato consente maggiori possibilità di reperimento di un impiego, dall’altro non garantisce la stabilità del posto di lavoro. Infatti i contratti di somministrazione sono generalmente a tempo determinato, vale a dire della durata legata all’esigenza di produzione dell’azienda utilizzatrice, dalla quale dipende esclusivamente il controllo e la direzione sulla prestazione del lavoratore. Quest’ultimo, invece, è infatti formalmente e giuridicamente dipendente dalle società fornitrici. Anche la retribuzione, generalmente pari a quella prevista per i dipendenti dello stesso livello interni all’azienda utilizzatrice, rientra nelle competenze dell’Agenzia per il lavoro.

I contratti di somministrazione consentono l’assorbimento di manodopera giovanile all’interno del mondo del lavoro, rimediando in parte anche alla piaga sociale ed economica della disoccupazione attraverso la creazione di posti di lavoro. Il risvolto negativo sta nel fatto che non assicurano un posto stabile, anzi si reggono proprio sulla flessibilità e la temporaneità degli impieghi.

domenica 16 giugno 2013

Somministrazione e le ragioni che blindano la causale

Il contratto di somministrazione di lavoro è disciplinato dagli artt. 20 - 28 del D.Lgs. n. 276 del 2003 ed ha sostituito, senza peraltro alterarne la struttura essenziale, il lavoro interinale.
Ricordiamo che la somministrazione di lavoro si caratterizza per un duplice rapporto contrattuale nell'ambito del quale:

il somministratore, un'Agenzia per il lavoro autorizzata dal Ministero del Lavoro, stipula un contratto di lavoro con un lavoratore, a tempo indeterminato o a tempo determinato, l'utilizzatore, che è un'azienda pubblica o privata, utilizza il lavoratore contrattualizzato dall'Agenzia per esigenze proprie e, a tal fine, stipula un contratto di somministrazione con la medesima agenzia.

La presenza di una causale generica del contratto di somministrazione a termine comporta la trasformazione del rapporto in un contratto a tempo indeterminato con l'impresa utilizzatrice. Lo affermano due sentenze gemelle della Cassazione: la 10560 del 7 maggio e la 11411 del 13 maggio scorso.
Per usare il contratto di somministrazione a tempo determinato, infatti – esclusi i casi in cui è consentita la mancanza della causale – devono sussistere precise ragioni tecniche, produttive, organizzative o sostitutive (si veda l'articolo a lato). Ed è bene che queste ragioni siano chiaramente enunciate nel contratto di fornitura tra l'agenzia per il lavoro e l'impresa utilizzatrice.
Nella sentenza 10560, la Cassazione si è pronunciata sulla vicenda di alcuni lavoratori assunti da un'agenzia per il lavoro con vari contratti a termine, che contestavano la genericità della causale del contratto commerciale. Nel caso specifico, la causale prevedeva la stipula nei casi previsti dai contratti collettivi nazionali della categoria, per una indefinita «sostituzione». Sia il Tribunale, sia la Corte di appello avevano accolto il ricorso, sostenendo che le ragioni fossero del tutto generiche e inidonee a integrare i requisiti di specificità richiesti dalla legge 196/1997 (oggi sostituita dal Dlgs 276/2003). Comunque, per i giudici di merito, non era provata la ricollegabilità dell'assunzione degli operai all'assenza in azienda di lavoratori con contratti a tempo indeterminato. L'illegittimità del ricorso al lavoro temporaneo ha quindi come conseguenza la conversione del contratto a tempo indeterminato con l'impresa utilizzatrice.
La Cassazione, confermando la sentenza di appello, afferma che nel contratto di somministrazione è stata usata una formula più generica di quella prevista nel testo legislativo, mentre sarebbe stato necessario indicare quale contratto collettivo di riferimento applicare. I vizi del contratto commerciale di fornitura tra agenzia interinale e impresa utilizzatrice si riverberano sul contratto individuale di lavoro: l'illegittimità del contratto di fornitura comporta le conseguenze previste dalla legge sul divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro (legge 1369/1960 abrogata e confluita nella riforma Biagi). L'effetto finale è dunque la conversione del contratto per prestazioni di lavoro temporaneo in un ordinario contratto di lavoro a tempo indeterminato tra l'utilizzatore della prestazione, datore di lavoro effettivo, e il lavoratore (Cassazione 6933/2012).
Segue la stessa linea la sentenza 8120 del 3 aprile 2013: la Cassazione precisa che la mancanza di specificità delle ragioni giustificative del ricorso alla somministrazione temporanea di lavoro comporta la nullità del contratto di lavoro stesso. Serve, infatti, un elevato grado di specificità, che consenta di classificare le ragioni giustificative come legittimanti un contratto a tempo determinato, e la verifica della loro effettività.
Le causali non possono risolversi in una parafrasi della norma, ma devono esplicitare il collegamento tra quanto previsto nel contratto e la reale situazione aziendale. La Cassazione ha ritenuto specifiche le ragioni del ricorso alla somministrazione di lavoro poiché l'indicazione di «punte di più intensa attività produttiva», erano state determinate «dall'acquisizione di commesse» o dal «lancio di nuovi prodotti».

domenica 10 febbraio 2013

Il lavoro interinale dopo la riforma Fornero


Ormai il mondo del lavoro richiede il concetto di flessibilità: un concetto che si traduce in un radicale cambiamento del modo di pensare del passato, rivolto al posto fisso, a favore di altre tipologie di contratti di lavoro (atipici). Ed in questo contesto sono nate le agenzie per il lavoro interinale. Che sono agenzie private e, a differenza dei centri per l’impiego, un lavoratore può iscriversi a tutte le agenzie per il lavoro che ritenga opportune

Il contratto di somministrazione di lavoro è disciplinato dagli artt. 20 - 28 del D.Lgs. n. 276 del 2003 ed ha sostituito, senza peraltro alterarne la struttura essenziale, il lavoro interinale.
Ricordiamo che la somministrazione di lavoro si caratterizza per un duplice rapporto contrattuale nell'ambito del quale:

il somministratore, un'Agenzia per il lavoro autorizzata dal Ministero del Lavoro, stipula un contratto di lavoro con un lavoratore, a tempo indeterminato o a tempo determinato, l'utilizzatore, che è un'azienda pubblica o privata, utilizza il lavoratore contrattualizzato dall'Agenzia per esigenze proprie e, a tal fine, stipula un contratto di somministrazione con la medesima agenzia.

I due rapporti contrattuali coinvolgono tre soggetti distinti ed è l'Agenzia per il lavoro che rappresenta il datore di lavoro onerato degli obblighi retributivi e contributivi in favore del lavoratore. Questi, poi, saranno misurati alle mansioni effettivamente svolte dal lavoratore nell'azienda cui il lavoratore viene somministrato.

La riforma Fornero ha parzialmente inciso sul regime della somministrazione di lavoro. In particolare, le innovazioni concernenti la causalità del contratto a tempo determinato hanno riguardato anche il lavoro interinale. Viene così previsto che, per quel che concerne la prima assunzione, il rapporto di lavoro conseguente ad un contratto di somministrazione a tempo determinato possa essere slegato dall'obbligo di indicazione della causale.

Infatti il nuovo comma 1 bis dell’art. 1 del D.Lgs. n 368 del 2001, introdotto dalla Legge n 92 del 2012, ha infatti stabilito la possibilità di assumere a tempo determinato o a mezzo di contratto di somministrazione di lavoro, senza causa, nell’ipotesi in cui la durata del rapporto non sia superiore ai 12 mesi.

Ulteriore previsione normativa dedicata alla disciplina giuridica del contratto di somministrazione del lavoro è quella ricavabile dal neo introdotto art. 5, comma 4 bis del d.lgs. n. 368/2001 (cfr. art. 1, comma 9, lett. j) della legge n 92 del 2006. Nella previgente disciplina del contratto a tempo determinato già si prevedeva che il termine complessivo massimo dei contratti a tempo determinato stipulabili con riferimento ad analoghe mansioni da parte di un unico datore di lavoro fosse quello di 36 mesi.

In forza dell'indicata novità normativa, ai fini del computo del suddetto termine massimo, debbono essere presi in considerazione anche i periodi di lavoro svolti in forza di contratti di somministrazione. La norma prevede infatti che: "ai fini del computo del periodo massimo di trentasei mesi di durata del contratto a tempo determinato si tiene altresì conto dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni equivalenti, svolti dai medesimi soggetti".

Le agenzie interinali si propongono di offrire alle aziende un insieme di strumenti innovativi per trovare le proprie risorse che garantiscano la trasparenza del mercato del lavoro, in modo da offrire nuovi canali di inserimento soprattutto ai disoccupati, a chi è in cerca della prima occupazione, a chi è in cerca di uno sviluppo di carriera.

L’azienda stipula con l’agenzia interinale un contratto di lavoro ad interim (prestazioni professionali), per un periodo di tempo determinato. Con questo contratto, il lavoratore non dipende dall’impresa ma dall’agenzia e sarà quest’ultima a corrispondergli la retribuzione che dovrà in ogni caso corrispondere a quella degli impiegati presenti all’interno dell’impresa, poiché il legislatore allo scopo di evitare norme discriminatorie ha equiparato il livello retributivo del lavoratore temporaneo a quello dei lavoratori dipendenti.
 

domenica 6 gennaio 2013

Lavoratori in mobilita 2013 e agevolazioni contributive per i dipendenti


Lo ha chiarito il ministero del Lavoro con l'interpello 40/2012. La questione riguarda la possibilità per un datore di lavoro di beneficiare dell'aliquota contributiva agevolata pari al 10% (articolo 8, comma 2, legge 223/1991), laddove prima si avvale del lavoratore iscritto nelle liste di mobilità mediate un contratto di somministrazione, e successivamente (anche senza soluzione di continuità) assume direttamente lo stesso lavoratore con un contratto a tempo determinato previsto dalla legge 223/1991.

L’agevolazione contributiva per l’assunzione di lavoratori dalle liste di mobilità spetta anche all’azienda che avvia il rapporto lavorativo attraverso un’agenzia per il lavoro e che il periodo lavorativo va a cumularsi con altri periodi di lavoro agevolati avviati direttamente dal datore di lavoro sempre per lavoratori in mobilità.

L'incentivo, l’agevolazione contributiva, consiste nel riconoscimento di uno sgravio contributivo per un periodo massimo di 12 mesi, tale da consentire di pagare contributi in misura pari a quella prevista per gli apprendisti, in caso di assunzione a termine di un lavoratore iscritto nelle liste di mobilità e nel prolungamento dello stesso beneficio per altri 12 mesi in caso di trasformazione del rapporto a tempo indeterminato.

Il ministero del lavoro, inoltre, ha spiegato che la riforma Fornero è intervenuta stabilendo alcuni principi generali che devono essere soddisfatti per beneficiare delle agevolazioni contributive.
L'articolo 4, comma 13 della legge 92/2012 ha precisato che per «la determinazione del diritto agli incentivi e della loro durata, si cumulano i periodi in cui il lavoratore ha prestato l'attività in favore dello stesso soggetto, a titolo di lavoro subordinato o somministrato», pur ravvisandosi, formalmente, in tale ipotesi, due datori di lavoro.
Anche se questa regola era già applicata dall'Inps in via amministrativa, la disposizione ha dunque introdotto il criterio del cumulo per la durata massima dell'agevolazione tra i contratti di lavoro subordinato e periodi di utilizzo dello stesso lavoratore tramite somministrazione di lavoro. Il ministero ha risposto positivamente al quesito precisando che l'impresa dovrà sommare i relativi periodi ai fini della determinazione della durata massima della riduzione contributiva.


Per la fruizione allo sgravio di mobilità è necessario utilizzare una specifica modulistica (Inps, messaggio 12957 del 2 agosto 2012) e per il periodo di missione l'impresa utilizzatrice (titolare, legale rappresentante o altro soggetto munito di poteri) deve rilasciare all'agenzia per il lavoro un'autocertificazione accompagnata da copia del documento d'identità di chi l'ha sottoscritta.

domenica 4 marzo 2012

Lavoro interinale si cambia nel 2012

Il lavoratori interinali equiparati ai lavoratori dipendenti.
Meno vincoli per il lavoro somministrato. Infatti con le nuove disposizioni di legge in alcuni casi si possono ricorrere alla somministrazione  senza indicare la causale. Grazie ha questo provvedimento gli operatori del settore (agenzie del lavoro)  possono trovare uno sbocco per uno strumento del lavoro poco usato o almeno sottoutilizzato perché soggetto al pericolo di contenziosi.

Infatti la normativa in vigore richiede le ragioni tecniche,  produttive, organizzative o sostitutive per far ricorso alla somministrazione del lavoro. E viene ribadito il principio che per tutta la durata della missione i lavoratori dipendenti dell'agenzia del lavoro hanno diritto a condizioni di base di lavoro e di occupazione che non possono essere complessivamente inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell'impresa in cui si presta lavoro.

Il provvedimento serve ad assegnare il mercato del lavoro di una serie di strumenti capaci di garantire trasparenza ed efficienza, favorendo l'inserimento e il reinserimento delle persone in cerca di occupazione, aumentando le tutele per i lavoratori".
Il decreto modifica le disposizioni della legge Biagi sul lavoro interinale. In particolare viene ribadito il principio che per tutta la durata della missione i lavoratori dipendenti dell'agenzia hanno diritto a condizioni di base di lavoro e di occupazione che non possono essere complessivamente inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell'impresa in cui si presta lavoro, a parità di mansioni svolte.

Viene regolamentato anche l'orario di lavoro, lo straordinario, le pause, i periodi di riposo, il lavoro notturno, le ferie e i giorni festivi, nonché la protezione per le donne in stato di gravidanza, la parità di trattamento fra uomo e donna ed altre misure volte ad evitare ogni forma di discriminazione.

Si introduce una disposizione che punisce con sanzione penale chiunque esiga o comunque percepisca compensi da parte del lavoratore in cambio di un'assunzione presso un'impresa utilizzatrice. Per questa violazione è prevista anche la cancellazione dall'albo delle agenzie per il lavoro. Viene previsto, poi, che i lavoratori dipendenti dall'agenzia di lavoro siano informati dall'impresa presso la quale svolgono il servizio dei posti vacanti, affinché possano aspirare, al pari dei dipendenti della medesima impresa, a ricoprire posti di lavoro a tempo indeterminato.
Sono introdotte infine norme a tutela di alcune categorie di soggetti deboli o svantaggiati.

Lo scopo della normativa è per favorire l'inserimento e il reinserimento delle persone in cerca di prima occupazione. Parità di trattamento, più facile accesso all'occupazione, equiparazione tra lavoratori interinali e lavoratori dipendenti dall'impresa in cui si presta il servizio. Quindi non è più necessario giustificare una con un causale l’assunzione del lavoratore in “affitto” con contratto di somministrazione se questo appartiene a categorie svantaggiate. L’obbligo di motivare il contratto di lavoro interinale è stato cancellato quando si parla di soggetti percettori di ammortizzatori sociali, anche in deroga, da almeno sei mesi.

Questo quadro normativo viene alla luce della direttiva della Comunità europea 104 del 2008 regolamneto n. 800 che invitava gli stati membri a rimuovere gli ostacoli ingiustificati che frenano il ricorso alla somministrazione.
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