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sabato 21 marzo 2020

Lavoro: quarantena retribuita come malattia



Per i lavoratori dipendenti la quarantena per COVID-19 è equiparata alla malattia, ci vuole il certificato medico: norme, definizioni e procedure.

Era una precisazione ce è arrivata con il decreto Cura Italia: i lavoratori che sono in quarantena per evitare il contagio hanno diritto alla malattia. E i giorni trascorsi a casa non si calcolano ai fini del superamento del periodo di comporto. Il riferimento è l’articolo 26, comma 1, del decreto 18/2020.

Riguarda il periodo trascorso in isolamento con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria dei lavoratori dipendenti. Innanzitutto, le relative definizioni di legge:

quarantena con sorveglianza attiva: persone che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva (articolo 1, comma 2, lettera h, dl 6/2020).

permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva: persone che hanno fatto ingresso in Italia da zone a rischio (lettera i, dello stesso articolo).

La seconda definizione resta valida e si applica anche declinata in base a specifiche ordinanze locali legate al rischio di contagio.

In ogni caso, è il Dipartimento di prevenzione della Asl a disporre il provvedimento di quarantena o sorveglianza in base alle indicazioni che possono arrivare dalla persone stessa, dall’azienda o dai medici di base.

Questi ultimi compilano il certificato, specificando gli estremi del provvedimento che ha dato origine alla quarantena con sorveglianza attiva o alla permanenza domiciliare. Il provvedimento può venire emesso dall’ASL in relazione a una delle notizie sopra riportate.

Un lavoratore segnala di avere avuto un contatto stretto con un caso confermato di Covid 19. L’azienda provvede ad avvisare l’ASL (ci sono appositi numeri di emergenza per il Covid-19 forniti dalla Regione o dal ministero della Salute). che a sua volta prende le contromisure indicate.

I medici di base hanno precise indicazioni da parte delle autorità e di conseguenza sanno esattamente quando prescrivere la quarantena. Ricordiamo che l’indicazione del ministero è quella di rivolgersi al medico di base, chiamandolo al telefono, evitando invece di andare in pronto soccorso o in ambulatorio. La quarantena, come è noto, dura 15 giorni.

Attenzione: sono considerati validi i certificati di malattia trasmessi, prima dell’entrata in vigore del decreto Cura Italia (quindi, prima del 17 marzo), anche in assenza dell’indicazione del provvedimento in base al quale si dispone la quarantena.

La quarantena equivale a un periodo di malattia. Ed è quindi retribuita di conseguenza. E non vale ai fini del periodo di comporto (il numero massimo di giorni in cui un lavoratore può stare a casa per malattia mantenendo il diritto al posto di lavoro).

Contatti a rischio

Per contatto stretto, in base alle indicazioni del Ministero della Salute:

persona che vive nella stessa casa di un caso di COVID-19;

una persona che ha avuto un contatto fisico diretto con un caso di COVID-19 (per esempio la stretta di mano);

persona che ha avuto un contatto diretto non protetto con le secrezioni di un caso di COVID-19 (ad esempio toccare a mani nude fazzoletti di carta usati);

persona che ha avuto un contatto diretto (faccia a faccia) con un caso di COVID-19, a distanza minore di 2 metri e di durata maggiore a 15 minuti;

persona che si è trovata in un ambiente chiuso (ad esempio aula, sala riunioni, sala d’attesa dell’ospedale) con un caso di COVID-19 per almeno 15 minuti, a distanza minore di 2 metri;

operatore sanitario od altra persona che fornisce assistenza diretta ad un caso di COVID19 oppure personale di laboratorio addetto alla manipolazione di campioni di un caso di COVID-19 senza l’impiego dei DPI raccomandati o mediante l’utilizzo di DPI non idonei;

persona che abbia viaggiato seduta in aereo nei due posti adiacenti, in qualsiasi direzione, di un caso di COVID-19, i compagni di viaggio o le persone addette all’assistenza e i membri dell’equipaggio addetti alla sezione dell’aereo dove il caso indice era seduto (qualora il caso indice abbia una sintomatologia grave od abbia effettuato spostamenti all’interno dell’aereo, determinando una maggiore esposizione dei passeggeri, considerare come contatti stretti tutti i passeggeri seduti nella stessa sezione dell’aereo o in tutto l’aereo).

C’è una precisazione per i datori di lavoro: gli oneri connessi alla quarantena, per i quali si presenta domanda agli enti previdenziali, sono a carico dello Stato.

Sono diverse le regole che si applicano ai dipendenti pubblici e privati in possesso del riconoscimento di disabilità grave (articolo 3, comma 3, legge 104/1992), nonché ai lavoratori in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita: in questi casi, fino al 30 aprile, il periodo di assenza dal servizio prescritto dalle competenti autorità sanitarie, è equiparato al ricovero ospedaliero.



sabato 12 maggio 2018

Licenziamento in malattia: controllo sui social legittimo



Il dipendente assente per malattia non è totalmente al sicuro dal licenziamento: ci sono dei casi, infatti, in cui l’azienda può recedere il contratto di lavoro.

La legge tutela il lavoratore che si ammala riconoscendogli un’indennità di malattia e preservandolo da possibili provvedimenti disciplinari da parte del datore di lavoro. Infatti, il datore di lavoro può recedere il contratto solamente una volta decorso il periodo di comporto stabilito dalla legge. Quindi non si può licenziare un dipendente in malattia a meno che questa non si prolunghi oltre il cosiddetto periodo di comporto.

Il dipendente in malattia non ha solamente dei diritti, ma anche dei doveri. La Corte di Cassazione ha stabilito la legittimità del licenziamento qualora il dipendente in malattia svolga attività che possono ostacolare la sua guarigione.

Il periodo coperto dall'indennità di malattia, prevede che i dipendenti rispettino determinati doveri. Non solo il dipendente deve fare comunicazione della malattia al proprio datore di lavoro, richiedere il certificato al proprio medico di base e rispettare gli orari di reperibilità previsti per le visite fiscali, ma è anche chiamato a curarsi e a non svolgere tutte quelle attività che potrebbero peggiorare le proprie condizioni di salute oppure rallentare il percorso di guarigione. Qualora non venissero rispettati anche queste ultime indicazioni, il lavoratore in malattia può essere licenziato dal proprio datore di lavoro per giusta causa.

Il lavoratore in malattia è obbligato a mantenere un comportamento idoneo a consentire il corretto decorso della malattia, agevolando la guarigione. Lo svolgimento di attività che vadano a compromettere la guarigione può essere motivo di licenziamento per giusta causa da parte dell’azienda, anche se la prova di tale comportamento arriva mediante foto e/o video pubblicati dal lavoratore sui social network. E’ quanto ha chiarito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6047/2018 che ha legittimato il licenziamento intimato per giusta ad un lavoratore che durante il periodo di assenza per malattia si era esibito in un concerto, postando poi su Facebook tale attività.

Tuttavia ci sono altri due casi in cui il dipendente assente a causa di malattia, infortunio sul lavoro o gravidanza, può essere licenziato. Il primo è quello per cui il licenziamento è giustificato da motivazioni estranee alla malattia; ad esempio si può recedere dal contratto in caso di crisi aziendale (licenziamento per giustificato motivo oggettivo).

Il secondo caso riguarda il dipendente per cui l’assenza per malattia - purché inferiore al periodo di comporto - abbia arrecato un grave pregiudizio all’azienda impedendo la prosecuzione del rapporto di lavoro.

Licenziare un dipendente assente per malattia è possibile ma solamente quando sussistono determinate condizioni. Facciamo chiarezza analizzando caso per caso quando il licenziamento è legittimo.

Il caso arrivato in Cassazione ha visto vincere un'azienda che aveva disposto un licenziamento per giusta causa di un dipendente in malattia per lombosciatalgia che, durante il periodo di indennità ha partecipato a un concerto, suonando sul palco con il suo gruppo musicale. L'azienda è venuta a conoscenza dell’accaduto tramite il profilo Facebook del dipendente stesso.

La risposta della Corte di Cassazione è stata chiara: l’azienda è legittimata a procedere con il licenziamento per giusta causa qualora il dipendente svolga attività che con molta probabilità prolungano il periodo di malattia. Lo svolgimento dell'attività di rischio, aggiunge la Cassazione, porta a presumere l'inesistenza stessa della malattia, gettando le base per la giustificazione di un licenziamento da parte del datore di lavoro.

Motivi di licenziamento

Il dipendente che si assenta dal posto di lavoro a causa di una malattia o di un infortunio è tutelato per un determinato periodo di tempo. La legge infatti stabilisce che l’azienda non può licenziare il dipendente a causa dell’assenza protratta per malattia, a meno che questa non superi il periodo di comporto.

Il secondo caso in cui è possibile licenziare un dipendente assente per malattia è quello giustificato da motivo oggettivo. La legge, ad esempio, permette al titolare di un’azienda in difficoltà di risolvere la crisi licenziando il personale in esubero. In caso di crisi o ristrutturazione aziendale, quindi, anche il lavoratore in malattia può essere compreso nel licenziamento collettivo. Il licenziamento però deve essere indipendente dall’assenza per malattia: in pratica il titolare dell’azienda deve dimostrare che avrebbe licenziato il dipendente malato anche se questo fosse stato regolarmente a lavoro.

Negli ultimi anni la giurisprudenza si espressa in favore di quei datori di lavoro che hanno licenziato dei dipendenti che - approfittandosi della loro malattia - sono diventati poco produttivi e inefficienti, arrecando così un grave pregiudizio all’impresa.

Quando il dipendente è colpevole di scarso rendimento l’azienda può procedere con il licenziamento anche prima della scadenza del periodo di comporto. Tuttavia spetterà al datore di lavoro dimostrare che il licenziamento è giustificato da:

il comportamento negligente del dipendente. Dovrà provare inoltre che questo atteggiamento non è causato dall’organizzazione del lavoro aziendale né da fattori socio ambientali;

la profonda sproporzione che c’è tra gli obiettivi previsti e i risultati effettivamente raggiunti dal dipendente.

Inoltre la giurisprudenza stabilisce che per valutare lo scarso rendimento del dipendente - fattore che giustifica il licenziamento - bisogna prendere in considerazione un arco temporale piuttosto lungo e non dei casi sporadici.

Infine ricordiamo che ci sono delle situazioni in cui il licenziamento può scattare anche in seguito ad una sanzione disciplinare; ad esempio, se il dipendente in malattia non si rende reperibile in più di un’occasione al controllo del medico fiscale disposto dall’INPS può essere soggetto al licenziamento.



domenica 18 marzo 2018

Visite mediche fiscali: i casi di esonero dalla reperibilità



In caso di malattia il dipendente pubblico o privato deve farsi rilasciare il certificato medico e rendersi reperibile presso l’indirizzo indicato per la visita fiscale.

Sarà poi obbligo del medico curante inviare, in modo telematico, l’attestato medico all’Istituto di Previdenza.

Solo nel caso in cui la trasmissione per via telematica non sarà possibile il certificato medico sarà rilasciato in modalità cartacea.

Il dipendente avrà quindi due giorni di tempo, dal verificarsi della malattia, per presentare il certificato medico all'ufficio INPS di competenza e una copia al datore di lavoro.

Per visita fiscale si intende l’accertamento sanitario, cioè una visita medica, che viene effettuata da parte di un medico dell’Inps nei confronti del lavoratore, quando è assente per malattia.

La visita fiscale può essere effettuata:

su richiesta del datore di lavoro pubblico, fin dal primo giorno di assenza dal servizio attraverso il canale telematico messo a disposizione dall’INPS;

su disposizione dell’INPS.

La richiesta può essere presentata fin dal primo giorno di assenza del lavoratore.

Il lavoratore è tenuto a rendersi reperibile, per la visita fiscale, in determinati orari; in particolare, le fasce di reperibilità per la visita fiscale sono le seguenti: dipendenti statali e degli enti locali devono essere reperibili per l’intera settimana, festivi compresi, nelle fasce orarie dalle 9 alle 13, e dalle 15 alle 18.

Anche i lavoratori del settore privato devono essere reperibili tutta la settimana, compresi sabati e domeniche, ma le fasce orarie sono differenti e vanno dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19.

Durante le fasce di reperibilità, sin dal primo giorno in cui si ammala, il lavoratore in malattia deve restare a disposizione del medico fiscale. Al verificarsi della malattia, il dipendente è tenuto a comunicare la malattia al datore di lavoro e a recarsi dal proprio medico curante perché rediga ed invii all’Inps in tempo reale il certificato telematico.

Se il lavoratore si reca dal medico il giorno successivo alla malattia e la visita è ambulatoriale, perde il primo giorno di malattia; lo stesso accade nel caso in cui la visita non sia ambulatoriale, ma il lavoratore si presenti alla visita medica con oltre un giorno di ritardo dal verificarsi della patologia. Dunque il dipendente in malattia dovrà  dimostrare che queste prestazioni non potevano essere effettuate in un momento diverso, in modo da poter essere presente nel proprio domicilio di malattia durante le fasce orarie di reperibilità.

L’INPS ha fornito chiarimenti in merito al campo di applicazione della normativa che prevede le esclusioni dall’obbligo di reperibilità per i lavoratori dipendenti del settore privato.

Si ricorda che, sono esclusi dall’obbligo di rispettare le fasce di reperibilità i lavoratori subordinati la cui assenza sia connessa con:

patologie gravi che richiedono terapie salvavita, comprovate da idonea documentazione della Struttura sanitaria;

stati patologici sottesi o connessi a situazioni di invalidità riconosciuta, in misura pari o superiore al 67%.

I lavoratori interessati dall’esenzione, sono quelli con contratto di lavoro subordinato appartenenti al settore privato, sono esclusi quindi i lavoratori iscritti alla gestione separata dell’Inps.

In base al nuovo art. 4 del DM 206/17:
Sono esclusi dall’obbligo di rispettare le fasce di reperibilità i dipendenti per i quali l’assenza è riconducibile ad una delle seguenti cause di esclusione:

patologie gravi che richiedono terapie salvavita;

causa di servizio riconosciuta che abbia dato luogo all’ascrivibilità della menomazione unica o plurima alle prime tre categorie della Tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981, n. 834, ovvero a patologie rientranti nella Tabella E del medesimo decreto: la novità riguarda il riferimento ad una norma ed a tabelle specifiche. Per leggere il decreto: Tabella causa di servizio 2018 esclusione visite fiscali.

stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta, pari o superiore al 67%: la novità introdotta riguarda solo la precisazione che la percentuale minima di invalidità che dà diritto all'esenzione dalle visite fiscali, è un'invalidità pari o superiore al 67%.

Per cui nelle patologie gravi che richiedono terapie salvavita, rientrano malattia molto gravi come per esempio tumori con terapie chemioterapiche o dialisi per il malfunzionamento dei reni, per malattie professionali INAIL e infortunio già accertate dall'amministrazione e comprovate dall'istituto come malattia causa di servizio.

Riassumendo, le esclusioni dall'obbligo di reperibilità per la visita fiscale, vi sono solo se la malattia è connessa ad una delle condizioni sopra elencate e solo se l'amministrazione si già in possesso della documentazione formale sanitaria che certifichi la patologia che causa l'esclusione dal suddetto obbligo, pertanto, nel caso in cui il dipendente che rientra nel regime di esenzione non fosse trovato presso il proprio domicilio in occasione della visita fiscale, non andrebbe incontro a responsabilità e all'applicazione di alcuna sanzioni.





lunedì 4 settembre 2017

Visite mediche di controllo, servizio INPS: come funziona il Polo Unico



La visita fiscale è un accertamento medico previsto dallo Statuto dei Lavoratori, e predisposto dall'INPS o dal datore di lavoro per verificare l’effettivo stato di malattia del dipendente assente per motivi di salute. La visita fiscale, infatti, non si limita a un mero controllo della presenza al proprio domicilio del lavoratore in malattia, bensì consiste in una vera e propria verifica della sussistenza degli impedimenti fisici al lavoro.

Il lavoratore che intende usufruire dell’astensione dal lavoro per malattia deve avvisare tempestivamente il proprio datore e il medico di famiglia e deve sottoporsi, preferibilmente sin dal primo giorno di malattia, ad un accertamento sanitario da parte del proprio medico curante, che produce un’apposita certificazione.

Attivo dal primo settembre il Polo unico per le visite mediche di controllo (VMC) da parte dell’INPS ai lavoratori in malattia. A disposizione dei datori di lavoro anche privati, è inoltre disponibile il nuovo servizio online per la richiesta di visita medica di controllo.

Entrano dunque in vigore le disposizioni del decreto legislativo 75/2017, su cui è intervenuto il messaggio INPS 3265 del 9 agosto 2017, che fornisce il dettaglio delle PA interessate dalla Riforma. Per il momento le nuove norme riguardano i dipendenti della pubblica amministrazione, per i quali l’INPS può anche disporre visite d’ufficio.

Per consentire il controllo dello stato di malattia, il lavoratore ha l’obbligo di essere reperibile presso l’indirizzo abituale o il domicilio occasionale comunicato al datore di lavoro:

tutti i giorni durante la durata della malattia comprese le domeniche ed i giorni festivi nelle seguenti fasce orarie giornaliere:

1) lavoratori statali e personale enti locali
mattina: dalle ore 9 alle 13
pomeriggio: dalle ore 17 alle 18.

2) Lavoratori settore privato
mattina: dalle ore 10 alle 12

Se il dipendente pubblico in malattia si assenta durante questo orario, deve darne comunicazione al datore di lavoro.

La creazione del Polo Unico comporta una serie di novità relative al funzionamento del sistema, grazie al nuovo applicativo informatico “SAVIO” che consente, ad esempio, di elaborare serie statistiche in base alle quali vengono selezionati in modo mirato i lavoratori a cui inviare la visita fiscale. Potrà anche succedere, per stanare i cosiddetti “furbetti del cartellino“, che allo stesso lavoratore vengano inviate due visite nello stesso giorno.

Ne guadagna anche la tempestività delle visite: il medico riceve quotidianamente, sul pc o sul tablet, l’elenco delle visite da effettuare, specificando quali sono quelle richieste dal datore di lavoro e quali, invece, vengono effettuate d’ufficio. Anche il medico viene selezionato con criteri precisi, in base alla disponibilità e alla distanza dal paziente. In vista c’è un decreto ministeriale che conterrà le regole generali per le convenzione fra INPS e medici generali.

Presentando il Polo unico per le Visite Mediche di Controllo (VMC), l’INPS ha pubblicato una serie di dati relativi all’andamento delle assenze per malattia dei dipendenti del privato e del pubblico. Questi ultimi si assentano mediamente il doppio, con percentuali particolarmente significative nel Sud e nelle Isole. Nel privato la malattia del dipendente dura in media cinque giorni, nel settore pubblico si arriva a 11 giorni. Nel Sud e nelle isole (sempre con riferimento al settore pubblico), si arriva a 12 o 13 giorni.

E’ interessante notare come questo squilibrio territoriale non riguarda il settore privato, dove i giorni di malattia per dipendente sono omogenei sull’intero territorio nazionale. Un segnale del fatto che il fenomeno dei furbetti del cartellino riguardano in particolare la pubblica amministrazione.

Servizio INPS online
Il servizio online VMC, per la richiesta delle visite mediche di controllo domiciliare e/o ambulatoriale, è dunque rivolto ai datori di lavoro pubblici e privati. Il servizio “Richiesta Visite Mediche di Controllo (Polo unico VMC)” è attivo sul portale INPS, nella sezione Prestazioni e Servizi.

A partire dal 1° settembre 2017 sono entrate in vigore importanti novità sia per i dipendenti pubblici che per quelli di aziende private, con controlli che potranno essere ripetuti anche due volte nello stesso giorno soprattutto in caso di malattia in giorni sospetti, come di lunedì o venerdì o a ridosso di giorni festivi.

Per i dipendenti pubblici, con l’entrata in vigore della riforma Madia le nuove regole sui controlli in caso di malattia prevedono che la competenza sulle visite fiscali trasferita dalle Asl al Polo Unico Inps, con l’obiettivo di ridurre assenteismo e false malattie.

I controlli potranno farsi più frequenti e verranno avviate anche d’ufficio dall’Inps senza la richiesta del datore di lavoro. I medici di famiglia che dovranno controllare il rispetto degli orari di reperibilità ed accertare l’effettiva malattia dei dipendenti pubblici e privati verranno retribuiti, in parte, con quota percentuale in base alle visite fiscali effettuate.

Ricordiamo che ci sono anche casi in cui è prevista l’esenzione dalla visita fiscale e nell’articolo troverete tutte le informazioni relative a dipendenti pubblici e privati che, in caso di malattia, sono esonerati dai controlli del medico Inps e, di conseguenza, non devono rimanere a casa negli orari delle visite fiscali. Con la circolare Inps n. 95/2016 sono state stabilite proprio le condizioni per richiedere le esenzioni dai controlli del medico della mutua.

Quindi in conclusione visite mirate, anche due ripetute nello stesso giorno allo stesso lavoratore. Un software elaborerà i certificati medici telematici e sceglierà gli eventi che hanno la probabilità più alta — statisticamente parlando — di ridurre i giorni di prognosi del lavoratore.

Se ad esempio un lavoratore si ammala frequentemente a ridosso del weekend o il lunedì, allora il caso sospetto finisce sotto la lente d’ingrandimento dell’Inps che guarderà anche alle storie personali di chi non si sente bene e resta a casa.


giovedì 4 maggio 2017

Rientro anticipato dalla malattia: il certificato va rettificato



Precisazioni dall’Inps in tema di certificato di malattia che va obbligatoriamente rettificato in caso di rientro anticipato al lavoro prima della data di fine prognosi.

Poiché questa disposizione viene spesso disattesa, d’ora in poi qualora l’INPS verifichi il mancato rispetto di questo adempimento, il lavoratore sarà sanzionato.

La rettifica della data di fine prognosi è un adempimento obbligatorio per il lavoratore, sia nei confronti del datore di lavoro, che nei confronti dell’Inps – scrive nella circolare. L’Istituto, infatti, con la presentazione del certificato di malattia, avvia l’istruttoria per il riconoscimento della prestazione previdenziale, senza necessità di presentare alcuna specifica domanda. Il certificato medico, pertanto, per i lavoratori cui è garantita la tutela della malattia, assume di fatto il valore di domanda di prestazione.

Tuttavia, la corretta e tempestiva rettifica del certificato non costituisce a tutt’oggi una prassi seguita dalla generalità dei lavoratori, conclude la nota dell’Inps. A tal proposito, si ricorda che l’assenza a visita medica di controllo domiciliare disposta dall'Istituto comporta specifiche sanzioni (in termini di mancato indennizzo di periodi di malattia), prosegue l’ente previdenziale.

Con la circolare 79/2017 si chiarisce che l’assenza alla visita medica di controllo sarà sanzionata allo stesso modo anche quando sia dovuta a un rientro anticipato al lavoro in assenza di tempestiva rettifica del certificato contenente la prognosi. Anche in questo specifico caso, infatti, il lavoratore risulta assente a in un giorno in cui è ancora da considerare inabile al lavoro, in base alla certificazione medica inviata all’Inps e sulla base della quale è stata disposta la visita domiciliare, conclude l’Inps. Ovvero in caso di guarigione anticipata rispetto alla data della prognosi riportata nel certificato,  il lavoratore, per rientrare al lavoro, deve chiedere una rettifica del certificato di malattia in corso. La circolare ricorda che in presenza di un certificato con prognosi ancora in corso, il datore di lavoro non può consentire al lavoratore la ripresa dell’attività lavorativa; inoltre va rispettato l’obbligo di correttezza nei confronti dell’Inps che , in  caso di mancata rettifica, liquiderebbe prestazioni di malattia non necessarie.

La rettifica va effettuata con richiesta allo stesso medico che ha stilato il primo certificato,  prima del rientro anticipato al lavoro del soggetto, "anche se il medico si trovi nella condizione di dover utilizzare il servizio alternativo di Contact Center per la presentazione dei certificati di malattia on line", specifica l'INPS.

La rettifica del certificato medico per rientro anticipato dalla malattia ha ovviamente 2 scopi fondamentali, il primo di ragione tecnica, cioè per la mera gestione pratica della malattia, .il lavoratore è tenuto a garantire la massima collaborazione e correttezza in quanto con la presentazione del certificato di malattia ha inteso instaurare uno specifico rapporto di natura previdenziale.

Il secondo riguarda la salute del lavoratore e dei suoi colleghi, serve ad evitare che per questioni di produzione il lavoratore rientri prima a lavoro ancora non completamente guarito mettendo a rischio la propria salute e quella degli altri lavoratori.

In caso di prolungamento della malattia il lavoratore, come normalmente avviene di prassi, provvede a farsi rilasciare dal medico uno o più certificati di continuazione, con i quali avviene il riconoscimento, per l’ulteriore periodo di incapacità temporanea al lavoro, della tutela per malattia.

Allo stesso modo, in caso di una guarigione anticipata, il lavoratore è tenuto a richiedere una rettifica del certificato in corso, al fine di documentare correttamente l’assenza dal lavoro per malattia.

Tuttavia l’INPS comunica che a tutt’oggi questo non avviene nella generalità dei casi, per cui con questa circolare si forniscono alcune indicazioni sugli obblighi del lavoratore e del datore di lavoro e sugli specifici provvedimenti sanzionatori.

La rettifica della data di fine malattia, a fronte di una guarigione anticipata, è un adempimento obbligatorio da parte del lavoratore:

nei confronti del datore di lavoro, perchè sancisce la ripresa anticipata dell’attività lavorativa;

nei confronti dell’Inps, in quanto mediante la presentazione del certificato di malattia, viene avviata l’istruttoria per il riconoscimento della prestazione previdenziale; il certificato, quindi, ha valore di domanda di prestazione.

Il datore di lavoro pertanto non può consentire il rientro a lavoro del lavoratore, sapendo che lo stesso è ancora in malattia, ai sensi della normativa sulla salute e sicurezza dei posti di lavoro.

Nei casi di lavoratori aventi diritto al pagamento diretto della prestazione, inoltre vi è il rischio di erogazione di prestazioni non dovute.

Per i suddetti motivi l’INPS conclude che, a seguito di assenza a visita di controllo domiciliare e/o ambulatoriale, per la mancata o tardiva comunicazione della ripresa anticipata dell’attività lavorativa, verranno applicate, nei confronti del lavoratore, le sanzioni già previste per i casi di assenza ingiustificata a visita di controllo, nella misura normale.

La sanzione sarà comminata al massimo fino al giorno precedente la ripresa dell’attività lavorativa, considerando tale ripresa come una dichiarazione “di fatto” della fine prognosi.

L'INPS ricorda infine che se  a seguito di visite fiscali si registra l' assenza del lavoratore per ripresa dell'attività lavorativa  senza la rettifica del certificato, verranno applicate, nei confronti del lavoratore, le stesse sanzioni già previste per ogni altro caso di casi di assenza ingiustificata,  fino al giorno precedente la ripresa dell’attività lavorativa.


lunedì 7 novembre 2016

Gestione Separata: estesi i sussidi e le tutele previdenziali



La Gestione separata è un fondo pensionistico finanziato con i contributi previdenziali obbligatori dei lavoratori assicurati ed è nata con la legge n. 335 del 1995 di riforma del sistema pensionistico (riforma Dini).

Lo scopo è di assicurare la tutela previdenziale a categorie di lavoratori fino ad allora escluse e ciò è avvenuto essenzialmente in tre modi:

disponendo la costituzione di nuovi fondi previdenziali e aggregando alcune categorie di professionisti a casse professionali già esistenti ed infine disponendo l'iscrizione alla Gestione separata di tutte le categorie residuali di liberi professionisti, per i quali non è stata prevista una specifica cassa previdenziale;

nella fattispecie devono quindi essere ricompresi anche i professionisti con cassa previdenziale, nel caso in cui, ai sensi del suo regolamento, l'attività non sia iscrivibile;

della quasi totalità delle forme di collaborazione a progetto), che fino ad allora non avevano mai beneficiato di alcuna disciplina specifica, né giuridica, né previdenziale.


Congedi, malattia, deduzioni spese formazione e maggiori tutele contro i mancati pagamenti dei committenti, ma anche disciplina, per la prima volta in Italia, dello smart working. Sono queste le principali novità previste dalla riforma del lavoro autonomo.

Con il Jobs Act Lavoro Autonomo arrivano nuove tutele previdenziali per i professionisti ed i lavoratori parasubordinati. Si tratta del Ddl n. 2233, approvato dal Senato con 173 voti a favore e 53 astenuti, contenente “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”
L’estensione delle tutele previdenziali prevista dal Ddl anche conosciuto come Jobs Act lavoratori autonomi, come definiti dall’articolo 2222 Codice Civile, prevede il riconoscimento per le lavoratrici autonome iscritte alla Gestione Separata INPSdell’indennità di maternità nelle forme e con le modalità previste per il lavoro dipendente, a prescindere dalla effettiva astensione dall’attività lavorativa.

Per i lavoratori autonomi che prestano la loro attività continuativa per un committente, inoltre, eventuali gravidanze, malattie o infortuni non implicano obbligatoriamente l’estinzione del rapporto di lavoro, ma la sospensione, senza diritto al corrispettivo, per un periodo non superiore a centocinquanta giorni per anno solare.

Dunque, a partire dal 1° gennaio 2017 gli iscritti alla Gestione Separata INPS avranno diritto:
a un trattamento economico per congedo parentale per 6 mesi entro i primi 3 anni di vita del bambino;
all’indennità di maternità spetterà, a prescindere dalla effettiva astensione dall’attività lavorativa, per i 2 mesi precedenti il parto e per i 3 mesi successivi;
sospensione, senza diritto al corrispettivo, fino a 150 giorni per anno solare in caso di gravidanza, malattia e infortunio di lavoratori che operino in via continuativa per un committente, a meno che non venga meno l’interesse del committente.
Anche i lavoratori autonomi avranno uno sportello di collocamento ad hoc che dovrà essere realizzato presso i centri per l'impiego (e negli organismi autorizzati alle attività di intermediazione in materia di lavoro), in ogni sede aperta al pubblico, anche stipulando convenzioni con gli ordini professionali e con le associazioni più rappresentative sul piano nazionale.

I centri per l'impiego si devono dotare, in ogni sede aperta al pubblico, di uno sportello dedicato al lavoro autonomo. Viene poi mosso il primo passo per disciplinare in Italia il lavoro agile (smart working), quale "modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa". Il Capo II prevede che il lavoro agile consenta l'impiego di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa; si possono poi adottare forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro.

Compiti dello sportello saranno: raccogliere le domande e le offerte di lavoro autonomo e fornire le relative informazioni ai professionisti ed alle imprese che ne facciano richiesta; fornire informazioni relative alle procedure per l'avvio di attività autonome e per l'accesso a commesse e appalti pubblici, nonché alle opportunità di credito e alle agevolazioni previste a livello nazionale e locale.


domenica 6 novembre 2016

La malattia insorta durante le ferie ecco quando si possono sospendere



Una visita fiscale può determinare la sospensione delle ferie qualora il medico verifichi che la malattia o la patologia della quale si soffre non permette la fruizione del periodo di vacanza. Tale questione degli effetti della malattia intervenuta nel periodo di ferie è stata oggetto di un ampio dibattito in giurisprudenza. Il contrasto si può però oggi definire risolto per effetto della pubblicazione della sentenza 616/87 della Corte Costituzionale che ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 2109 c.c. nella parte in cui non prevede che la malattia insorta durante le ferie ne sospenda il decorso".

Il ragionamento della Corte è il seguente: la Costituzione pone il principio dell'irrinunciabilità delle ferie, che comporta la conseguente necessità di fruire effettivamente delle ferie stesse. Da ciò discende quindi il diritto del lavoratore ad un congruo periodo di riposo, al fine di ritemprare le energie psico-fisiche usurate dal lavoro, nonché di soddisfare le sue esigenze ricreative-culturali e più incisivamente partecipare alla vita familiare e sociale. Lo stesso datore di lavoro è interessato a che effettivamente avvenga il recupero delle energie del lavoratore, affinché il suo successivo apporto all'impresa sia più proficuo di risultati. Le finalità che si intendono perseguire sono certamente frustrate dall'insorgere della malattia durante il periodo di ferie. Quindi l'insorgenza di una malattia nel corso delle ferie ne determini la sospensione; le ferie riprenderanno a decorrere solo a guarigione raggiunta, e il lavoratore avrà diritto a un nuovo periodo di ferie di durata equivalente a quella perduta per effetto della malattia.

A tal fine è peraltro indispensabile che il lavoratore, ammalatosi durante le vacanze, si munisca immediatamente di un certificato medico che attesti il suo stato di malattia e che copia di questo certificato venga spedito a mezzo lettera raccomandata al datore di lavoro e alla USL di competenza entro due giorni dall'insorgenza della malattia. Solo così facendo si ha poi diritto di richiedere di godere del periodo di ferie perduto a causa della malattia.

Se dunque il principio generale è questo, risulta pacifico che la malattia sospende le ferie, salvo il caso in cui la malattia stessa non sia tale da pregiudicare la fruizione delle ferie, che è quella di consentire il recupero delle energie psico-fisiche attraverso il riposo e la ricreazione. Interpretata in tal modo la norma, appare nulla ogni clausola contrattuale che consenta la sospensione solo in caso di ricovero ospedaliero, in quanto pone una limitazione non consentita.

Si tenga presente, infine, che il lavoratore che si trovi in malattia  nel corso delle ferie non è tenuto a fare rientro presso il proprio domicilio per poter invocare la sospensione delle ferie stesse. Infatti, il periodo di malattia può essere trascorso anche in un luogo diverso dalla propria abitazione, e dunque anche in una località di villeggiatura, a condizione che di ciò venga data immediata notizia, tramite le opportune indicazioni da apporsi sul certificato di malattia, all’Istituto Previdenziale, che deve sempre avere la possibilità di valutare le effettive condizioni di salute del lavoratore.

Quindi sintetizzando vediamo quando le ferie si possono sospendere:

La Corte Costituzionale ha chiarito che si determina una sospensione del periodo di ferie e che ciò può accadere in forza del fatto che la funzione di relax e distrazione tipica delle agognate “vacanze” potrebbe essere pregiudicata dalla presenza di una determinata patologia. Naturalmente è necessario valutare caso per caso, in ragione della compatibilità della malattia con le ferie stesse.

E’ stato deciso in sede ministeriale di dover applicare il principio della prevalenza delle improcrastinabili esigenze di assistenza e di tutela del diritto del disabile. Ha dunque stabilito che anche l’assistenza al disabile congiunto, da parte del lavoratore, sospende la fruizione delle ferie programmate.

Se però la malattia insorge prima dell’inizio delle ferie, essa non dà luogo al decorso delle ferie.
Nel caso in cui il lavoratore entri in ferie quando è già ammalato – cioè se la malattia è insorta prima – essa allora non permette il decorrere delle ferie stesse.

Il lavoratore in ferie che si ammali deve sottoporsi quanto più tempestivamente possibile alla visita fiscale, al fine di certificare in maniera “ufficiale” il proprio stato di malattia. Se il proprio medico curante non ha rilasciato certificazione telematica della visita effettuata, per ottenere la visita fiscale il lavoratore dovrà inviare all’INPS il certificato stesso corredato dall’indirizzo presso cui egli è reperibile e ove sono effettuabili le visite. Questo è un passaggio fondamentale, perché qualora non si invii la comunicazione, il diritto al recupero delle ferie non godute a causa della malattia è escluso.

Più che per la durata della malattia stessa le ferie possono essere sospese dalla presenza di una patologia, in forza dell’incidenza che tale patologia ha sull’essenziale funzione di riposo che sarebbe propria del periodo di ferie retribuite, il criterio della durata della prognosi sarebbe dunque secondario.

Il datore ha la possibilità di dimostrare che la malattia non pregiudica in alcun modo la finalità delle ferie. In questo caso esse non saranno sospese. Al fine di dimostrare questa condizione il datore dovrà operare naturalmente attraverso i controlli fiscali operati dalle strutture pubbliche; nella richiesta di visita all’INPS e alla ASL, il datore di lavoro deve precisare che il controllo è mirato a verificare se lo stato di malattia è tale da consentire la sospensione delle ferie.

L’effetto sospensivo si produce a partire dal momento in cui il datore di lavoro viene a conoscenza della malattia.

Come è noto il datore di lavoro può decidere di definire delle ferie collettive – delle giornate di chiusura dell’azienda – che rendono al lavoratore obbligatorio prendere un periodo specifico di vacanza (ad esempio le due settimane centrali di agosto). Qualora in quel periodo di chiusura il lavoratore entri in ferie, allora l’effetto sospensivo delle ferie ha luogo ugualmente e il lavoratore potrà fruire del periodo di ferie annuali a lui spettanti in un periodo successivo e diverso, previo opportuno accordo con il datore di lavoro, pur avendo fruito di fatto delle ferie obbligatorie.




venerdì 2 settembre 2016

E’ legittima l’attività di un lavoratore in malattia o infortunio, presso altra azienda



La Corte di Cassazione legittima l’attività di un lavoratore in malattia, presso terzi , se non pregiudica la guarigione, con sentenza n. 15982 del 1 agosto 2016 afferma  che è illegittimo il licenziamento intimato ad un lavoratore sorpreso a svolgere attività extralavorative durante il periodo di malattia nel caso l'attività non sia tale da pregiudicare la guarigione. Nello specifico  una lavoratrice durante il periodo in cui era stata assente dal lavoro a seguito di 'infortunio, svolgeva attività lavorativa presso il ristorante del proprio compagno. Dato che le condotte poste in essere dalla donna non erano tali da comportare una violazione delle prescrizioni di riposo e di cure impartite dai certificati medici, non trattandosi di attività richiedenti particolari sforzi, né lunga permanenza in piedi,  che non  ne pregiudicavano la guarigione, i giudici hanno ritenuto illegittimo il licenziamento e  respinto il ricorso del datore di lavoro.

E' utile illustrare l'istituto della malattia nel rapporto di lavoro subordinato, al fine di comprendere per quale ragione lo svolgimento di un'attività lavorativa nel corso di tale periodo può determinare il recesso per giusta causa.

Può definirsi malattia  uno stato di alterazione dello stato di salute del dipendente, temporaneo o definitivo, che impedisce a quest'ultimo di poter fornire la prestazione al datore di lavoro. Trattasi di una condizione che costringe il datore a sopportare l'assenza del dipendente, sospendendo di fatto il rapporto tra le parti. Il lavoratore è garantito in questo caso da un'indennità erogata dagli enti competenti (INPS o INAIL a seconda che si tratti di malattia o infortunio sul lavoro) mentre al datore sono riconosciuti una serie di poteri (come ad esempio il sollecito alla visita fiscale dei medici degli enti stessi, o anche l'utilizzo di investigatori privati) per accertare l'effettiva sussistenza dello stato di impossibilità ad adempiere del lavoratore.

In linea puramente teorica, in corso di malattia non si può svolgere attività lavorativa e si rimane reperibili nelle relative fasce orarie  previste  per legge. In caso di assenza alla visita fiscale nelle fasce c.d. "di reperibilità", il lavoratore può essere soggetto destinatario di un procedimento disciplinare volto ad indagare per quale ragione non sia stato presente alla visita medica; all'esito del procedimento disciplinare, dunque, il lavoratore potrà ricevere un provvedimento anche molto duro, perfino il licenziamento.

In sintesi, la Corte ha affermato che il dipendente in malattia può effettivamente svolgere un altro lavoro solamente se l’attività lavorativa svolta durante il periodo di malattia non pregiudica la sua guarigione e, dunque, sempre che il certificato medico attesti che la malattia, incompatibile con il “primo” lavoro, non è incompatibile con il secondo. Pertanto, in altri termini, in attesa di rientrare in azienda il dipendente può svolgere attività ulteriori, anche se queste gli procurano reddito direttamente o indirettamente.

La Corte di Cassazione ha dunque ravvisato non configurarsi licenziamento per giusta causa laddove non si dimostri che il lavoratore abbia agito fraudolentemente nei confronti del datore simulando uno stato di malattia, e lavorando presso terzi ove questi non siano imprese concorrenti o che l'attività prestata abbia ritardato e/o compromesso il recupero dalla malattia.

Il datore di lavoro, pertanto, dovrà fornire la prova che lo stato di malattia era stato fraudolentemente simulato dal lavoratore al solo fine di assentarsi dal posto di lavoro – con la relativa retribuzione riconosciuta dall'Inps – per poi recarsi in altro posto di lavoro e svolgere un'attività perfino in concorrenza.

Da parte sua, il lavoratore è onerato di dimostrare la compatibilità tra l'attività espletata a favore di terzi e lo stato di malattia (impeditiva del rapporto di lavoro) e che tale attività non abbia pregiudicato il normale recupero fisico, rimanendo al giudice le relative valutazioni degli accertamenti svolti in concreto e non astrattamente

L'onere della prova è a carico del datore

Come visto, è il caso di ricordare che l'onere della prova della sussistenza giusta causa di recesso – sia nella sua materialità, sia con riferimento all'elemento psicologico - grava, comunque, sul datore di lavoro.



giovedì 21 luglio 2016

Malattia dei lavoratori del settore privato ed esclusione della reperibilità



E’ stata pubblicata la circolare INPS n.95/2016 che detta gli indirizzi operativi e le linee guida in merito alle esenzioni dalla reperibilità per i lavoratori in malattia  del settore privato.

Pertanto sono esclusi dall'obbligo di rispettare le fasce di reperibilità (previste per il settore privato dalle ore 10.00 alle ore 12.00 e dalle ore 17.00 alle ore 19.00) i lavoratori subordinati la cui assenza sia connessa con:

patologie gravi che richiedono terapie salvavita, comprovate da idonea documentazione della Struttura sanitaria;

stati patologici sottesi o connessi a situazioni di invalidità riconosciuta, in misura pari o superiore al 67%;

infortuni sul lavoro;

malattie per le quali è stata riconosciuta la causa di servizio.

I lavoratori interessati sono quelli con contratto di lavoro subordinato appartenenti al settore privato rimanendo esclusi, pertanto, i lavoratori iscritti alla gestione separata dell’Inps.

Le linee guida sono rivolte ai medici che redigono i certificati di malattia e che, solo in presenza di una delle situazioni patologiche in esse enumerate, dovranno:

apporre la valorizzazione dei campi del certificato telematico riferiti a “terapie salvavita” / “invalidità” (decreto ministeriale 18 aprile 2012);

nel caso di certificati di malattia redatti in via residuale in modalità cartacea, attestare esplicitamente l’eventuale sussistenza delle fattispecie in argomento ai fini della esclusione del lavoratore dall'obbligo della reperibilità.

In base alla nuova circolare INPS, l'esclusione obbligo reperibilità orari visite fiscali dipendenti privati, avviene in modo analogo a quella applicata ai lavoratori del Pubblico Impiego ma con alcune differenze.

Mentre per i dipendenti pubblici le cause di esclusione dall'obbligo di rispettare le fasce orarie delle visita fiscale, sono per:

Patologie gravi che richiedono terapie salvavita.

Infortuni sul lavoro.

Malattie per le quali è stata riconosciuta la causa di servizio.

Stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta.

Le cause esclusione obbligo di reperibilità per i dipendenti privati sono:
Patologie gravi che richiedono terapie salvavita: ossia, quelle malattie che prevedono ad esempio sedute di chemioterapia, dialisi, radioterapia, riabilitazione per le persone affette da AIDS ecc

Stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta: rientrano in questo ambito tutte le menomazioni congenite, genetiche o acquisite, come ad esempio l'insufficienza cardiaca, respiratoria, renale, tumori, sindrome neurologiche, mentali tali da determinare una ridotta o capacità lavorativa superiore al 67%.

L’Istituto di previdenza ha il potere-dovere di accertare fatti e situazioni che comportano il verificarsi o meno del rischio assicurativo, presupposto della prestazione. Pertanto, pur venendo meno, nelle fattispecie oggetto della norma, l’onere della reperibilità alla visita medica di controllo, posto a carico del lavoratore nell’ambito delle fasce orarie stabilite dalla legge, rimane confermata la possibilità per l’Inps di effettuare comunque controlli, sulla correttezza formale e sostanziale della certificazione e sulla congruità della prognosi.

Esclusione obbligo reperibilità visita fiscale dipendenti privati 2016 cos'è e come funziona? E' il riconoscimento della possibilità, per i lavoratori subordinati del settore privato, di essere esclusi dal rispetto delle fasce di reperibilità della visita fiscale, qualora la malattia sia connessa a determinate cause.

Con l’articolo 25 del decreto legge 151/2015 cd. Esenzioni dalla reperibilità e di altri decreti, è stata quindi prevista una nuova normativa finalizzata a stabilire l’esenzione dall'obbligo di reperibilità per i lavoratori dipendenti privati.



domenica 31 gennaio 2016

Liberi professionisti e Partite Iva: più tutele sul lavoro autonomo


Il Jobs Act per gli autonomi permetterà ai professionisti la integrale deducibilità “degli oneri sostenuti per la garanzia contro il mancato pagamento delle prestazioni delle prestazioni di lavoro autonomo fornita da forme assicurative o di solidarietà”. In sostanza, il professionista che paga un premio annuale al fine di ottenere un indennizzo assicurativo a fronte del mancato pagamento di una prestazione professionale resa, potrà dedurre integralmente la somma pagata alla compagnia assicuratrice. E’ prevista, inoltre, la detrazione integrale dai redditi di lavoro autonomo delle spese di formazione.

Ovvero i professionisti potranno considerare integralmente in detrazione dai redditi di lavoro autonomo le spese di formazione, con l’unico limite rappresentato da un plafond annuale di 10.000 euro. La deduzione integrale riguarda le spese per l’iscrizione a master e a corsi di formazione o di aggiornamento professionale, nonché le spese sostenute per l’iscrizione a congressi.

Ad essere rafforzate saranno anche le garanzie. Maggiori tutele ci saranno per maternità, infortuni e malattie. In caso di assenza prolungata, al massimo 150 giorni l'anno, per ragioni di salute, il rapporto non potrà essere interrotto, ma solo sospeso senza stipendio. L'indennità di maternità, poi, verrà pagata anche se la neo mamma continua a lavorare. A differenza di quanto avviene nel lavoro subordinato, infatti, spesso per una partita Iva non è possibile fermarsi per non mancare una scadenza.

Quanti lavoratori coprirà il Jobs act delle partite Iva? Secondo la Cgia di Mestre, in realtà, pochi. Gli autonomi sono in tutto 3,9 milioni, ma il provvedimento interessa solo quelli iscritti alla gestione separata dell'Inps, che non poco più di 220 mila, il 6% del totale.

Sul fronte del lavoro autonomo, il disegno di legge conferma la stretta sulle clausole abusive: si considerano illegittime quelle clausole che attribuiscono al committente la facoltà di modificare unilateralmente le condizioni di contratto o che fissano termini di pagamento superiori a 60 giorni. Si tutelano anche le invenzioni fatte dai lavoratori autonomi: si stabilisce che i relativi diritti di utilizzo economico spettino al professionista, e non al committente, che al più ne può trarre un vantaggio.

Ad oggi il lavoratore autonomo, in caso di continuativo e prolungato ritardo nell’adempimento del corrispettivo da parte del committente/cliente, si limita ad aspettare di ricevere il proprio corrispettivo potendosi rivolgere, al più, ai servizi di recupero crediti degli ordini professionali.

Il Ddl sul lavoro autonomo, invece, stabilisce che l’autonomo o il giovane professionista abbia la possibilità di rivolgersi alla compagnia assicurativa ed essere da questa soddisfatto, a seguito dell’avvenuta sottoscrizione di una specifica polizza il cui contenuto sarà regolamentato dalla legge.
Il premio annuale che verrà versato all’assicurazione per poter fruire di tale servizio sarà detraibile dalle tasse.

L’assegno di maternità per 5 mesi non sarà più vincolato alla sospensione dell’attività lavorativa, ma verrà erogato anche se la lavoratrice autonoma, come spesso accade, deve continuare a far fronte agli impegni presi. Inoltre, in caso di malattia grave, comprese quelle oncologiche, si potrà sospendere il pagamento dei contributi sociali fino a un massimo di due anni (recuperando poi con pagamenti rateizzati). Infine, ci saranno norme di tutela contrattuale per impedire clausole vessatorie (per esempio, modifiche unilaterali di quanto pattuito) e ritardi nei pagamenti da parte dei committenti.

Si rafforzano le tutele per professionisti e partite Iva: l'indennità di maternità si potrà ricevere pur continuando a lavorare (non scatta l'astensione obbligatoria); alla nascita del bambino si avrà diritto a un congedo parentale di sei mesi (entro i primi tre anni di vita); le spese per la formazione saranno deducibili al 100% (nel limite di 10mila euro l'anno); e in caso di malattia o infortunio il rapporto con il committente si sospende (non si estingue) per un periodo non superiore a 150 giorni.

Nel caso di nascita di un bambino il professionista e le partite Iva potranno percepire l’indennità di maternità pur continuando a lavorare (non è prevista, quindi, l’astensione obbligatoria dal lavoro). Inoltre, nei primi tre anni di vita del bambino sarà possibile ottenere un congedo parentale di sei mesi.
L’indennità sarà pagata dall’Inps a seguito di apposita domanda in carta libera corredata da un certificato medico rilasciato dalla Asl.

Qualora sussista una grave malattia tale da eccedere i 30 giorni, il professionista avrà la possibilità di non pagare i contributi previdenziali fino a un periodo massimo di 2 anni. L’arretrato potrà poi essere recuperato, ai fini contributivi, mediante versamenti rateali per un arco temporale che sarà pari al triplo di quello della sospensione dell’attività professionale dovuta alla malattia.


giovedì 1 ottobre 2015

Nuovo Ccnl colf e badanti 2015 orario di lavoro, riposi, ferie e malattia


Ecco il nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro sulla disciplina del rapporto di lavoro domestico (in vigore dal 1° luglio 2013 al 31 dicembre 2016).

Il lavoratori domestici (anche conosciuti come collaboratori domestici) sono quei lavoratori che svolgono la loro prestazione lavorativa per soddisfare le necessità della vita familiare del loro datore di lavoro.

All’interno di questa grande categoria rientrano le colf (ovverosia i lavoratori che svolgono le attività di gestione della casa in senso ampio curandone l’igiene e l’ordine), le badanti (ovverosia quei soggetti che svolgono assistenza continuativa presso l’abitazione di una persona non totalmente autosufficiente), le baby sitter, i cuochi, le governanti, i camerieri e in generale appunto tutti quei soggetti che operano all’interno della vita di una famiglia svolgendo dei servizi per la gestione delle esigenze di vita dei suoi componenti.

La retribuzione di un lavoratore domestico è composta da: retribuzione mensile o paga oraria pattuita, comprensiva per i livelli D e D super di uno specifico elemento denominato indennità di funzione; eventuali scatti di anzianità; eventuale indennità sostitutivo di vitto e alloggio; eventuale superminimo ; eventuali ore di lavoro straordinario; eventuali ore di lavoro straordinario notturno; eventuali ore di lavoro durante le festività e tredicesima.

La durata normale dell’orario di lavoro viene concordata fra le parti con un massimo di 10 ore giornaliere non consecutive, per un totale di 54 ore settimanali, per i lavoratori conviventi e 8 ore giornaliere non consecutive, per un totale di 40 ore settimanali distribuite su 5 o 6 giorni, per i lavoratori non conviventi.

Orario di lavoro
Nel lavoro a tempo pieno l'attuale durata normale dell'orario di lavoro è concordata tra le parti e comunque con un massimo di:

10 ore giornaliere non consecutive, per un totale di 54 ore settimanali per i lavoratori conviventi.

8 ore giornaliere non consecutive, per un totale di 44 ore settimanali per i lavoratori non conviventi.

Il lavoratore ha diritto ad un riposo di almeno 8 ore consecutive nella giornata e ad un ulteriore riposo intermedio di almeno 2 ore da fruirsi nelle ore pomeridiane.

Riposo settimanale
Il riposo settimanale è di 36 ore e deve essere goduto per:

24 ore di domenica (o altra giornata stabilita nel contratto di assunzione). Questo riposo è irrinunciabile. In caso di richiesta di prestazione lavorative per esigenze imprevedibili le ore vanno retribuite con la maggiorazione del 60% sia per i lavoratori non conviventi che per i lavoratori conviventi.

12 ore in qualsiasi altro giorno della settimana. Qualora fossero richieste prestazioni lavorative nel giorno fissato, il riposo può essere goduto in altro giorno della settimana (in assenza di recupero le ore lavorate vanno retribuite con la maggiorazione del 40% sia per i lavoratori non conviventi che per i lavoratori conviventi).

Lavoro straordinario
Personale non convivente è compensato con una maggiorazione del:

10% per le ore di lavoro prestate dalle ore 6,00 alle ore 22,00 (straordinario diurno compreso tra le 40 e le 44 ore settimanali.

25% per le ore di lavoro prestate dalle ore 6,00 alle ore 22,00 (straordinario diurno).

50% per le ore di lavoro prestate dalle ore 22,00 alle ore 6,00 (straordinario notturno).

60% per le ore di lavoro prestate nel giorno di riposo o in giorno festivo infrasettimanale.

Personale convivente è compensato con una maggiorazione del:

25% per le ore di lavoro prestate dalle ore 6,00 alle ore 22,00 (straordinario diurno).

50% per le ore di lavoro prestate dalle ore 22,00 alle ore 6,00 (straordinario notturno).

60% per le ore di lavoro prestate nel giorno di riposo stabilito e nelle festività infrasettimanali.

40% per le ore di lavoro prestate nella mezza giornata di riposo (mancato riposo).

Scatti di anzianità
Per ogni biennio di servizio presso lo stesso datore di lavoro spetta al lavoratore un aumento pari al 4% sulla retribuzione minima contrattuale, per un massimo di 7 scatti.

Ogni lavoratore ha il diritto irrinunciabile di godere di ferie annuali. Per ferie si intende un periodo di riposo, libero da attività lavorativa, che permetta al lavoratore il recupero delle energie fisiche e psichiche, sia nell’interesse del dipendente che del datore di lavoro.

I giorni di ferie devono dunque essere continuativi - non spezzati da giorni lavorativi - e devono avere una periodicità almeno annuale. Il periodo in cui è possibile utilizzare le ferie maturate nell’anno è fissato dal datore di lavoro, nel rispetto delle esigenze del dipendente. Le ferie vanno fissate generalmente da giugno a settembre, salvo diversi accordi tra le parti. Le ferie devono essere godute nell’arco dell’anno. I lavoratori di cittadinanza straniera possono però, con il consenso del datore di lavoro, accumulare le ferie in un biennio, se hanno necessità di godere di un periodo di ferie più lungo per tornare in patria in modo non definitivo.

Festività
1° gennaio - 6 gennaio – lunedì di Pasqua – 25 aprile – 1° maggio – 2 giugno – 15 agosto – 1° novembre – 8 dicembre – 25 dicembre – 26 dicembre – S. Patrono. In queste giornate il lavoratore ha diritto al completo riposo e alla retribuzione normale. Se una delle festività sopra elencate coincide con la domenica o nel giorno di riposo stabilito, il lavoratore ha diritto al recupero del riposo in altra giornata o, in alternativa, al pagamento di 1/26 della retribuzione. Se invece è lavorata è dovuto, oltre alla normale retribuzione giornaliera il pagamento delle ore lavorate maggiorate del 60%.

Ferie
Indipendentemente dalla durata dell'orario di lavoro, per ogni anno di servizio il lavoratore ha diritto a 26 giorni lavorativi di ferie se la distribuzione dell'orario di lavoro settimanale è su 6 giorni (occorre proporzionare se i giorni lavorativi sono inferiori a sei). La retribuzione dei giorni di ferie è maggiorata dell'indennità sostitutiva di vitto se dovuto. Le ferie non possono essere monetizzate (salvo i giorni non goduti che residuano alla cessazione del rapporto di lavoro).

Malattia
In caso di malattia il lavoratore deve avvisare tempestivamente il datore di lavoro ed è necessario il certificato medico (non obbligatorio per i conviventi salvo non sia espressamente richiesto dal datore di lavoro).

Come primo dovere, il datore di lavoro, una volta ricevuto il certificato medico entro 2 giorni dall'inizio della malattia fatto emettere dal lavoratore entro il giorno successivo al verificarsi dell'evento, avrà l'obbligo di mantenere il posto di lavoro per un periodo di tempo variabile in base all'anzianità di servizio della colf e /o badante, sia questa convivente che non convivente. Il periodo di conservazione del posto di lavoro è pari a:

• 10 giorni di calendario (incluse le domeniche) in caso di contratto di collaborazione domestica (sia convivente che non convivente) con anzianità inferiore a 6 mesi;

• 45 giorni di calendario (incluse le domeniche) in caso di contratto di collaborazione domestica con anzianità di servizio compreso tra i 6 mesi ed i 2 anni;

• 180 giorni di calendario (incluse le domeniche) se l'anzianità di servizio della colf è superiore a 2 anni.

Oltre l'obbligo di mantenimento del posto di lavoro, il datore di lavoro è poi obbligato a remunerare la malattia garantendo un salario coincidente al 50% della retribuzione globale di fatto per i primi 3 giorni di calendario e pari al 100% della retribuzione globale di fatto per un numero di giorni pari a:

• 8 giorni complessivi nell'anno per anzianità di servizio inferiore a 6 mesi;

• 10 giorni complessivi di calendario nell'anno per anzianità di servizio compresa tra 6 mesi e 2 anni;

• 15 giorni complessivi di calendario nell'anno per contratti di lavoro con anzianità di servizio superiore a 2 anni.

Permessi retribuiti
Per lavoratori a tempo pieno e indeterminato Con anzianità superiore a 24 mesi: 40 ore retribuite per la formazione e corsi professionali. Per lavoratori con orario superiore a 30 ore settimanali, per l’effettuazione di visite mediche documentate, purché coincidenti con l’orario di lavoro,16 ore annue;
Per i lavoratori conviventi dei LIV.C –B – e B super e per lavoratori studenti di età tra 16 e 40 anni per la frequenza di corsi per l’acquisizione di titoli di studio: 12 ore l’anno; 3 giorni lavorativi per lutto familiare ( per congiunti sino al 2° grado) 2 giorni al lavoratore padre per nascita di un figlio ore corrispondenti agli esami annuali da documentare (diritto allo studio).

sabato 26 settembre 2015

Lavoro: calcolo periodo di comporto


Il termine periodo di comporto sta ad indicare la somma di tutte le assenze per malattia avvenute in un determinato arco temporale. La normativa prevede che durante tale periodo di comporto (malattia) viene conservato il posto di lavoro. Allorquando si supera il periodo di comporto, si può procedere al licenziamento del dipendente.

Quasi tutti i contratti di lavoro, in caso di superamento del periodo di comporto, consentono al lavoratore la possibilità di richiedere un ulteriore periodo di aspettativa non retribuita (con conservazione del posto ). I contratti di lavoro contengono la specifica previsione che, qualora le assenze siano imputabili a patologie gravi che richiedono terapia salvavita, come ad esempio l'emodialisi, la chemioterapia, ecc., dal computo sono esclusi i giorni di ricovero ospedaliero o in day hospital, nonché i giorni di assenza per l'effettuazione delle relative terapie.

Quando il contratto di lavoro fa riferimento all'anno di calendario si intende il periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre di ogni anno; se il riferimento è all'anno solare, si deve intendere un periodo di 365 giorni computati dal primo giorno di malattia. Si considerano anche i giorni festivi, comprese le domeniche o comunque non lavorativi che cadono durante la malattia.

Al contrario, per la determinazione del periodo di comporto, non si tiene conto dei giorni festivi o non lavorativi che seguono o precedono immediatamente quelli indicati sul certificato medico.

Al fine di calcolare il periodo di comporto si risale a ritroso dall'ultimo giorno di assenza per malattia ai tre anni o quattro anni, dipende dal CCNL, precedenti per verificare il rispetto del limite massimo consentito per le assenze retribuite. Superati i mesi retribuiti, su domanda del dipendente, possono essere concessi ulteriori mesi non retribuiti, durante i quali è prevista unicamente la conservazione del posto.

Prima di concedere l'ulteriore periodo di assenza non retribuita, l'Amministrazione deve procedere all'accertamento delle reali condizioni di salute del dipendente tramite la ASL, con lo scopo di verificare la sussistenza di eventuali cause di assoluta e permanente inidoneità a svolgere qualsiasi proficuo lavoro.

Pertanto, in base al meccanismo dello scorrimento, in occasione di ogni ulteriore episodio morboso è necessario procedere al seguente calcolo:

• determinare il triennio o quadriennio precedente l'ultimo episodio morboso: dal giorno precedente l'inizio della malattia in atto procedere a ritroso di tre o quattro anni;

• sommare le assenze per malattia intervenute nel triennio come sopra determinato;

• sommare alle assenze per malattia effettuate nel triennio precedente (risultato del punto precedente) quelle del nuovo episodio morboso.

Di volta in volta, sulla scorta delle risultanze derivanti dalla sommatoria di cui all’ultimo punto di cui sopra, sarà necessario:

• verificare il rispetto del periodo massimo di conservazione del posto;

• determinare il trattamento economico da corrispondere: infatti, sulla base dell'entità delle assenze risultanti dal computo effettuato in occasione dell'ultima malattia, il dipendente si colloca in una delle diverse articolazioni temporali contemplate all'interno del periodo massimo, percependo un trattamento economico nella misura prevista per ciascuna di esse.

Durante il periodo di malattia il lavoratore avrà diritto alle normali scadenze dei periodi di paga:
ad una indennità pari al cinquanta per cento della retribuzione giornaliera per i giorni di malattia dal quarto al ventesimo e pari a due terzi della retribuzione stessa per i giorni di malattia dal ventunesimo in poi, posta a carico dell’INPS, secondo le modalità stabilite, e anticipata dal datore di lavoro.

L’importo anticipato dal datore di lavoro è posto a conguaglio con i contributi dovuti all’INPS;
ad una integrazione dell’indennità a carico dell’INPS da corrispondersi dal datore di lavoro, a suo carico, in modo da raggiungere complessivamente le seguenti misure:

100% (cento per cento) per primi tre giorni (periodo di carenza)

75% (settantacinque per cento) per i giorni dal 4° al 20°

100% (cento per cento) per i giorni dal 21° in poi della retribuzione giornaliera netta cui il lavoratore
avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto.

Per retribuzione giornaliera si intende la quota giornaliera della retribuzione di fatto.
In tema di licenziamento per superamento del periodo di comporto, le assenze del lavoratore per malattia non giustificano il recesso del datore di lavoro ove l'infermità dipenda dalla nocività delle mansioni o dell'ambiente di lavoro che lo stesso datore di lavoro abbia omesso di prevenire o eliminare, in violazione dell'obbligo di sicurezza o di specifiche norme. Peraltro, incombe sul lavoratore l'onere di provare il collegamento causale tra la malattia che ha determinato l'assenza e le mansioni espletate, in mancanza del quale deve ritenersi legittimo il licenziamento.

mercoledì 23 settembre 2015

Lavoro: malattia, visite fiscali e reperibilità: tutte le novità


La visita fiscale è un accertamento medico previsto dallo Statuto dei Lavoratori, e predisposto dall’INPS o dal datore di lavoro per verificare l’effettivo stato di malattia del dipendente assente per motivi di salute. La visita fiscale, infatti, non si limita a un mero controllo della presenza al proprio domicilio del lavoratore in malattia, bensì consiste in una vera e propria verifica della sussistenza degli impedimenti fisici al lavoro.

Il lavoratore che intende usufruire dell’astensione dal lavoro per malattia deve avvisare tempestivamente il proprio datore e il medico di famiglia e deve sottoporsi, preferibilmente sin dal primo giorno di malattia, ad un accertamento sanitario da parte del proprio medico curante, che produce un’apposita certificazione. La disciplina cambia caso a seconda che l’assenza per malattia sia di durata pari o inferiore a 10 giorni, oppure sia superiore a 10 giorni:

– per le assenze da malattia pari o inferiori a 10 giorni, nonché per le assenze fino al secondo evento nel corso dell’anno solare, il lavoratore può rivolgersi anche al medico curante non appartenente al SSN (o con esso convenzionato);

– se invece l’assenza supera i 10 giorni o nei casi di eventi di malattia successivi al secondo nel corso dell’anno, la certificazione deve essere rilasciata esclusivamente dal medico del SSN (o con esso convenzionato).

Visite mediche fiscali di controllo

La nuova normativa INPS ha chiarito le modalità e il diritto del datore di lavoro di attivare la procedura di visita fiscale nei confronti dei lavoratori che dichiarano uno stato di malattia, che da tale data può essere richiesta per via telematica mediante i servizi online messi a disposizione dall’INPS servizio “Richiesta visita medica di controllo“.

Al termine della visita di controllo il medico redige presso il domicilio del lavoratore un apposito verbale informatico e ne fornisce copia al lavoratore. Il verbale viene trasmesso in tempo reale ai sistemi informatici dell’INPS e reso contestualmente accessibile al datore di lavoro che ha richiesto la visita.

Il datore di lavoro può inviare all’INPS, con un’unica operazione (funzione “Invio richieste multiple”), più richieste di visite mediche di controllo (al massimo 50).

In altre parole, il datore di lavoro ha diritto a richiedere all’Inps il servizio di controllo dello stato di salute dei propri dipendenti mediante presentazione online della richiesta sin dal primo giorno di malattia se l’assenza si verifica nelle giornate precedenti o successive a quelle non lavorative.

Queste ultime sono da individuare non solo nelle giornate festive e nella domenica, ma anche nelle giornate di riposo infrasettimanale conseguenti all’effettuazione di turni o servizi, nonché in quelle di permesso o di licenza concesse.

Il datore di lavoro, mediante i servizi online dell’Inps, richiede e dispone, pertanto, il controllo fiscale del suo dipendente che si dichiara in malattia per un certo numero di giorni o per una sola giornata, il sistema a fine procedura rilascia al richiedente il numero di protocollo relativo alla sua richiesta, con il quale può conoscere in qualsiasi momento e in tempo reale, dallo stato di avanzamento fino all’esito finale della visita medica.

Il Jobs Act ha introdotto l'esclusione obbligo di reperibilità per dipendenti privati in caso di malattia grave, così come avviene già per i dipendenti del Pubblico Impiego.

L'esclusione avviene nelle stesse modalità applicate ai lavoratori del settore pubblico, per cui in caso di:

gravi malattie che richiedono terapie salvavita;

infortuni e malattia professionale per i quali sia accertata dall'INAIL la causa servizio;

invalidità riconosciuta.

Invio certificazione

Il medico è tenuto ad inviare la certificazione per via telematica all’INPS, con le specifiche tecniche e le modalità procedurali determinate dall’Istituto.

Il lavoratore deve richiedere al medico il numero di protocollo identificativo del certificato inviato e fornirlo al proprio datore di lavoro, quando richiesto.

L’INPS, a sua volta, mette a disposizione dei datori di lavoro, attraverso i propri canali telematici, gli attestati di malattia ricevuti dai medici.

Il lavoratore è esonerato dall’invio della documentazione in forma cartacea.
Il lavoratore può continuare a presentare, sia all’INPS che al datore di lavoro, il certificato di malattia in formato cartaceo quando lo stesso viene rilasciato da medici privati non abilitati all’invio telematico o da strutture di pronto soccorso, nonché quando l’evento di malattia comporta il ricovero ospedaliero.

Al momento della visita il lavoratore può richiedere al medico la copia cartacea del certificato e dell’attestato di malattia, o, in alternativa, l’invio della copia dei documenti in formato pdf alla propria casella di posta elettronica.

Quando la stampa della certificazione non è oggettivamente possibile, il medico può limitarsi a chiedere al lavoratore conferma dei dati anagrafici inseriti rilasciandogli il numero di protocollo.

Il lavoratore, infine, può prendere visione dei propri certificati accedendo al sito internet dell’INPS, tramite PIN o codice fiscale.

Obbligo reperibilità del lavoratore e fasce orarie
Per consentire il controllo dello stato di malattia, il lavoratore ha l’obbligo di essere reperibile presso l’indirizzo abituale o il domicilio occasionale comunicato al datore di lavoro:
tutti i giorni durante la durata della malattia comprese le domeniche ed i giorni festivi nelle seguenti fasce orarie giornaliere:

1) lavoratori statali e personale enti locali
mattina: dalle ore 9 alle 13
pomeriggio: dalle ore 17 alle 18.

2) Lavoratori settore privato
mattina: dalle ore 10 alle 12
pomeriggio: dalle ore 17 alle 19.

Alcune sentenze ritengono che il lavoratore debba sempre rendersi reperibile nelle fasce orarie, anche nel caso in cui il controllo medico sia già avvenuto, in quanto il datore di lavoro ha diritto alla reiterazione delle visite nei limiti in cui ciò non abbia lo scopo di molestare o danneggiare il lavoratore senza un valido motivo.

Un altro orientamento stabilisce invece che, posto il carattere eccezionale della limitazione della libertà di movimento che deriva dall’obbligo della reperibilità, il lavoratore non è più tenuto a rispettarla una volta che il medico di controllo abbia accertato la malattia. Diversamente si potrebbe addirittura incidere negativamente sulla guarigione, specialmente per alcune patologie la cui cura può richiedere l’allontanamento dal luogo abituale di residenza per località più consone alle condizioni del lavoratore ammalato.

Il lavoratore ha il dovere di cooperare all’effettuazione delle visite domiciliari, in modo da consentire al medico l’immediato ingresso nell’abitazione. Se non rispetta tale dovere per incuria, negligenza o altro motivo (si pensi all’assenza del nome del lavoratore sul citofono) scatta la decadenza dal diritto al trattamento economico; non vi si può rimediare neanche con la conferma della malattia in una successiva visita ambulatoriale.

Se il lavoratore risulta assente alla visita di controllo domiciliare, il medico:

– rilascia, possibilmente a persona presente nell’abitazione del lavoratore, un avviso recante l’invito per quest’ultimo a presentarsi il giorno successivo (non festivo) alla visita di controllo ambulatoriale, salvo che l’interessato non riprenda l’attività lavorativa;

– comunica l’assenza del lavoratore all’INPS che, a sua volta, avvisa il datore di lavoro.

Se il lavoratore non si reca alla visita ambulatoriale, l’INPS ne dà comunicazione al datore di lavoro ed invita il lavoratore a fornire le proprie giustificazioni entro 10 giorni.

Ad un’assenza ingiustificata segue la trattenuta di un giorno di retribuzione in busta paga e il rifiuto dell’INPS di corrispondere al datore l’indennità di malattia. Solitamente, alla prima assenza ingiustificata c’è la trattenuta fino a 10 giorni di malattia. Nel caso di assenza ingiustificata per un numero di giorni anche non consecutivi superiori a 3 nell’arco di un biennio, o comunque per più di 7 giorni nel corso degli ultimi 10 anni, è previsto il licenziamento con preavviso (giustificato motivo soggettivo).


domenica 4 gennaio 2015

Lavoratori pubblici e privati: orari visite fiscali malattia



Novità per i lavoratori per quanto riguarda le visite fiscali INPS dal 2015 Cambiano dunque gli orari per le visite fiscali per l’anno 2015 e le fasce di reperibilità dei dipendenti. Le regole sono diverse in ragione della categoria di dipendenti: pubblici o privati.

Tratteremo in modo dettagliato quali sono i nuovi orari ASL che i dipendenti pubblici, compresi insegnati, militari, polizia, scuola, sanità pubblica ecc, devono rispettare e quali sono, invece, le fasce orarie obbligatorie che i dipendenti privati, metalmeccanici, personale di poste banche, o il settore del commercio devono garantire, al fine di consentire la visita fiscale da parte dell'INPS o del datore i lavoro.

I lavoratori statali (categoria in cui rientrano anche gli insegnanti, i dipendenti della P.A. e degli enti locali, i militari e il personale ASL) hanno l’obbligo di reperibilità 7 giorni su 7, compresi giorni festivi, prefestivi, non lavorativi e weekend, nelle seguenti fasce orarie:
dalle 9 alle ore 13;
dalle 15 alle 18.

Sono esenti da questo vincolo di reperibilità i dipendenti assenti per una delle seguenti ragioni:
malattie di una certa entità che richiedono cure salvavita;
infortuni sul lavoro;
malattie per cui è stata riconosciuta la causa di servizio o stati patologici inerenti alla situazione di invalidità riconosciuta;
gravidanze a rischio;
dipendenti per cui è già stata effettuata la visita fiscale per il periodo di prognosi indicato nel certificato.

 Per i lavoratori privati l’obbligo di reperibilità resta quello di 7 giorni su 7, ma le fasce orarie sono diverse:
dalle 10 alle 12;
dalle 17 alle ore 19.

Se il dipendente non viene trovato in casa in occasione del controllo fiscale:
perderà il diritto al 100% della retribuzione per i primi 10 giorni di malattia;
lo stipendio sarà ridotto al 50% per i giorni seguenti.

Egli avrà 15 giorni di tempo per motivare la propria assenza ed evitare di incorrere nella decurtazione dello stipendio.

Quanto viene pagata la malattia?
Durante il periodo di assenza per malattia, il dipendente riceverà uno stipendio che, progressivamente, subirà una decurtazione:
dall’inizio della malattia sino al nono mese incluso lo stipendio sarà pari al 100%;
dal decimo mese e fino ad un anno di assenza per malattia sarà pari al 90%;
dal tredicesimo mese e fino ad un anno e mezzo (diciotto mesi) sarà pari al 50%.

La visita fiscale sui dipendenti del settore del Pubblico Impiego da parte dell'ASL ha lo  scopo di verificare e accertare l’incapacità temporanea dei lavoratori a svolgere l’attività lavorativa tale da giustificare l’assenza dal posto di lavoro. Tali visite, vengono quindi effettuate dal personale ASL su richiesta dell’Amministrazione, secondo le modalità stabilite dalle disposizioni vigenti.

Nello specifico, le nuove fasce orarie 2015 sono dalle ore 09.00 alle ore 13.00 e dalle ore 15.00 alle ore 18.00 per tutti i dipendenti PA compresi:
Enti locali, Statali e Comuni.
Agenzie fiscali e Ministeri, INAIL, INPS.

Insegnanti e docenti Scuola, personale ATA Pubblica Istruzione Miur.
Medici, dottori e infermieri appartenenti alla Sanità Pubblica DL 78 del 1 luglio 2009 e dal Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 18/12/ 2009 n. 206
Militari, Polizia di Stato, Carabinieri, Vigili del fuoco e Polizia Penitenziaria.

In tali orari, il dipendente pubblico che si dichiara malato ha l'obbligo di avvisare l'Amministrazione circa la sua assenza, di certificare la malattia con specifica attestazione medica e rimanere a casa durante le fasce orarie delle visite fiscali a partire dal primo giorno e per tutta la durata del periodo indicato sul certificato medico.

Oltre all'obbligo di comunicare all’Amministrazione, qualsiasi assenza dal domicilio, qualora avvenga negli orari di reperibilità malattia.

Si ricorda a tal proposito che secondo le ultime novità e regole, la visita specialistica esami terapie per dipendenti pubblici non è più consentito prendere un giorno di malattia bensì va richiesto uno specifico permesso per motivi personali che deve essere avallato dalla consegna all'Amministrazione di una attestazione di presenza dipendenti pubblici.

Per quanto riguarda le cause esclusione obbligo di reperibilità malattia, queste sono state individuate e regolamentate dal DM 18 dicembre 2009, n. 206 che ha riconosciuto ai soli dipendenti della Pubblica Amministrazione l'esclusione dall’obbligo di rispettare gli orari qualora l’assenza, sia riconducibile a determinate cause riconosciute per legge, ossia:
Patologie gravi con terapie salvavita.

Quali sono gli orari visite fiscali per i privati?

In generale, per tutti i lavoratori del settore privato:
dipendenti poste, bancari, telecomunicazioni, metalmeccanici, settore commercio
gli orari delle visite fiscali INPS sono: dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 19:00.

Tali fasce orarie, devono essere rispettate sin dal primo giorno di malattia e sopratutto anche il sabato e domenica, festivi, Natale e Capodanno, Pasqua e feste patronali. Ricordiamo che la disciplina che regola la visita fiscale e l'obbligo di reperibilità malattia, sono sanciti dall'articolo 5 dello Statuto dei Lavoratori, che prevede la facoltà del datore di lavoro o dell'INPS di richiedere il controllo fiscale sul dipendente che si assenta dal lavoro per una patologia, visita o esami, il quale deve garantire la sua presenza in casa, nello specifico presso il domicilio comunicato attraverso il certificato medico di malattia, e rimanere a disposizione durante questi orari mentre può uscire di casa al di fuori di tali fasce.

Per esempio, se ci si ammala e si è soli in casa, per andare in farmacia bisogna andare prima delle 10 o dopo le 12 stessa cosa per il pomeriggio, mentre se ci deve recare dal medico urgentemente, si può uscire ma occorre farsi fare un certificato medico dal dottore che attesti che in quel giorno e in quell'orario, si era a visita. Fare ciò è molto importante, dal momento che la mancata reperibilità ingiustificata è sanzionabile con sanzioni disciplinari, economiche e con il licenziamento.

Cosa succede se il dipendente in malattia esce di casa? Se il medico ASL o INPS si reca al domicilio del dipendente per accertare lo stato di malattia del lavoratore e citofona durante gli orari delle visite fiscali ma nessuno risponde, perché il citofono o il campanello è rotto, la mancata risposta viene considerata come assenza ingiustificata dal domicilio da parte del dipendente ammalato.

La Corte di Cassazione con sentenza del 23.7.1998, ha legittimato e ritenuta giustificata l’assenza del dipendente dal proprio domicilio per sottoporsi a trattamenti fisioterapici, cure e visita medica specialistica, analisi ma con l’accezione che l’assenza è da ritenersi giustificata solo laddove il dipendente fornisca la prova dell’impossibilità, se non a prezzo di gravi sacrifici, di effettuare le cure al fuori delle suddette fasce.

Si può uscire di sabato e domenica? No, se la malattia cade nel fine settimana, weekend, ponte o giorno di riposo, il lavoratore deve rimanere a casa durante gli orari di reperibilità perché potrebbe ricevere il controllo medico della mutua o INPS, anche durante questi giorni. Tale controllo fiscale, infatti, per il datore di Lavoro o l'Amministrazione è un diritto richiederlo anche di sabato o domenica.

E se il citofono è guasto? Se il medico preposto alla visita fiscale si reca al domicilio del dipendente per accertare lo stato di malattia del lavoratore e citofona durante gli orari visite fiscali ma nessuno risponde, perché il citofono o il campanello è rotto, la mancata risposta viene considerata come assenza ingiustificata dal domicilio da parte del dipendente ammalato.



Inps: malattie per i dipendenti pubblici e privati, pronto il ruolo di controllore unico




Ricordiamo che I lavoratori statali della PA, sono soggetti a controlli medici da parte delle singole Asl, mentre quelli del privato vengono monitorati da camici bianchi contrattualizzati dall'INPS. Mentre per evitare che i primi (3,5 milioni il loro totale) facciano i «furbetti» si spendono circa 70 milioni all'anno, l'istituto di previdenza sociale destina solo 13 milioni ai controlli di oltre 22 milioni di dipendenti privati. La differenza di costo non deve sorprendere: le Asl, si sa, sono più care e gli statali ne escogitano una più del diavolo per stare a casa (il profluvio di certificati dei pizzardoni romani lo testimonia). Nel privato l'assenteismo, prima o poi, viene punito e, dunque, i lavoratori tendono ad autolimitarsi.

Dopo la bufera di Capodanno sui presunti assenteisti del pubblico impiego, le polemiche rilanciano il piano del governo per l'aggiornamento del sistema dei controlli sulle assenze per malattia nella Pa. Accertamenti affidati alle Asl, ma che presto potrebbe passare nelle mani dell'INPS. L'istituto è pronto, assicurano fonti interne: «Per i controlli nell'ambito del pubblico impiego il sistema delle Asl ha a bilancio 70 milioni, noi siamo pronti a farlo alla metà del costo». Risparmio garantito, grazie «ad un sistema di data mining e all'archivio dei certificati online di cui l'Istituto ha la gestione».

In tempi di revisione della spesa, la posta in gioco fa evidentemente gola all'istituto nazionale di previdenza. Ma poter “scippare” le visite fiscali alla Sanità pubblica che potrebbe avvenire nell'ambito del ddl Madia di riforma della Pubblica amministrazione, spiega la fonte interna, «occorre una modifica anche delle altre regole, per omogeneizzare il sistema di controlli nel pubblico e nel privato», dando spazio al know how Inps che già oggi si occupa delle assenze nel settore privato. L'adozione di un sistema di “data mining” (letteralmente estrazione di informazioni da una banca dati) permette di ottenere la scelta dei soggetti da sottoporre a visita di controllo attraverso un “sistema informatico esperto”, che garantisce oggettività, conservazione e riproducibilità delle azioni effettuate.

«I tempi sembrano ormai maturi - si legge nella relazione conclusiva dell'indagine conoscitiva «sull'organizzazione dell'attività dei medici che svolgono gli accertamenti sanitari per verificare lo stato di salute del dipendente assente per malattia» - per l'individuazione di un solo soggetto cui affidare lo svolgimento della funzione di controllo in merito alle assenze per motivi di salute, da individuarsi necessariamente nell'Inps. Tale scelta richiede alcune modifiche della normativa vigente che andranno meglio precisate con appositi atti».

Il costo del servizio reso dall'Inps nel settore del pubblico impiego «potrebbe trovare risposta nelle cifre già ora stanziate per il medesimo scopo. Si potrebbe valutare un budget annuo complessivo e tale da coprire una quota predefinita di visite di controllo per la Pa, lasciando ad ogni amministrazione la possibilità di integrare tale quota ove risultasse necessario procedere ad un numero maggiore di controlli», prosegue il documento della Camera. «Tale ipotesi consentirebbe di evitare che ragioni di risparmio immediato con conseguente riduzione del numero dei controlli lasci trasparire l'idea di un rallentamento della lotta all'assenteismo», conclude il documento.

Ad oggi non si può chiudere gli occhi dinanzi alla spending review dell'INPS che, per quadrare i bilanci, ha tagliato un pò su tutto. A partire dalle visite «d'ufficio» (quelle richieste dalle aziende sono pagate dalle medesime) scese dalle 789mila del 2009 alle 345mila del 2013 il cui costo si è ridotto a 12 milioni. Inoltre dei 1.400 medici impiegati dall'Inps, solo 300 hanno un rapporto di esclusiva con l'istituto. Se il regime cambiasse, lo Stato sarebbe solerte come un'azienda nell'effettuare i controlli? E i 1.100 medici senza esclusiva sarebbero inflessibili? In Italia dubitare è un obbligo.



domenica 3 agosto 2014

Diritto alle ferie: quesiti più importanti da conoscere



Il lavoratore dipendente è libero di scegliere le modalità e le località per usufruire di un periodo di ferie che ritenga più utili”. E la sua reperibilità “può essere oggetto di specifico obbligo disciplinato dal contratto individuale o collettivo del lavoratore in servizio, ma non già del lavoratore in ferie.

La Corte di Cassazione ha stabilito che il datore di lavoro può sospendere le ferie solo prima della partenza per le vacanze. In sostanza la Suprema Corte protegge il posto di lavoro per i dipendenti che sono in ferie e per le neo spose durante il primo anno di nozze.

La norma fondamentale per la gestione delle ferie è l’articolo 10 del decreto legislativo n. 66 dell’8 aprile 2003. In base al quale: “il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane – fatte salve condizioni di miglior favore stabilite dalla contrattazione collettiva – e tale periodo minimo non può essere sostituito dalla indennità per ferie non godute, ad eccezione della risoluzione del rapporto di lavoro”.

La Maturazione diritto di ferie è sospesa negli scioperi e CIG a zero ore. I periodi compresi nel contratto di lavoro in cui non maturano le ferie sono i seguenti:

periodi di sospensione dal lavoro per sciopero;

periodi di aspettativa non retribuita;

periodi di congedo parentale (aspettativa post parto);

periodi di cassa integrazione a zero ore, salvo condizioni di miglior favore.

La malattia insorta prima dell'inizio del periodo di ferie programmato e comunicato al lavoratore oppure delle ferie collettive con chiusura dell’azienda ne determina la fruizione in un momento successivo alla guarigione.

Invece la malattia insorta durante le ferie ne sospende la fruizione , ma solo se lo stato di malattia è incompatibile con il recupero delle energie psico-fisiche e purché regolarmente certificata dal servizio sanitario e salvo diversa previsione dei C.C.N.L..

In questo caso il datore di lavoro ha la possibilità di richiedere all’INPS la verifica dello stato di malattia del lavoratore e, dopo i dovuti accertamenti sanitari, può sostenere che malattia e ferie sono compatibili, per cui la fruizione delle ferie non viene sospesa.

Il datore di lavoro può richiamare in servizio il lavoratore in ferie quando sussistano imprescindibili esigenze aziendali, in questi casi, i C.C.N.L. possono prevedere il rimborso delle spese sostenute dal lavoratore per l’anticipato rientro.

Il periodo minimo di ferie annuali è di quattro settimane, salvo durate superiori previste dai C.C.N.L. in base alla qualifica contrattuale e all’anzianità di servizio.

Vanno fruite obbligatoriamente nell'anno in cui maturano per almeno due settimane (continuative su richiesta del lavoratore) mentre le altre due vanno prese entro i 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione, sempre fatte salve differenti prescrizioni del Contratto collettivo di lavoro di riferimento.

Alla scadenza dei 18 mesi dalla fine dell’anno di maturazione, il datore di lavoro è obbligato al versamento dei contributi all’INPS relativi al periodo ,  anche se le ferie non sono state godute.

La maturazione delle ferie è collegata ai mesi di servizio prestato. In genere ogni mese di servizio dà diritto ad un dodicesimo del periodo annuale di ferie e le frazioni di mese di almeno 15 giorni  valgono come mese intero, ma vi possono essere prescrizioni diverse nei CCNL.
Da notare che le ferie maturano anche durante:

il periodo di prova;

i periodi di assenza per maternità, compreso l’astensione anticipata per gravidanza a rischio o lavoro a rischio e durante la proroga del congedo di maternità per lavoro a rischio;

i periodi di malattia;

i periodi di infortunio;

i periodi di cassa integrazione a orario ridotto.

Ferie: diritto irrinunciabile e non monetizzabile, in questo caso bisogna differenziare: il periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di licenziamento o dimissioni oppure nel caso di contratti a termine di durata inferiore all’anno. questo perché la Costituzione stabilisce che le ferie sono un diritto irrinunciabile (art. 36 ) e infatti "sono vietati accordi individuali che ne impediscano fruizione oppure finalizzati alla monetizzazione".

E’ consentito invece compensare le ferie con l’equivalente indennità sostituiva in caso di:

ferie eccedenti il periodo minimo;

ferie residue al momento della risoluzione del rapporto di lavoro.

La Corte di Cassazione ha più volte ribadito questo principio (di recente: n. 16735/2014), mentre sul tema la Corte Europea ha anche stabilito che l'indennità per ferie non godute passa agli eredi in caso di decesso del lavoratore (sentenza C-118-13).

Il Decreto legislativo n. 213 del 2004, ha introdotto specifiche sanzioni amministrative per i datori di lavoro che non permettono ai propri lavoratori il godimento delle ferie: esse vanno da 130 a 780 euro per ogni lavoratore e per ciascun periodo cui si riferisce la violazione.

Il dispositivo legislativo attribuisce all'autonomia collettiva (CCNL) un ampio potere derogatorio alla previsione legale e legittima una clausola contrattuale che riduce il periodo delle due settimane di ferie di cui è obbligatoria la fruizione, purché la riduzione non vanifichi la funzione del diritto alle ferie e sia occasionata da eccezionali esigenze di servizio.


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